Roma, 27 ottobre 2004
Intervento pronunciato in occasione dell’incontro della NIAF (National Italian American Foundation)
Saluto calorosamente gli amici della NIAF:
il Chairman On. Frank Guarini,
il Presidente Joe Cerrell,
il Vice Chairman Ken Ciongoli,
il Dr. Nicotra, che è il rappresentante NIAF in Italia.
E vi ringrazio tutti per questa nuova occasione che mi offrite di testimoniare la mia vicinanza alla Fondazione e il mio apprezzamento per le sue attività.
Quando venni a Washington vostro ospite due anni fa, spiegai le ragioni, anche personali, che mi fanno sentire così vicino alla NIAF. Se mia nonna avesse seguito i suoi cinque fratelli in America, oggi sarei italo-americano anch’io. Ma non andò così, e perciò vi dovete accontentare di avere qui il Presidente del Senato italiano anziché lo Speaker del Senato americano.
Un po’ italo-americano lo sono comunque, perché sono Presidente onorario dell’Associazione lucchesi nel mondo, che ha moltissimi aderenti negli Stati Uniti. E anche in questa veste ammiro quanto la NIAF ha fatto e sta facendo per rafforzare le relazioni tra i nostri Paesi. Il vostro è un contributo tanto più importante in quanto unisce la fedeltà agli Stati Uniti con la promozione della vostra – e nostra – eredità culturale e linguistica. Se, come mi àuguro, continuerà ad esistere un’identità italo-americana, lo si dovrà in gran parte a voi.
Nella vostra organizzazione, e nelle generazioni di italo-americani che voi rappresentate, io riconosco i valori e i princìpi della grande e forte democrazia americana: la libertà individuale, in primo luogo, la ricerca del bene comune, le eguali opportunità, la tutela dei diritti della persona. Questi princìpi e valori hanno permesso a milioni di italiani emigrati di integrarsi e di migliorare la loro condizione.
Oggi – soprattutto dopo l’11 settembre – Italia e Stati Uniti sono impegnati nella difesa di una cultura e civiltà comuni.
In Afghanistan abbiamo visto i primi frutti di questo impegno: milioni di persone si sono recate a votare per le prime libere elezioni dopo decenni di oppressione. Schede elettorali trasportate con ogni mezzo, anche a dorso di mulo. C’è chi non vuole riconoscere la svolta. Noi invece la vediamo, l’apprezziamo e concludiamo che Italia e Stati Uniti hanno fatto la cosa giusta.
In Iraq la violenza fa ancora vittime. Ma anche a Baghdad, come a Kabul, è necessario continuare, con determinazione, a fare la cosa giusta. Chi piazza bombe e uccide indiscriminatamente si batte anche per far fallire le elezioni e per evitare la nascita di un Iraq libero. Dobbiamo impedirglielo, così come dobbiamo riconoscere e contrastare quella “guerra santa” che ci è stata dichiarata dai fondamentalisti islamici.
Sappiamo che, non per nostra responsabilità, il legame euroatlantico attraversa momenti difficili. Sappiamo anche che certi progetti di riforma delle Nazioni Unite renderebbero marginale il ruolo dell’Italia. L’amicizia tra Italia e Stati Uniti contribuirà a risolvere questi problemi. E anche per questo il sostegno della NIAF è importante.
Il cammino degli italiani d’America è fatto di sacrifici e di successi. Ne cito uno. In Italia pochi sanno che fu un italiano, Costantino Brumidi, ad affrescare gran parte del Congresso a Washington. Spero che l’anno prossimo, in occasione del trentesimo anniversario della NIAF, il nostro Senato possa ospitare una sua mostra. Sarebbe un altro modo per celebrare la vostra storia e la nostra amicizia.
Un’ultima cosa (tanto me lo hanno già chiesto). Chi vorresti che vincesse in America? La mia risposta è: vorrei che vincesse l’America e so che vincerà l’America. Grazie.