21 Febbraio 2006
“E’ sbagliato chiedere scusa ai fanatici”
di Paolo Conti.
ROMA – Presidente Marcello Pera, cominciamo dal caso Calderoli. Il suo giudizio sulla maglietta esibita in tv.
«Calderoli ha sbagliato. Soprattutto perché era ministro. Si è dimesso e ha pagato come avviene in Occidente: con una sanzione politica. Fine dell’episodio. Ma ora non possiamo credere che siano finiti anche i problemi».
Difficile crederlo vedendo ciò che è accaduto in pochi giorni in Turchia, in Nigeria e soprattutto in Libia, con l’assalto alla rappresentanza italiana e alla chiesa di Bengasi dopo le vignette danesi e la t-shirt di Calderoli.
«È miope ritenere che le vignette pubblicate mesi fa in Danimarca o la maglietta di un ministro italiano siano le cause di tutto ciò. Gli episodi di violenza aumentano e si intensificano. La verità è che molti fanatici, non solo pochi terroristi, ci hanno dichiarato una guerra santa, una jihad, cominciata anche prima dell’11 settembre».
Dobbiamo ritenerci impegnati in una «guerra santa», dice lei?
«Sono quei fanatici e quei terroristi che stanno penetrando tra le masse islamiche, a dichiararla a noi. Cercando di utilizzare un’interpretazione violenta della fede per aizzare la sollevazione e l’odio per l’Occidente. Dobbiamo prenderne atto, essere realisti e non sottovalutare il fenomeno. Se chiediamo scusa, se ci genuflettiamo, se indulgiamo all’appeasement, abbiamo già perso. E ci siamo già arresi».
C’è chi preme perché l’Italia chieda scusa. Per esempio il vescovo di Tripoli, monsignor Giovanni Martinelli.
«Il nostro modo civile di chiedere scusa sono state le dimissioni di un ministro: episodio unico in Europa. Non mi pare che il governo danese si sia scusato. Qualcuno si è scusato per il martirio di un prete cattolico?»
Berlusconi e Fini, sulla Libia, gettano acqua diplomatica sul fuoco. Sullo sfondo c’è il timore che riprenda il flusso incontrollato di emigrati clandestini dalle coste libiche.
«Convengo sulla prudenza e sulle cautele del nostro governo. Ma la prudenza senza la fermezza è una resa».
Quindi hanno ragione Emma Bonino e Magdi Allam quando chiamano in causa Gheddafi….
«Hanno ragione tutti coloro che chiamano in causa Gheddafi. Non credo che in Libia, come in Siria o in Iran sia possibile dar vita a manifestazioni di massa senza che qualcuno ai vertici sappia cosa sta accadendo. E soprattutto senza una regìa. Non penso a capi di Stato ma a basi fondamentaliste che fomentano e che poi trovano l’occasione e il pretesto. Non per niente Al Qaeda vuol dire proprio “base”».
Gheddafi potrebbe infuriarsi, di fronte a una nostra posizione più dura, e rompere un equilibrio faticosamente raggiunto con l’Italia. Anche in campo economico ed energetico.
«Speriamo che Gheddafi comprenda correttamente anche le nostre ragioni».
Il peccato di Calderoli sarebbe veniale?
«Le provocazioni non vanno bene, né vanno bene le offese e le ingiurie ai simboli religiosi. Non dovrebbero andar bene nemmeno quelle ai simboli cristiani: ma nessuno in Europa ci bada più. In quel caso si tira in ballo la libertà di opinione mentre negli altri si parla di blasfemìa: è giusto? L’Europa sembra aver perduto la propria dignità, si fa offendere e poi pensa che le proprie offese rivolte ad altri siano più gravi. Ma tornando alla domanda: non è solo questione di vignette e magliette».
Benedetto XVI ricorda: la violenza è comunque una risposta inaccettabile, perciò va deplorato chi approfitta dell’offesa ai sentimenti religiosi.
«È esattamente ciò che penso. Qualcuno “approfitta” su un campo accuratamente preparato da tempo».
Lei dice: la faccenda non è risolta con le dimissioni di Calderoli. Cosa occorre fare, secondo lei?
«Due mosse. Una profonda, culturale, a lungo termine. Basta col nascondere la nostra civiltà che ha grandi meriti: offre ospitalità a tutti, riconosce pari diritti e dignità. Nell’immediato c’è la politica. Far presente agli Stati arabi e islamici che intendiamo continuare la collaborazione ma che anche a loro competono molte responsabilità, per prima quella di adoperare il potere affinché la situazione non degeneri. Mi chiedo: lo stanno facendo tutti?»
Monsignor Rino Fisichella si chiede: cosa fanno la Lega Araba, l’Unione Europea, l’Onu? Condivide l’interrogativo?
«In pieno. Soprattutto monsignor Fisichella ha ragione sulla reciprocità: noi tuteliamo le minoranze musulmane, loro hanno il dovere di fare lo stesso con quelle cristiane. In quanto ai suoi interrogativi, mi sgomenta soprattutto l’Europa. Nessuna riunione urgente del Consiglio o del Parlamento, nessuna convocazione di ambasciatori, nessuna posizione della Commissione. Una ingiustificata sindrome del senso di colpa ci paralizza. Il rischio è, l’ho già detto cinque anni fa, che spiri l’aria di Monaco 1938 quando per paura nessuno fermò Hitler».
Lei condanna il senso di colpa europeo. E noi non abbiamo colpe?
«Sì, ma non sono quelle immaginate dagli altri. Siamo colpevoli di non aver preso sul serio i fanatici fondamentalisti quando promettono di distruggerci perché siamo “giudei e crociati”. Colpevoli di voler nascondere la nostra identità giudaico-cristiana e di non spendere una parola per difenderla. Colpevoli del nostro relativismo culturale che ci ha ridotti a un continente privo di identità, quasi un panino di burro che si perfora con un dito. Colpevoli di un malinteso senso di tolleranza e rispetto. Non si può rispettare senza essere rispettati e senza rispettare per primi se stessi. Invece ora pensiamo che tutto ciò che accade sia colpa nostra. In primo luogo dell’America».
Ma l’America ha le sue responsabilità: la guerra in Iraq, la gestione di Guantanamo…
«L’Iraq ora è libero, su Guantanamo uno Stato democratico sa come comportarsi».
A suo giudizio, potrebbe cambiare il clima, in Italia, tra i musulmani immigrati?
«Sta anche ai musulmani farsi sentire. Esiste una Consulta islamica fortemente voluta dal ministro Pisanu: non so se sia rappresentativa, ma farebbe cosa utile se condannasse non solo le vignette e le magliette ma anche il clima di violenza anti- occidentale parlando a nome dei musulmani immigrati e dei cittadini italiani di quella fede. Per ora non è accaduto. Spero che accolgano il mio suggerimento. Per quanto mi riguarda, a proposito di appelli, ne lancerò a giorni uno in difesa dell’Occidente, della nostra tradizione giudaico-cristiana, dei nostri principi e valori».
Si tratta di una piattaforma elettorale…
«Penso che i contenuti dell’appello saranno il vero discrimine tra le forze politiche nella prossima campagna. È inimmaginabile che il tema non faccia parte del dibattito. Spero che ciò avvenga con pacatezza, consapevolezza, prudenza ma soprattutto con chiarezza e fermezza».