Interviste

Intervista a Marcello Pera su “il Giornale”

«Perizia psichiatrica inutile serve soltanto a screditare»

IL’ex presidente del Senato: «I magistrati sono fermi a 25 anni fa. Il caso Palamara non ha insegnato nulla»

di Stefano Zurlo

La prende con sarcasmo: «Hanno esaurito il credito ma sono ancora lì a sparlare».

Chi?

«I magistrati», risponde rapido Marcello Pera, ex presidente del Senato, filosofo, accademico. Dopo scandali e accuse reciproche far le toghe, ora le polemiche riguardano i giudici di rito ambrosiano e la decisione, sconcertante, di disporre una perizia psichiatrica nei confronti di Silvio Berlusconi. «L’intera vicenda – riprende l’autore di molti libri e pamphlet, a Palazzo Madama dal 1996 al 2013 – ha dell’incredibile».

Perché, professore?

«Per almeno tre ragioni. La prima naturalmente è che c’è già stata una sentenza della cassazione sul caso Ruby».

Il Rubygate doveva finire con quel verdetto?

«Sì e invece lo hanno riaperto».


E ora al cardiologo affiancano lo psichiatra.

«Della perizia psichiatrica non c’è palesemente bisogno, se non a scopo di discredito. Ma non c’è solo questo: c’è un linguaggio pesante, come quando dicono che Berlusconi è affetto da vecchiaia. Non vogliono usare un vocabolario più consono, quello di cui si servirebbero per rivolgersi ai loro padri: quelli sono anziani, il Cavaliere è un vecchio».

La terza ragione?

«Questi magistrati sono ormai privi di autorevolezza. Così Berlusconi farà come altre volte ha fatto, approfittando dei falli inutili dei giudici: volgerà la situazione a proprio beneficio».

Sembra di essere tornati al passato, ai duelli e agli attacchi che speravamo di aver superato una volta per tutte. Professore, che succede?

«Anche questo è incredibile. Dopo il caso Palamara – che non è uno scandalo ma porta a galla il normale funzionamento del consiglio superiore della magistratura da quando è nato – si poteva sperare in un’azione di recupero di credibilità».

Invece, un ex presidente del Consiglio viene sottoposto ad un test per capire se c’è con la testa.


«Non c’è niente da fare: questi magistrati vanno avanti alla stessa maniera degli ultimi venticinque anni».

Ma l’opinione pubblica non ha voltato loro le spalle?


«Certo, la differenza è che oggi c’è sempre meno gente, compresi i tifosi di ieri, che sia disposta a seguirli».

Come finirà questa storia?

«Alla fine i magistrati saranno travolti e questo naturalmente sarà un danno per le istituzioni democratiche».

Le riforme?

«Se Draghi e Mattarella non avessero altre agende importanti, avrebbero fatto bene a spendere qualche parola sul tema della radicale modifica dell’ordinamento costituzionale della magistratura, invece di somministrarci la cosiddetta riforma Cartabia».

Davvero, non salva niente?

«Se vogliamo davvero mettere mano alla giustizia e porla al servizio del cittadino e del bene comune, dobbiamo avere il coraggio di cambiare alcuni articoli della Costituzione. Altrimenti, si andrà avanti con questo o quell’intervento, ma sarà solo un’operazione di cosmesi».

I partiti non ci sono riusciti. È dai tempi di Mani pulite, dal 1992, che l’agenda della politica reclama interventi. Ma tutte le proposte sono rimaste sulla carta.

«Se i partiti fossero vivi, dovrebbero anch’essi meditare qualcosa».


Professore, sempre pessimista? Critiche e obiezioni per tutti, dal Quirinale a Palazzo Chigi e al Parlamento?

«È quel che vedo e constato: zitti gli uni, afoni gli altri».

Leggi l’intervista su www.ilgiornale.it

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