Interventi

C’è l’Europa nel futuro dell’America?

13 Gennaio 2009

C’è l’Europa nel futuro dell’America? 
di Marcello Pera 

Un esperimento mentale può essere utile per sollevare due questioni. Supponiamo che Tocqueville potesse oggi ripetere il suo celebre viaggio. Potrebbe egli sostenere una delle sue tesi favorite, che in America lo spirito di religione e lo spirito di libertà sono intimamente uniti, mentre in Europa procedono in senso contrario? 

Sospetto di no. Anche in America oggi gli amici della libertà non sono amici della religione e cercano di destituirne il ruolo. Coloro che si proclamano seguaci di Jefferson non sembrano credere più a Jefferson oppure presentano la sua posizione in termini che Jefferson stesso non avrebbe accettato. Jefferson sosteneva che i diritti inalienabili degli uomini dipendono da Dio. Oggi molti studiosi americani ritengono che si possa prescindere da Dio. Jefferson riteneva che le libertà liberali non possono essere mantenute se non sono considerate un “dono di Dio”. Oggi molti sostengono che il liberalismo è autosufficiente. Jefferson riteneva che il cristianesimo è la migliore morale pubblica mai esistita. Oggi si sostiene che la morale non deve avere fondamento religioso. Ancora. Jefferson usò la metafora del “muro di separazione” per difendere la religione dalle interferenze dello stato. Oggi i liberali americani usano quella stessa metafora per difendere lo stato dalla religione o per confinare la religione nella sola sfera privata. 
Dopo aver parlato con molti intellettuali specialmente delle due coste, frequentato i seminari di filosofia o diritto costituzionale di molti accademici, letto il “New York Times”, guardata CNN, e magari seguita l’ultima campagna elettorale o l’inaugurazione della presidenza Obama, c’è ragione di pensare che Tocqueville oggi concluderebbe che il modello europeo di relazione religione-politica è penetrato anche in America. Dopotutto, egli potrebbe notare che, come la (ora morta e sepolta) Costituzione europea non faceva menzione delle radici cristiane del Vecchio Continente, cosí la Costituzione americana non fa menzione di Dio, è, come si dice, una “Godless Constitution”. 
Da ciò le mie due questioni. La prima: è corretta questa conclusione? Davvero Europa e America sono sulla stessa barca e il secolarismo europeo ha conquistato l’America? La seconda: è accettabile questa conclusione? Davvero il secolarismo è il miglior alleato del liberalismo, il miglior antidoto al fondamentalismo, la migliore difesa contro l’intolleranza? 
La prima questione è descrittiva e richiede un’analisi storica e sociologica che è qui fuori del mio interesse. Credo che l’America sia ancora diversa dall’Europa, ma temo che l’America stia diventando molto europea. Le resistenze sono forti, perchè la grande maggioranza degli americani dichiara di credere in Dio o che Dio è importante per la loro vita morale, e però la via europea è molto attraente soprattutto fra le elite. Ad esempio, per molti intellettuali e studiosi è forte la tentazione di passare dall’idea della separazione tra lo stato e la chiesa all’idea della separazione della religione dalla società, o dall’idea della non interferenza dello stato in materia di libertà religiosa all’idea che la religione è una forma di esperienza che ha valore solo nella vita privata. 
Questo mi porta alla seconda questione. Possiamo noi, sia in Europa che in America, mantenere le libertà liberali e difendere la cultura liberale dei diritti inalienabili dell’uomo se la separiamo dalla religione? 
Mi sia in primo luogo consentito di dire che, benchè non ci sia alcun dovere di essere liberali, il liberalismo è la dottrina politica su cui è stato costruito l’esperimento americano come pure quella che, alla fine, ha prevalso in Europa. Non solo le nostre costituzioni e le nostre carte internazionali dei diritti sono tipicamente liberali, benchè nella versione democratica, anche le nostre politiche intendono essere sempre più liberali. Che cosa significa la recente esplosione del “discorso sui diritti” e talvolta anche delle “chiacchiere sui diritti” se non una sempre maggiore richiesta di allargare la sfera dei diritti inalienabili di libertà? Lo stesso si può dire delle crescenti polemiche contro le supposte interferenze della chiesa sulle questioni bioetiche. Chi solleva questo problema solitamente lo fa in nome di diritti di libertà ritenuti inalienabili e che perciò non dovrebbero essere coartati da nessuna autorità, ciò che è tipica dottrina liberale. 
Cosí, se è vero che non c’è obbligo di essere liberali, è anche vero che, di fatto, siamo tutti liberali o desideriamo esserlo. Compresi i democratici e i socialisti. La questione allora diventa: si può sostenere il liberalismo senza far ricorso alla religione, in particolare la religione cristiana? Oppure dobbiamo pensare che, come è accaduto nella storia europea del secolo scorso, quando una società diventa o è costretta a diventare pagana o atea, essa perde le libertà liberali? 
La mia risposta è che il legame fra le libertà liberali e il cristianesimo è essenziale. Per due ragioni. 
La prima è storica: il liberalismo è una tradizione europea che nacque quando si affermò l’idea del valore dell’autonomia dell’uomo. Va di pari passo con la scoperta della libera impresa, del libero commercio e del libero mercato, della libera ricerca scientifica, della libera professione religiosa. Soprattutto corre parallelamente alla fede che l’uomo può scoprire da solo la verità sulle questioni naturali, politiche e morali, e alla convinzione che tale verità esiste. E se qualche autorità compreso lo Stato, compresa la Chiesa si mettesse contro, come di fatto accade, allora si dovrebbe erigere uno scudo questo sí un autentico “muro di separazione” fra l’individuo e il potere, o almeno si dovrebbe limitare il potere, affinchè non prevarichi sul libero individuo. A Cesare si può dare tutto, ma non la libertà, non la dignità, non l’anima, perchè queste sono dovute a Dio. E che questi sia il Dio cristiano lo si vede non tanto dalle preghiere o dalle professioni di fede, ma dalla convinzione comune che sorregge tutto il movimento dell’uomo liberale borghese, e cioè che la verità rende liberi e la creazione a immagine di Dio rende uguali e degni di rispetto. 
La mia seconda ragione è filosofica e culturale. La dottrina liberale è costantemente a rischio. Il suo problema principale che possiamo chiamare il problema liberale è: come è possibile che uomini liberi e uguali possano coesistere in una società? Come è possibile che questa società non collassi e precipiti in una guerra di tutti contro tutti? Non basta introdurre il principio che il confine della mia libertà è la tua libertà o che le libertà devono essere compatibili. Le divergenze fra uomini liberi possono rimanere irriducibili. Ad esempio, chi rivendica la libertà di abortire vuole che tutti abbiano tale libertà. E naturalmente chi nega la libertà di abortire vuole che nessuno abbia tale libertà. Come si compongono queste divergenze? Insomma, come si risolve il problema liberale? Se la società liberale non è un miracolo, ma dipende dagli uomini, che cosa devono fare gli uomini per mantenerla? 
I padri del liberalismo avanzarono una risposta. Dissero: la società liberale è una società religiosa, in questo senso: che tutti, fino dallo stato di natura, sono sottoposti ad una legge divina di natura, cioè una legge morale che tutti conoscono o possono conoscere mediante una riflessione razionale. Oppure dissero: la società liberale è una società razionale, in questo senso: che tutti sono sottoposti alla stessa ragione universale e questa ragione ci consente di scoprire la legge morale. Locke percorse la prima strada, Kant la seconda, ma tutti e due arrivarono alla stessa conclusione, che poi fu formulata da Jefferson: che le libertà liberali sono compatibili se gli uomini si considerano sottoposti a Dio, e la società liberale può essere edificata se gli uomini la considerano un “dono di Dio”. 
C’è un’altra risposta al problema liberale? I laicisti in Europa e in America sostengono che c’è: il liberalismo politico, essi dicono, è autosufficiente. Ma questa è un’illusione. Il liberalismo politico è autosufficiente solo se molte cose sono ammesse e prese per garantite. Ad esempio, se si ammette che gli uomini sono persone, che le persone hanno una dignità intrinseca, che il valore della persona non può essere sacrificato a nessun altro, che le persone devono essere rispettate, che la persona viene prima del cittadino, che esistono virtù tipiche che devono essere perseguite, e cosí via. Ma ammettere tutto questo e prenderlo per garantito significa coltivare una fede, più precisamente una fede cristiana. Togliete questa fede e avrete tolto il liberalismo. 
Si può obiettare che non necessariamente una fede siffatta richiede una rivelazione. Questo è vero. Ma ciò che qui conta non è la forma della conoscenza rivelata o razionale del contenuto della fede, ma precisamente questo stesso contenuto. Se ho fede che l’uomo è persona, la mia fede è comunque religiosa, in un senso preciso: quella fede può essere argomentata ma non può essere scossa da nessuna evidenza contraria, può essere discussa ma non può essere posta in dubbio, può essere confrontata con altre opinioni, ma non può essere considerata inferiore ad esse. Questo è il sigillo di una fede religiosa, più precisamente di una fede religiosa cristiana. 
L’Europa oggi sta perdendo questa fede. Le sue chiese si svuotano, le pratiche si affievoliscono, le vocazioni diminuiscono. L’Europa è convinta che, perdendo la sua fede cristiana, perde solo un ostacolo alle sue libertà. La mia opinione è che perde molto di più: perde la sua anima e perciò perde la sua identità e perciò perde la sua civiltà. Alla fine, perde se stessa. Non diventa più liberale, diventa più insicura. Non diventa più tollerante, diventa più incerta. Non diventa più forte o più unita o più protagonista, solo si avvia sulla strada del declino. Diventando secolare, l’Europa pensa di ospitare meglio gli altri, non si accorge che invece si arrende agli altri. Peggio: diventando secolare, l’Europa diventa immemore. A parte le occasionali celebrazioni ormai fissate per legge nei molti cimiteri creati dalla sua furia recente, l’Europa si dimentica quale inferno portò sulla terra quando diventò laica, pagana, anticristiana e antiebraica. 
L’America ha una storia diversa. Spero che se ne ricordi e le tributi sempre l’omaggio che merita. C’è stato un tempo in cui gli europei la vedevano come il loro futuro. Dio non voglia che la situazione non si rovesci e che l’Europa diventi il futuro dell’America. Qui non è in gioco il salvataggio delle aziende ad opera dello Stato (su cui l’America è già europea), qui è in gioco la salvezza della nostra civiltà.

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