Interviste

Intervista su “Il Sole-24 Ore”

Marcello Pera: «Su bicameralismo e Titolo V riforma più coraggiosa della nostra»

Emilia Patta

Presidente Pera, perché il Sì al referendum costituzionale da parte di un politico come lei che viene da Forza Italia?

Proprio perché sono di centrodestra. La riforma costituzionale era nostra bandiera già nel 1994… E trovo incomprensibile che, dopo aver votato per tre volte la riforma in Parlamento, i miei amici di Fi si sono tramutati in oppositori della riforma stessa perché è stato eletto al Quirinale Sergio Mattarella.

La vostra riforma, la devolution del 2005 poi bocciata dai cittadini, era migliore o peggiore della riforma Boschi?

La nostra riforma era diversa, perché toccava anche la forma di governo. Per quanto riguarda invece il superamento del bicameralismo paritario e il riassetto delle competenze tra Stato e Regioni questa riforma è più coraggiosa della nostra. Motivo per cui chi ha votato e sostenuto la riforma nel 2006 deve votare anche in favore di questa. Si dà più forza al Parlamento e più forza anche al governo. Va ricordato che negli ultimi 20 anni ci sono state sempre maggioranze diverse tra Camera e Senato per via della diversa composizione del corpo elettorale (i giovanissimi, tra i 19 e 25 anni, non eleggono i senatori, ndr). Unica eccezione il 2001, quando il centrodestra vinse con ampio margine sia alla Camera sia al Senato. Con il risultato che l’ex presidente del Consiglio ha dovuto comprare i parlamentari per poter avere una maggioranza sicura: un sistema che ha evidentemente incentivato il trasformismo. Ora non c’è dubbio che con il superamento del bicameralismo paritario, e dunque con un Senato privo del rapporto fiduciario, si ottiene molto di più della semplificazione delle procedure legislative: si rafforza la stabilità e la governabilità.

C’è poi il nuovo Titolo V, spesso ingiustamente sottovalutato dal dibattito pubblico.

La riforma della riforma del Titolo V è di fondamentale importanza, anche dal punto di vista economico. Con la cancellazione delle materie “concorrenti” e il ritorno in capo allo Stato di molte competenze si raggiungono due obiettivi importanti: si riduce notevolmente il contenzioso Stato-Regioni davanti alla Corte costituzionale, che in questi anni si è trovata troppo spesso a dover prendere decisioni politiche a riguardo; e si aiuta lo sviluppo economico del Paese. Gli imprenditori, chi deve investire, ha bisogno di un quadro normativo certo su chi sono i suoi interlocutori. È un tema di cui si parla poco ma che è un elemento essenziale, qui si entra nella carne viva degli interessi dei cittadini.

E se vince il No?

Io sono molto preoccupato. Lo sgraffio all’immagine dell’ Italia all’estero sarebbe irreparabile. Come faremo a chiedere più flessibilità a Bruxelles dicendo che però le riforme non le facciamo perché va tutto bene così com’è? E mi sorprende il mio amico Parisi quando dice votiamo No per mandare a casa Renzi e poi facciamo una “buona” riforma. Intanto dall’ ultima riforma, quella del 2006, sono passati dieci anni. E poi chiedo al mio campo politico: se va via Renzi siamo pronti a sostituirlo, o piuttosto sarà il turno dei Di Battista e dei Di Maio? Ridurre tutta l’ Italia come il M5S sta riducendo Roma è da irresponsabili.

Che ne pensa del “combinato disposto” con l’Italicum?

Si vota sul disposto, non sul combinato. E comunque non vedo alcun rischio di autoritarismo, dal momento che i poteri del premier non cambiano e i “contrappesi” vengono anche rafforzati: penso ad esempio allo strumento del referendum propositivo.

 

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