Interviste

Intervista su “Il Foglio”

TRA MOSCA E UCRAINA

La destra e la guerra. Il confine ideologico, le critiche

all’Europa, gli errori. Parla Marcello Pera

 
L’appeasement impossibile davanti all’invasione russa, l’ambiguità che ha sempre meno spazio negli angoli di questo e quel partito e le parole nette del premier Mario Draghi, ieri, davanti alle Camere: l’Italia non si volta dall’altra parte perché l’aggressione di uno stato libero e sovrano da parte della Russia “riporta l’Europa indietro di almeno 80 anni”. Ne parliamo con l’ex presidente del Senato Marcello Pera, filosofo e accademico, punto di riferimento per la Forza Italia delle origini.
 
Filosofo e accademico, a lungo punto di riferimento intellettuale per il Cav., ma ascoltato anche dalla Lega, Pera è stato uno dei nomi ricorrenti della rosa dei possibili candidati al Colle. Conosce bene il centrodestra e i suoi leader, il professore, anche se, racconta, se ne sta in “disparte”. Che cosa dire ora ci si domanda, dalla parte di centrodestra che negli anni ha coltivato buoni rapporti con Vladimir Putin e a cui la realtà impone in questo momento di oltrepassare una sorta di confine ideologico, vista anche la necessità di agire con voce comune rispetto a una Ue a volte criticata nell’impianto istituzionale e nell’azione?
Di fronte alla guerra Russia-Ucraina, ci si domanda se qualche opportunità di comprensione del pericolo sia andata persa lungo la strada, per errata valutazione o sottovalutazione dei rischi, e che cosa sia possibile fare, dall’Europa.
 
“Partiamo dalle tre principali critiche mosse dalla destra all’Europa in questi anni”, dice Pera: “La prima: l’Europa si diceva, non ha vere istituzioni comuni a livello di politica estera, difesa comune e bilancio. Si trova in una condizione ibrida”. Secondo, dice il professore, l’attacco a un Parlamento europeo “considerato da un lato l’unica istituzione della Ue davvero potenzialmente democratica, ma di fatto priva di poteri di controllo, motivo per cui lo stesso Parlamento si è ritrovato spesso impegnato in un esercizio sterile attorno a temi etici e ambientalisti che lo hanno svuotato di ruolo e di peso”. Terza critica ricorrente a destra, ricorda Pera, “quella verso un’Europa cieca e tiranna verso le tradizioni e le identità dei suoi popoli, un’Europa di capace di usare il diritto, in questo campo, come fosse scritto su un elastico e potesse essere applicato in maniera elastica a seconda dei soggetti implicati. E dunque l’Europa è stata descritta come “senz’anima”, per citare Jacques Delors, e ancora priva di identità come forza geopolitica”. Ora però si muove unita. “In parte è la paura che determina questa resipiscenza di fronte a un’opinione pubblica finora abituata a scandire il “no alla guerra” come fosse l’undicesimo comandamento”, dice il professore, “e a scendere in piazza sotto la bandiera arcobaleno piuttosto che sotto la bandiera della Ue”.
 
Oggi però serve uno scatto in più e la destra è chiamata ad auto-analizzarsi: “Primo errore: si è pensato che la critica alla Ue dovesse automaticamente implicare l’avvicinamento alla Russia e alla Cina. Secondo: si è cercato di assecondare in modo miope l’antiamericanismo, imitando in questo una certa sinistra. Quanto al terzo errore di valutazione – che mi pare purtroppo ancora diffuso nel centrodestra – si è pensato che la vera America fosse quella di Donald Trump, che stava invece agli Usa come un Benito Mussolini all’Italia. Sarebbe stato utile capirlo per tempo”.
 
A questo punto, dice il professore, “bisogna farsi europei per poter criticare dall’interno e ragionando la Ue, e per far sì che diventi vero soggetto, superando i propri limiti istituzionali. Solo così la sua grande forza politica, economica, tecnologica e culturale può diventare anche forza geopolitica”.
 

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