20 novembre 2005
Italia e Usa formatori di talenti
di Marcello Pera (Presidente del Senato della Repubblica) e Ronald Spogli (Ambasciatore degli Stati Uniti in Italia
Si è chiusa la Settimana internazionale dell’istruzione (International Education Week). Dal suo inizio nel 2000, la Settimana internazionale dell’istruzione è cresciuta per importanza e per intenti ed è celebrata in più di 100 Paesi in tutto il mondo.Volta a promuovere la politica dell’istruzione internazionale, questa importante iniziativa intende stimolare tra i nostri giovani una maggiore comprensione del mondo, delle sue lingue e culture. Fattori questi che devono essere tenuti in gran considerazione se si vuole continuare a competere con successo nell’economia globale, sostenere un ruolo di leadership mondiale e al contempo accrescere la sicurezza nazionale.
Nelle nostre diverse responsabilità e competenze, siamo entrambi forti sostenitori degli scambi culturali poiché ne abbiamo personalmente beneficiato e ne abbiamo compreso a fondo il valore. Entrambi abbiamo avuto importanti esperienze formative, di studio, di ricerca e di insegnamento in Paesi diversi dal nostro: l’uno venendo dagli Stati Uniti in Italia, l’altro facendo il percorso nell’altra direzione. Non è stato soltanto un importante arricchimento personale ma anche un contributo al miglior rapporto tra i nostri due Paesi.Gli studenti italiani sono sempre più attratti da una esperienza di formazione all’estero. Ne è testimonianza il programma europeo Erasmus che, partito alla fine degli anni 80 con qualche centinaio di partecipanti, nel solo anno accademico 2003-2004 ha consentito a oltre 16 mila studenti italiani di fare corsi di studio in altri Paesi europei.
Negli Usa sono oltre mille gli studenti italiani iscritti a corsi di specializzazione (master o PhD), mentre la Ue valuta intorno ai 7mila gli scienziati e i ricercatori italiani che a vari livelli operano negli Usa. Solo presso i Nih (National Institutes of Health) di Bethesda, ogni anno vi sono 130-150 post-docs italiani.Gli studenti americani si recano a studiare all’estero in numero sempre maggiore dimostrando così una crescente consapevolezza dell’importanza di acquisire, nel proprio bagaglio culturale, anche un’esperienza internazionale. Il rapporto Open Doors 2005 (disponibile sul sito web dell’ambasciata americana, italy.usembassy.gov) rileva che nel 2003-04 il numero di studenti americani iscritti presso istituti universitari all’estero è cresciuto del 9,6%, sulla base di un aumento dell’8,5% dell’anno precedente. Il 61% di tutti gli studenti americani all’estero studia in Europa, di cui il 46% ha scelto di studiare in quattro Paesi dell’Europa occidentale, che sono Regno Unito, Italia, Spagna e Francia.
Ogni anno più di 17mila allievi, fra studenti universitari (undergraduates), laureati (graduates) e borsisti post-laurea, arrivano in Italia dagli Stati Uniti per proseguire gli studi presso le circa 110 istituzioni accademiche nordamericane appartenenti all’Aacupi (American Association of College and University Programs in Italy). Fondata nel 1978, l’Aacupi è una libera associazione legalmente riconosciuta sia in Italia che negli Stati Uniti il cui scopo principale è quello di offrire consulenza in materia legislativa, amministrativa e accademica ai propri membri.In generale, il numero di studenti stranieri che arrivano negli Stati Uniti è cresciuto costantemente dal 1954-55. L’anno 2003-04 ha segnato, per la prima volta in più di 30 anni, un dato negativo nel numero di studenti internazionali con un -2,4 per cento.
Una serie di fattori ha portato a questo calo, come le nuove disposizioni di sicurezza per il rilascio dei visti dopo i tragici eventi dell’11 settembre 2001 che hanno generato all’estero la percezione che gli Stati Uniti volessero chiudere le proprie porte agli studenti internazionali; l’aumento dei costi dell’istruzione universitaria negli Stati Uniti; le accresciute capacità dei Paesi di origine di offrire un’istruzione superiore di qualità, e la competizione di altri Paesi. Secondo il rapporto Open Doors 2005, nel 2004-05 il numero degli studenti internazionali iscritti presso istituti universitari negli Stati Uniti è rimasto sostanzialmente stabile con 565.039 unità, circa l’1% in meno rispetto all’anno precedente.Un dato certamente positivo è che sempre più università italiane stipulano accordi bilaterali di cooperazione con università americane. Nel 2001, ad esempio, è stato firmato il protocollo di scambio culturale e accademico tra l’Università di Roma Tre e l’Università dell’Arkansas. Per la prima volta l’accordo di collaborazione tra le due università prevede, oltre allo scambio di studenti, professori e ricercatori, anche lo scambio di corsi e crediti e la possibilità di rilasciare congiuntamente titoli accademici.
Questo accordo ha costituito un modello per altre convenzioni tra università italiane e americane. Per citare un esempio recente, nel maggio 2005, l’Università di Palermo ha stipulato con l’Università di Pittsburgh il primo accordo accademico di cooperazione per incentivare la ricerca in tutte le discipline di studio offerte dalle due università e incrementare la formazione del personale che vi lavora.Da segnalare per la sua importanza il programma di scambio di studenti con il Mit, sponsorizzato dalle Fondazioni Rocca e Tronchetti-Provera che permette a molti dottorandi italiani di fare ricerca fino a un anno e mezzo al Mit.Sempre in vista di rafforzare lo scambio culturale tra i due mondi accademici, quello italiano e quello americano, sarebbe utile incentivare borse post-dottorali, aperte a tutti, da poter usufruire per metà tempo in centri di eccellenza italiani e per l’altra metà in istituti equivalenti in America.
Mai come oggi è importante che i governi di tutti i Paesi favoriscano la formazione interculturale dei giovani e preparino i propri cittadini alle nuove dimensioni della globalizzazione e al confronto fra le varie tradizioni, culture e civiltà. Attraverso la Settimana internazionale dell’istruzione, gli Stati Uniti e l’Italia vogliono aprire un dialogo, creare un legame con coloro che, nei rispettivi Paesi, guideranno lo sviluppo politico, culturale ed economico nel prossimo futuro. È questa la sfida con cui dobbiamo confrontarci oggi.