15 Maggio 2006
“Pera: I Pacs sono fuori dalla Costituzione”.
di Mario Sechi
Senatore Marcello Pera, Papa Benedetto XVI in questi giorni ha richiamato ancora una volta il mondo politico sulla questione dei Pacs. Possiamo parlare di pressing del Pontefice?
«E non solo dei Pacs, pensi a tutti i temi della bioetica. Possiamo perciò parlare di una posizione ferma del Pontefice, che ha una voce univoca la quale non si presta a interpretazioni di comodo. È un gran bene per tutti che il Papa ripeta i punti fermi del cristianesimo. Lo è per i non credenti, perché molti laicisti giocano con la nostra tradizione senza avvedersi del male che fanno disgregando i fondamenti della nostra società, e alcuni liberali si sono dati alla macchia o alla villeggiatura temendo di dover lottare contro le loro stesse pigrizie intellettuali. C’è gente che pensa ancora che essere liberali significhi avere posizioni diverse o opposte a quelle cristiane, oppure che essere liberali dispensi dall’assumere responsabilità nuove di fronte alle sfide nuove. Ma la voce del Papa è utile anche per i cristiani credenti, spesso anch’essi stanchi, privi di coraggio, incerti, come si è visto dalle reazioni di silenzio attonito alle dichiarazioni sconcertanti e devastanti di quell’alto prelato che pensa che, in tema di bioetica, non esistano più i princìpi, ma tutto si giochi, gesuiticamente, caso per caso, provetta per provetta, centimetro per centimetro, eccezione per eccezione. Come se l’etica, in particolare quella cristiana, non avesse alcuni valori di base, la dignità della persona, la vita, la famiglia, il matrimonio, ma dipendesse da un prontuario da adattare alle circostanze dei pazienti. Grazie ancora al Papa che ci ricorda che è vero il contrario: che se non hai princìpi, neppure i singoli casi possono essere affrontati».
Il centrosinistra risponde che è compito dello Stato tutelare tutti i cittadini, anche quelli che cattolici non sono. Le sembra una risposta sufficientemente laica?
«Mi sembra una risposta banalmente laica. E così ovvia che non dice niente. Il nostro Stato tutela anche chi professasse la religione che consente la bigamia? O della religione che acconsentisse alle mutilazioni sessuali? O della religione che esaltasse il martirio dei kamikaze? Il nostro Stato è democratico e liberale perché ammette la più ampia tolleranza sostenibile con la coesione della società e l’identità del popolo. Ma questo non significa che è a-religioso. Basti pensare che il fondamento della democrazia è l’uguaglianza e che alla base dell’uguaglianza noi mettiamo la pari dignità di ciascuna persona, una concezione tipicamente cristiana, non greca o romana o islamica. I laicisti del centrosinistra scappano sempre di fronte a queste evidenze; fanno finta di non essere mai andati a scuola».
L’onorevole Violante ha detto che quella italiana non sarà una soluzione di tipo zapaterista. Tuttavia il problema per la Chiesa non appare affatto risolto. Perché?
«Zapaterista o no, sarebbe onesto non giocare col vocabolario. “Patti”, “unioni”, “convivenze” e simili, sono termini che servono per sfuggire alla sostanza del problema: i Pacs, o come altro si vogliono chiamare, sono istituti di diritto pubblico o no? I congiunti dai Pacs hanno gli stessi diritti di quelli legati da un matrimonio o no? E le coppie omosessuali sono di fatto o di diritto?». Secondo lei un provvedimento sulle unioni di fatto potrebbe essere incostituzionale? «Secondo la nostra Costituzione la famiglia è una società naturale fondata sul matrimonio. La parola “naturale” è una pietra: sta a significare che c’è prima e indipendentemente dal riconoscimento dello Stato, come i diritti fondamentali che sono “riconosciuti” e non semplicemente garantiti e costruiti dalla legislazione. Sfido chiunque a dire che questa non sia dottrina cristiana, e mi piacerebbe capire quali contorcimenti concettuali si devono impiegare per dire che i Pacs, in particolare omosessuali, sono previsti dalla Costituzione. Credo che solo un’ermeneutica relativista e nichilista del dettato costituzionale, del tipo “non ci sono i testi, ma solo le interpretazioni”, potrebbe orientare la Corte per accontentare i sostenitori dei Pacs».
Non ci sono dubbi però che esistano rapporti patrimoniali e diritti soggettivi che devono essere regolati. O no?
«Non ho dubbi neppure io. E infatti c’è una gamma di diritti soggettivi che già sono riconosciuti o che si possono riconoscere. Ma non è tutto così semplice. Se io mi sposo e ho un figlio e poi cambio costumi sessuali, mia moglie e i miei figli avranno meno diritti del mio nuovo partner? Problemi analoghi valgono per le unioni di fatto eterosessuali».
Nel centrosinistra si confrontano varie anime: da quella cattolica della Margherita e dell’Udeur a quella laicista della Rosa nel pugno. Pensa che siano posizioni conciliabili? E chi vincerà questo scontro?
«Penso che farebbe bene il presidente Prodi, quando verrà in Parlamento a chiedere la fiducia sul suo programma, a glissare su questi punti. Se toccasse i problemi bioetici, scoprirebbe che la sua è la coperta del soldato. Lo stesso se si mettesse seriamente a parlare di politica estera, di missioni internazionali dell’Italia, del ruolo dell’Europa. Penso che la cosa migliore per lui sarebbe quella di leggere il programma dell’Unione, quello che dà ragione proprio al citato Nietzsche del “non ci sono testi ma solo interpretazioni”. Siccome sui Pacs e altri nodi fondamentali quel programma contiene, deliberatamente, parole senza denotato e espressioni senza significato, contenterà tutti i suoi. Poi, gli converrebbe di non fare nulla. Qualcuno strillerà, ma meglio le urla che una crisi di governo».
Ritiene che queste distanze potranno incidere sulla tenuta del governo Prodi?
«Se il presidente Prodi si mettesse realmente a fare, sì. Ma prevedo che non farà o rinvierà o insabbierà. L’altra volta cadde sull’economia, non penso che stavolta voglia inciampare sugli embrioni o sugli omosessuali. Sa bene che non ha la maggioranza».
Il centrodestra a parole sembra sostenere la posizione del Vaticano, ma nei fatti?
«Me lo chiedo anch’io. Voglio sperare che abbia capito la lezione elettorale e sia fermamente convinto che difendere i nostri valori fondamentali è una richiesta sempre più diffusa. In questa difesa sta la sua identità, perciò non può farne a meno». La divisione che esiste nel centrosinistra a questo punto è presente anche nel centrodestra? «No. Nel centrosinistra devono convivere la senatrice Binetti, che la pensa come me, con gli onorevoli Boselli e Capezzone, che la pensano all’esatto opposto. Nel centrodestra non vedo queste divisioni. Non ci sono anticlericali, non c’è gente che dice che, se il Papa parla, allora interferisce e deve essere spedito ad Avignone».
Ma una posizione di questo tipo, non rischia di essere bollata come tradizionalista e retrograda?
«Come lei sa, difendo da tempo la posizione del conservatorismo liberale. I diritti di libertà vanno bene finché non toccano i fondamenti della tradizione, perché, toccata la tradizione, è toccata anche la base della nostra libertà. Ed è toccata anche la nostra identità, che invece deve essere difesa, soprattutto in un periodo di immigrazioni crescenti, denatalità, fanatismo e terrorismo islamico. Dunque, nel senso che le dico, il tradizionalismo non è da “bollare”, ma da difendere».
E non si corre il rischio di lasciare al centrosinistra il monopolio dell’area laica?
«No. Al centrosinistra si deve lasciare l’area laicista, anticlericale, relativista, nichilista. Tutt’altra cosa che l’area laica».
Lei ha lanciato il Comitato per l’Occidente, che è stato registrato come una delle poche novità della campagna elettorale dalla stampa straniera. Continuerete a fare politica o si è esaurita con le elezioni e la sconfitta di misura quella che nel Pci chiamerebbero la vostra forza propulsiva?
«Nessuno di noi ha mai detto e pensato che il Manifesto per l’Occidente fosse un espediente elettorale. Continueremo perciò a tenerlo in vita, a diffonderlo e a difenderlo, sia in Italia che in Europa, dove ha avuto vasta accoglienza, e lo faremo tanto più adesso che, con la vittoria del centrosinistra, i contenuti di quel Manifesto sono a rischio».