Per molti come me, Antonio Martino era solo Antonio. Non tanto il compagno di un’avventura politica che fu entusiasmante, ma un amico, un collega, uno studioso. Uno che era stato in America, alla fonte e in quella scuola di Chicago in cui aveva maturato il suo pensiero. E poi era un uomo sincero e divertente. Le sue celebri battute coglievano nel segno, ed erano irresistibili, ma gli amici capivano bene che nascondevano un fondo scettico e spesso amaro. Come i grandi comici, che fanno sorridere e sono tristi. O come i grandi siciliani.
Antonio non ci rallegrava soltanto. Ci faceva meditare. Parlasse di economia, di Europa, di Occidente era sempre soggetto di ispirazione e motivo di attenzione. Non si atteggiava a profeta e non diceva mai di averlo detto per primo, neanche quando davvero lo aveva detto per primo. In proposito, sarebbe utile mettere assieme tutti i suoi interventi euroscettici, per capire quanto deludente e anche nefasto sia stato il costruttivismo politico di chi ha pensato di poter progettare disegni a tavolino con la convinzione che la storia poi avrebbe seguìto. Oppure sarebbe bello rileggere una dopo l’altra le sue filippiche sull’Euro. Antonio ci richiamava a non illuderci e a non cedere alla retorica. Se guardiamo a che cosa ci succede oggi, si capirà che aveva ragione.
Antonio non la mandava a dire neppure a Berlusconi, anzi proprio a lui lo diceva con franchezza. Nessun senso di inferiorità o timidezza. Certamente rideva sarcastico della cortigianeria poi nata attorno al Capo, e quando doveva prendere posizione, sul partito o sulla politica, non si nascondeva dietro formule e linguaggi complicati. Una volta meditate, per lui le cose erano chiare, e si doveva agire di conseguenza. Era per l’Occidente ed era per l’America, come ogni liberale deve essere. Per capirlo e gustarlo al meglio, era utile e divertente parlargli in inglese. Lui rideva complice.
Ha giocato, assieme a Giuliano Urbani, il ruolo del pioniere. Partì per primo e dette l’esempio a molti. “Beh, se ci sta Antonio, allora la cosa è buona”. Così si diceva e così ci si imbarcava. E quando la barca cominciò a fare acqua e fu, come tanti, messo in disparte perché incompatibile col nuovo corso, trangugiò amaro, ma rispettò sempre il piatto in cui si era servito. Al più, sparò a salve qualche scarica micidiale delle sue battute. Aveva il senso del rispetto di sé e del proprio lavoro. Ed era figlio di Gaetano, come amava ripetere.
Noi, vecchi compagni di avventura che venimmo dopo di lui, oggi ci consoliamo ripetendoci “beh, ci stava Antonio” e lo piangiamo con un sorriso di gratitudine. Carol ci capisce e Alberta e Erica ne saranno fiere. Sappiamo bene che la campanella continua a suonare l’appello, anche se la classe si svuota. Antonio, vabbé, ci credevi ben poco, ma se Lo incontri so che farai divertire anche Lui, e perciò non esagerare!
Marcello Pera