Marcello Pera, Sant’Agostino e il fondamento dello Stato
di Maria Antonietta Calabrò
Con “Lo sguardo della Caduta” l’ex presidente del Senato torna al santo di Ippona che ha dimostrato che non ci può essere felicità personale e sociale nel (neo) paganesimo, “nella superbia del secolarismo”, perché senza fede le norme morali non hanno fondamento, e gli Stati si disgregano se le loro società non hanno un vincolo religioso.
27 Settembre 2022 alle 10:06
E che cosa c’entra adesso Sant’Agostino? Cosa c’entra adesso con la guerra in Ucraina, l’Europa alla canna del gas, l’Italia all’indomani di elezioni che segnano quasi un nuovo ‘48, mentre la terza guerra mondiale potrebbe rapidamente trasformarsi da quella “a pezzi” denunciata da Papa Francesco nella prima guerra globale? (Nb: i due concetti di “mondiale” e “globale” per una guerra non sono niente affatto sovrapponibili). C’entra, c’entra. Perché Agostino di Ippona, convertito cristiano, vescovo e santo, è una delle architravi del pensiero occidentale. Un pensatore cristiano non tanto volto alla metafisica, alla speculazione, alla conoscenza della realtà attraverso la scienza, ma interessato all’agire umano, al consorzio umano, alla società, alla storia e quindi alla politica. In un momento molto particolare: quello della crisi della potenza di Roma, con i barbari dentro i confini dell’Impero, mentre i valori del mondo antico stavano crollando.
La lettura di Agostino è “Lo sguardo della caduta” (Editrice Morcelliana) come si intitola la ricerca filosofica che gli dedica Marcello Pera, accademico, già presidente del Senato, neoeletto a Palazzo Madama con Fratelli d’Italia, e ministro in pectore delle Riforme, il pensatore che ha introdotto in Italia Karl Popper. Dove la caduta non è quella dei valori cristiani, ma proprio il peccato originale e l’inizio della storia umana con la cacciata dal giardino dell’Eden e il primo fratricidio, quello di Caino contro Abele. Pera torna ad Agostino oggi perché Agostino ha dimostrato già all’inizio del quinto secolo che non ci può essere felicità personale e sociale nel (neo) paganesimo, “nella superbia del secolarismo”, perché senza fede le norme morali non hanno fondamento, e gli Stati si disgregano se le loro società non hanno un vincolo religioso. E perché persino il tentativo di Emmanuel Kant di elevare il cristianesimo a verità universale della Ragion pura umana è fallito proprio perché disancorato dalla fede cristiana personale in Gesù Cristo.
Quindi, secondo Pera, che è stato ordinario di Filosofia della Scienza all’Università di Pisa, è necessario tornare a instaurare un dialogo con “la Carta fondamentale della cultura cristiana”, “la Città di Dio”, i 22 volumi che Agostino scrisse nell’arco di 13 anni.
Ma Pera torna ad Agostino (filosofo di riferimento del cardinale Ratzinger, salito al soglio pontificio come Benedetto XVI, con cui Pera ha scritto quasi vent’anni fa il volume “Senza radici” sulla crisi dell’identità europea) perché gli appare chiaro che il tentativo iniziato con Kant (fondare valori comuni a prescindere dalla fede personale) deve necessariamente essere abbandonato, perché le conseguenze del secolarismo, dell’individualismo, dell’illuminismo antireligioso hanno dimostrato la loro debolezza intrinseca.
Non manca la critica alla Chiesa cattolica, “prima così ostile e poi non poco indulgente con la secolarizzazione, forse disponibile a secolarizzarsi essa stessa per essere “aggiornata” allo “spirito dei tempi”. “Il risultato è che l’uomo di oggi sta consumando una parabola che lo ha portato da immagine di Dio a virus nocivo di un “ecosistema” e che minaccia di trasformare il cristianesimo da religione della salvezza a umanesimo del benessere, della liberazione e dell’ambiente. Senza saperlo o senza esserne preoccupato, questo stesso uomo moderno e post-moderno – scrive Pera – ridiscende i gradini che lo riportano all’antichità dove trova nuovi dèi pagani, solo ribattezzati con i nomi allettanti di libertà, progresso, diritti, giustizia sociale, madre terra, e tanti altri. Tutti a dire la stessa cosa: che possiamo liberarci e salvarci da noi soli. Ma tutti infine a scontrarsi con la stessa replica: che ogni volta falliamo. Questo dell’euforia per l’emancipazione da Dio seguìta dallo sconforto per le mancate promesse è precisamente il punto dove siamo noi oggi. Siamo senza Agostino a descriverci la decadenza della civiltà cristiana dell’Occidente come egli descrisse la caduta di Roma”.
Pera richiama, come una soluzione a questa decadenza, la Lettera di Agostino a Marcellino, dove il santo vescovo scriveva: “Se invece, come sarebbe giusto, si desse ascolto a questa religione, (cioè alla religione cristiana, NdA) essa darebbe allo Stato un fondamento, una consacrazione, una forza, un accrescimento maggiore di quanto non fecero Romolo, Numa, Bruto e tutti gli altri famosi personaggi ed eroi del popolo romano» (Ep. 138, 2.10).”
“Precisamente così”, sostiene Pera. “Non gli dèi di Roma, la loro religione civile utile e falsa separata dalla religione vera ma inutile dei filosofi, bensì il cristianesimo, utile e vero, ci fa uscire da quel «guazzabuglio di pessimi costumi» in cui era precipitata Roma e in cui affondano tutti gli Stati terreni. Se lo si seguisse, il cristianesimo ‘constitueret, consecraret, firmaret, augeturque’ lo Stato. Sommate assieme, queste espressioni stanno ad indicare che il cristianesimo è la base, il sostegno, il fondamento, dello Stato secolare migliore. Senza cristianesimo, non c’è Stato secolare coeso, forte, in pace. Quod erat demonstrandum”.
Di questa ricerca di rifondazione religiosa dello Stato, di questa ricerca delle Città di Dio già sulla terra è piena la storia del nostro nuovo secolo (e siamo solo alla sua seconda decade). Dallo Stato islamico alla oligarchia ortodossa russa, per cui il patriarca di Mosca Kirill ha osato aspergere con l’acqua benedetta persino armi di distruzione di massa come i missili nucleari in parata, e assicura il paradiso per i martiri della guerra.
Per Agostino invece è chiaro che nel corso della vita terrena di individui e popoli esisteranno sempre, fino alla fine dei tempi, e nel cuore di ogni uomo, sempre due civitas, che non possono essere semplicemente identificate con la Chiesa e lo Stato, mentre nell’animo umano sono le immagini di due condizioni spirituali: la civitas dei e la civitas diaboli. E, come nella società, Stato e Chiesa convivono, anche nel cuore dell’uomo le due città non sono separate: esse crescono insieme come il grano e la gramigna della parabola evangelica, alternando il sopravvento ora dell’una ora dell’altra. Per cui Agostino non può essere usato per giustificare nessun fondamentalismo e nessuno Stato etico.