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Cristo si è fermato a Melfi? La Chiesa di fronte ai diritti umani

1 Settembre 2010

Caro direttore, se c’ è qualcosa che più di ogni altra alimenta il laicismo contemporaneo e scristianizza l’Europa è la cultura dei diritti umani. Anche quando a parole sono dichiarati inalienabili, essi nei fatti risultano disponibili, perchè è disponibile l’ autorità che li proclama, i parlamenti, e perchè è disponibile la fonte che li interpreta, la giurisprudenza. Per questo la cultura laicista dei diritti si rovescia nell’ edonismo della soddisfazione di ogni desiderio, individuale o di gruppo. Questo trapasso è reso possibile da un’ operazione che i laicisti hanno compiuto con successo: quella dello “sganciamento” dei diritti umani da ogni fondazione etica e religiosa. Se i diritti umani si possono giustificare senza ricorso a Dio o alla legge morale, perchè, come dicono i laicisti, la democrazia non ha bisogno nè dell’ uno nè dell’ altra e basta a se stessa, allora i diritti umani cadono nelle braccia degli umani e subiscono le vicende delle cose umane, compresa la distruzione.

Appena ieri, a distruggere i diritti umani provvidero in Europa i regimi totalitari, oggi lo fanno gli Stati democratici. La Chiesa è da tempo cosi’ avvertita di questo rischio incombente che ha persino costituito una nuova Congregazione per l’ evangelizzazione dell’ Europa, ben consapevole che senza una operazione di “riaggancio” della cultura dei diritti al messaggio cristiano non c’ è speranza nè per i diritti nè per l’ Europa. Colpisce perciò che in alcune prese di posizione di esponenti anche autorevoli della Chiesa risuoni più il linguaggio laico dei diritti che non quello cristiano del loro fondamento. Che vuol dire, ad esempio, che esiste un “diritto al movimento” o un “diritto al lavoro” o un “diritto alla ospitalità”? Se vuol dire che i governi Sarkozy o Berlusconi o Obama prendono misure sbagliate, allora la cosa è cosi’ possibile che non crea problemi. Ad eccezione di uno, che gli uomini di Chiesa dovrebbero considerare con attenzione: criticare le misure dei governi significa adottare posizioni politiche, la qual cosa genera il rischio di trasformare anche la Chiesa in un soggetto politico, con non poco danno per la sua autorità religiosa e morale (e per la sua unità). Se però le prese di posizione di esponenti della Chiesa a favore dei diritti umani intendono avere un valore dottrinale, allora credo ci sia bisogno di riflessione. Un documento importante della Commissione Teologica Internazionale del dicembre 2008 (“Alla ricerca di un’ etica universale. Nuovo sguardo sulla legge naturale”), lamenta “una certa propensione a moltiplicare i diritti dell’ uomo” e osserva che, “separata dal senso morale dei valori che trascendono gli interessi particolari, la moltiplicazione delle procedure e delle regolamentazioni giuridiche conduce soltanto a un affossamento (dei diritti umani), che in definitiva serve soltanto gli interessi dei più forti”. E lo stesso documento richiama le parole di Benedetto XVI del 18 aprile 2008 alle Nazioni Unite quando egli denunciò “il predominio della legalità sulla giustizia” e “il passaggio dalla protezione della dignità umana all’ appagamento di semplici interessi”. La riflessione da fare allora è: quali sono i “valori che trascendono gli interessi” che coprono i mille diritti invocati ogni giorno anche dagli uomini di Chiesa? Detta in breve, la risposta della dottrina cristiana corrente è: Dio ha creato l’ uomo come persona; avendo la dignità di essere immagine di Dio, la persona e i suoi predicati essenziali sono valori trascendenti; questi valori generano diritti inalienabili; i diritti inalienabili devono comunque essere tutelati. Questa risposta solleva due problemi difficili. Il primo riguarda l’ applicazione del concetto di dignità della persona. In termini filosofici: come passare dal valore universale della dignità ai suoi casi particolari senza cadere proprio in quelle regolamentazioni che ne producono l’ affossamento laicista? In termini un po’ più brutali: perchè la “protezione della dignità dell’ uomo” deve parlare il linguaggio proprio di quel sindacato, di quello statuto dei lavoratori, di quel contratto di lavoro? Davvero Gesù Cristo si è fermato a Melfi? Il secondo problema è ancora più difficile perchè riguarda l’ estensione dei diritti umani. Se essi sono un dono dato da Dio all’ uomo, questo dono è gratuito e illimitato e richiede solo di essere consumato (magari come il frutto dell’ albero della conoscenza), oppure ha limiti e il suo godimento impone restrizioni? I grandi filosofi della modernità questo problema l’ avevano ben chiaro. Essi pensavano che i diritti fossero correlativi a doveri, a cominciare dal dovere di ubbidire alla legge morale naturale voluta dal Dio cristiano della Rivelazione (Locke) o dal dovere di ubbidire alla legge morale dettata dalla ragion pratica e di edificare una “comunità etica” retta da leggi morali cristiane (Kant). E’ cosi’ che quei grandi pensatori legarono il liberalismo al cristianesimo e, contro tutte le tentazioni laiciste a venire, negarono che i diritti nascano da bisogni o desideri individuali o collettivi. Oggi, anche da parte della Chiesa, questo legame sembra essersi allentato (come è allentato nella Dichiarazione universali dei diritti umani del 1948) e ciò lascia in sospeso domande fondamentali: quando si invocano i diritti umani, a quali doveri ci si riferisce? Chi sono i portatori di questi doveri? Temo che la risposta di quegli esponenti della Chiesa che invocano in continuazione i diritti umani sia: i doveri sono dell’ umanità, della società, degli “altri”. Ahimè, questa è esattamente la risposta dei laicisti, perchè sono loro che prima reclamano diritti poi attribuiscono a chiunque il dovere di soddisfarli. Non mi stupisce che alcuni esponenti della Chiesa cedano all’ odierna cultura dei diritti (lo Zeitgeist laicista è cosi’ pervasivo che entra anche in canonica). Mi conforta che il documento della Commissione teologica sembri voler invertire rotta e parli di “legge naturale” più che di diritti naturali. Ma mi preoccupa che, anche dentro la Chiesa, alcuni stiano perdendo quella cultura dei doveri che sola può porre un freno religioso e etico al laicismo e al nostro degrado morale. Cristianizzare l’ Europa è cosa necessaria, ma cristianizzarla nel nome di quei diritti umani di cui l’ Europa ha fatto overdose è come somministrarle endovena altra droga in quantità massicce. 

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