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Referendum, Pera: «Con il No il Paese è rovinato»

Roberta D’Angelo

Scendono in campo i padri fondatori di Forza Italia, i professori della vecchia guardia, l’ex presidente del Senato Marcello Pera con l’ex ministro Giuliano Urbani, per dire Sì alla riforma costituzionale.

Quella che gli azzurri – ricordano – hanno votato nelle prime due letture al Senato e alla Camera, prima di tirarsi indietro. Ieri l’iniziativa-appello del comitato ‘LiberiSì’, al quale aderiscono personalità di diversi schieramenti, che, recita un documento dei promotori, «mantengono il loro libero giudizio personale sull’attuale governo. Si rivolgono a tutti quei liberali, democratici, popolari, che ritengono che il referendum sia l’occasione preziosa e irripetibile per rendere le nostre istituzioni più efficienti, più snelle, più trasparenti». E, aggiungono rivolti all’anima riformista di Fi, «è il caso di ricordare che dei 180 voti favorevoli alla riforma, oltre 70 sono stati espressi da senatori non Pd».

«Ho un voto in mano e non voglio sprecarlo solo per fare un dispetto a Renzi o per non sembrare amico di Renzi. La politica non si fa con i dispetti o con i risentimenti personali». Marcello Pera, ex presidente del Senato, tra i ‘padri nobili’ di Forza Italia, si appella all’anima liberale degli elettori forzisti e ai suoi vecchi colleghi, perché dicano Sì alla riforma costituzionale.

 

Presidente, sembra molto preoccupato dalle conseguenze di una eventuale vittoria del No.

Sarebbe gravissimo se vincesse il No. Intanto perché ci sarebbe una crisi politico-istituzionale, il governo cadrebbe e non c’è attualmente in Parlamento un’alternativa al governo Renzi. Ma può accadere anche molto di peggio.

Andiamo per gradi. Forse si può riprovare con le larghe intese. Renzi aveva rimesso in gioco Berlusconi e Berlusconi doveva rimanere in gioco. Oggi avrebbe avuto un’altra occasione. Non capisco perché dobbiamo assecondare Grillo e D’Alema. Penso che molti elettori di Fi siano sconcertati e delusi e voteranno per Sì. È interesse dell’Italia avere istituzioni che funzionano. Fu un errore aver rotto quel patto. Fi sarebbe stata firmataria della nuova Costituzione e avrebbe reso non determinante la sinistra del Pd. Il risultato che aveva in mano è stato dimenticato per un disegno privo di strategia.

 

Ha prevalso la linea dei ‘falchi’, di Brunetta.

Forza Italia non è Brunetta. C’è una parte pittoresca e la assegniamo a Brunetta, ma se dobbiamo parlare di politica seriamente non possiamo far parlare Brunetta. Quando anche Brunetta si fosse tolto una sua soddisfazione per- sonale, poi come la governiamo l’Italia…

 

Insomma, se vince il No secondo lei cade Renzi. E dopo?

Se Berlusconi fa cadere Renzi ne gode il M5S, non certo Forza Italia.

 

Ma si salva l’alleanza con Salvini

Se per conservare l’alleanza con Salvini dobbiamo rifiutare un nuovo strumento costituzionale, è un prezzo esorbitante da pagare. Rimaniamo in un angolo, irrilevanti con Salvini. Perché se vince il No vince Grillo, non vince neppure Salvini.

 

E qual è il suo timore anche maggiore?

Noi ci stiamo spendendo in Europa dicendo che in Italia si è messa in moto una nuova stagione di riforme, su cui abbiamo chiesto fiducia, e su questo impegno abbiamo chiesto anche la flessibilità. Se vince il No, l’Italia si dimostra irriformabile e viene meno la fiducia. I mercati esprimeranno sfiducia e ci potremmo trovare in una crisi economico- finanziaria anche più grave.

 

Ma qui parliamo della riforma costituzionale

Questa è una riforma che serve per farne altre e quindi è necessaria come tante altre. Poi non è che all’estero si va tanto per il sottile: quando si vede un governo caduto perché non ha fatto una riforma, la fiducia crolla. Se poi, per la seconda volta in dieci anni, gli italiani bocciano con un referendum la riforma della Costituzione, vuol dire che è una Costituzione dogmatica, irriformabile. Dobbiamo tenercela così. E questo non è consentito, perché siamo in grave ritardo.

 

C’è il rischio di una svolta autoritaria, con la riforma Boschi?

Questa è propaganda di basso conio. La cosa più importante che fa questa legge è eliminare il voto di fiducia al Senato. Il governo rimane parlamentare come prima, sta in piedi fintanto che alla Camera ha la fiducia, ma non ha più poteri di oggi. Anzi, da vecchio militante di Fi avrei voluto una riforma che toccasse di più i poteri del presidente del Consiglio. Berlusconi si lamentava perché l’ultimo sindaco aveva più poteri di lui. Volevamo il sindaco d’Italia…

 

Serve una modifica dell’Italicum?

Anche questo è un errore: non è che siccome non mi piace l’Italicum voto contro la Costituzione. L’Italicum può anche essere modificato. Ma lo si faccia in maniera tale che quando si vota, si sa chi governa. L’Italicum garantisce ciò con il ballottaggio. Se scompare il ballottaggio la situazione diventa come quella che vediamo attualmente in Spagna.

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