Il fascismo è oggi identificato con Salvini, come ieri con Berlusconi e prima con Craxi
Chi non è comunista è fascista
Il sillogismo ha preso piede anche se è invece un sofisma
di Marcello Pera
Caro direttore, vorrei raccontarLe di quella volta che non diventai antifascista. Anche se la mia personale vicenda è del tutto irrilevante, penso che la lezione che se ne può trarre sia ancora di attualità, perché con l’antifascismo ci risiamo. Siamo tutti subissati di appelli contro la marea nera che monta e siamo tutti invitati a montare di guardia.
Andò così. Un giorno, sui diciassette anni, un compagno di scuola, ignorante di storia e di politica come me, ma convinto di saperla lunga, mi fa: tuo padre è stato partigiano? Imbarazzo, sconcerto e sgomento: no, ammisi, mio padre non è stato partigiano.
Ma tuo padre è comunista? No, confessai, mio padre non è neanche comunista. E quello: allora tuo padre non è un vero democratico. E me ne spiegò la ragione, con questo sillogismo: i comunisti sono antifascisti (infatti sono stati partigiani); gli antifascisti sono democratici; i comunisti sono democratici.
Conclusione: se volevo essere democratico dovevo essere antifascista, e se volevo essere antifascista dovevo essere comunista. Corollari: al momento opportuno, avrei dovuto votare per il Pci o i suoi alleati; intanto, avrei dovuto cantare Bella ciao o Fischia il vento; infine avrei dovuto riconoscere che, grazie ai partigiani e ai comunisti, che ci avevano liberati, noi avevamo una «costituzione antifascista».
Le confesso, caro direttore, che mi ci volle un po’ di tempo per scoprire la fallacia del sillogismo democratico e per rifiutarne le conseguenze.
Fu un processo faticoso e anche penoso, che affrontai da solo e del tutto impreparato. Non mi aiutò la famiglia, perché mio padre e mia madre non sapevano niente di tutto ciò. E non mi aiutò la scuola, perché i miei insegnanti erano pressoché tutti democratici nel senso del sillogismo indicato. Ebbi solo l’aiuto della fortuna, che mi fece imbattere in qualche lettura fuori del circuito standard in cui eravamo allora educati e con cui venivamo imbeccati come i piccioni col granturco.
Oggi, scampato il pericolo, posso fare due osservazioni.
La prima: il sillogismo del mio compagno di scuola è un sofisma, anche se continua ad avere corso. Scambia un principio con le sue conseguenze. Non è perché si è antifascisti che si è democratici, ma, al contrario, perché si è democratici si è antifascisti. «Antifascista, dunque democratico» è invalido; «democratico, dunque antifascista» è corretto. Ma è corretto tanto quanto sono corretti «democratico, dunque anticomunista», «democratico, dunque antirazzista», «democratico, dunque antiautoritario», e così via.
Che ai comunisti sia riuscito di invertire l’ordine concettuale e di costruire un’egemonia culturale su questa inversione è un fatto che, come tanti, ho vissuto sulla mia pelle.
Che abbiano ribattezzato e protetto tanti ex fascisti, soprattutto accademici e intellettuali, è un altro fatto. Ma che, ancor oggi, si gridi contro il fascismo o si inneggi alla costituzione antifascista per dirsi democratici è uno scandalo intellettuale e politico. Significa che la democrazia è male intesa, che la libertà è mal concepita, che alla costituzione repubblicana è stata imposta una filosofia falsa. Non ci riesce di avere una cultura almeno un po’ liberale e neanche di inquadrare in modo corretto gli eventi della nostra storia recente.
La seconda osservazione è più specifica. Il pericolo fascista è oggi identificato con Matteo Salvini, come ieri lo fu con Berlusconi e prima ancora con Craxi. Ogni leader politico forte che non provenga dalla lunga filiera comunista e cattocomunista è da noi sospetto e indiziato. In particolare, Salvini è il capo dell’«onda nera», il «Truce», l’«insidioso». Salvini è sovranista, non è europeista, parla al popolo senza mediazioni. Salvini è come Mussolini perché semina odio contro i suoi avversari, fa appello alla paura, proclama il primato degli italiani, chiude i porti. E così via.
Io non sono convinto. Intanto, a motivo degli accusatori. Se Salvini fosse davvero il capo del nuovo fascismo, tutti quei bravi opinionisti e intellettuali che ora lo avversano sarebbero dalla sua parte come, dal 1919 al 1922 e anche oltre, furono dalla parte del Duce i loro nonni o bisnonni. Con gli stessi argomenti: basta con questi partiti corrotti, basta con questa Italietta che non conta nulla, basta con questo declino economico che ci sfinisce e degrado morale che ci abbrutisce. Un uomo forte, ecco ciò che ci vuole! Ma Salvini vuole tutti i poteri? Intanto, usiamolo. Salvini è pericoloso? Vedrete, passerà. Lo dissero del Duce i più illuminati di allora, e se i più illuminati di oggi non lo dicono di Salvini, è solo perché Salvini non è il Duce.
Poi c’è la questione del sovranismo. Alle origini di Forza Italia, la componente liberale non era chiamata così, solo perché il nome non era stato ancora inventato.
Ci chiamavano «euro-scettici», ma per i comunisti che nel frattempo avevano sostituito l’internazionalismo proletario con l’europeismo era la stessa cosa. Voleva dire «reazionario», «nazionalista», «isolazionista», e naturalmente «antidemocratico». Solo che proprio il concetto di democrazia giustifica l’euroscetticismo e il sovranismo.
La questione non riguarda la cessione di sovranità, ma il controllo del potere.
Sovranista non è colui che si rifiuta di cedere prerogative nazionali a istituzioni superiori, ma colui che si rifiuta di farlo se non è sicuro che queste istituzioni siano democratiche. E quelle europee, oggi, non lo sono o lo sono molto imperfettamente. Contano la forza degli stati nazionali, gli «assi» che riescono provvisoriamente a stabilire, il peso delle loro economie. Il popolo (supposto che un «popolo europeo» esista) conta assai meno. E tanto poco che, in Europa, gli tocca di essere governato da coloro che hanno perduto le elezioni in casa (emblematici i casi von der Leyen, Dombrovskis, Gentiloni).
Se questo stato di cose perdura, se alla domanda: «Ti piace questa Europa?» pressoché nessuno risponde di sì, anziché demonizzare Salvini e tutti i sovranisti, non sarebbe meglio riconsiderare l’europeismo?