Interviste

Intervista su “Il Giornale della libertà”

4 Gennaio 2008

Intervista di Maria Giovanna Della Vecchia

Un Paese e un popolo sull’orlo di una pericolosa rinuncia alla propria identità. Cos� si mostra l’Italia quando accoglie gli stranieri senza pretendere il rispetto della propria lingua e della propria cultura. Indifferente alla conservazione delle proprie tradizioni sociali e religiose. Grazie alla politica di un malinteso multiculturalismo, che finisce per essere non il manifesto della laicità, ma la maschera del laicismo. Senza valori. Senza futuro. Come è accaduto nei giorni scorsi quando la maggioranza di Governo ha tentato con un blitz – fallito questa volta – di rendere illegale la legittima opposizione contro i matrimoni omosessuali. Ne aveva scritto, proprio in quei giorni, con lucidità e fermezza Marcello Pera, filosofo, ex presidente del Senato, oggi senatore di Forza Italia. Con lui vogliamo proporre una conversazione proprio sull’identità.

Cos’è per lei l’identità?

L’identità è il collante fondamentale di un popolo. à il suo ethos, l’insieme della sua storia, delle sue tradizioni, delle sue aspirazioni. Una nazione senza identità è destinata a liquefarsi e disperdersi. L’identità, sia a livello individuale che collettivo e nazionale, segna una fondamentale linea di definizione e di distinzione con gli altri. Per questo, una forte consapevolezza della propria identità non è un ostacolo ma anzi un presupposto imprescindibile per intavolare un sano rapporto con quanti hanno un’altra identità. Da tempo sostengo che un rapporto e un dialogo per essere veri e costruttivi devono essere basati su due cose: sulla coscienza della propria identità e sul rispetto reciproco, una virtù attiva, e non già sulla tolleranza, che è invece una virtù passiva che confina con l’accondiscendenza e l’arrendevolezza. Purtroppo, noi oggi predichiamo dialogo senza identità. à la premessa del declino.

Qual è, in Italia, lo stato del sentimento identitario nazionale?

E’ un sentimento che si sta perdendo. In Italia e in Europa purtroppo sta prevalendo un sentimento di vergogna della nostra identità, di mortificazione della nostra storia e della nostra cultura. Rilevo che ormai sempre più l’ospitalità si sta facendo resa, e la tolleranza accondiscendenza. Il dialogo è diventato assimilazione passiva. Pretendere il rispetto reciproco dai nostri interlocutori è considerato dai benpensanti un atteggiamento arrogante e di chiusura. Mi conforta solo il fatto che in questi ultimi anni si sta registrando un notevole risveglio religioso in molti che vogliono rinsaldare la propria identità e la propria esistenza spirituale.

Assistiamo a una politica che chiede agli italiani di integrarsi con un’immigrazione a cui non è richiesta la conoscenza della lingua e della cultura italiane.

Invece noi dobbiamo salvaguardare la nostra identità. à necessario pretendere che chi si trasferisce in Italia conosca e comunque apprezzi la nostra cultura. Ma non basta. Dai valori derivano le azioni e i comportamenti. Per questo, chi vuole vivere in Italia deve impegnarsi a rispettare i valori di base della nostra civiltà e della nostra convivenza civile: la dignità della persona, la libertà, la democrazia, la parità tra uomo e donna. Voglio essere chiaro: ovviamente non si può integrare in base a un criterio di carattere religioso o razziale, tuttavia è necessario pretendere il rispetto di quei valori civili che hanno fatto la nostra società libera.

Perchè i politici per primi non mostrano di voler difendere un sentimento identitario nazionale?

E’ un tema fondamentale per il nostro futuro, ma la classe politica è troppo presa dai problemi economici e dagli interessi delle tante corporazioni che prosperano nella società italiana. All’estero non è cos�. Il presidente francese Sarkozy deve gran parte del suo successo proprio al coraggio delle sue analisi e proposte su questi temi. Si è richiamato alle radici cattoliche della Francia. C’è qualcuno in Italia che dica e creda le stesse cose? No.

Il centrosinistra ha tentato di far approvare un emendamento che,ufficialmente per contrastare le discriminazioni,avrebbe istituzionalizzato di fatto il concetto di identità di genere inserendolo, come lei ha ricordato in una presa di posizione su “La Stampa”, in un contesto normativo che tuttavia non lo prevede e quindi non lo riconosce.

Per compiacere le lobby omosessuali, il Governo Prodi e la maggioranza di centrosinistra hanno cercato di introdurre furtivamente una norma per aprire di fatto ai matrimoni gay. Fortunatamente il tentativo per ora è fallito. C’è infatti un problema di merito e di metodo. Sul metodo, io credo che per legiferare su temi cos� importanti ci voglia un dibattito alla luce del sole in cui vengano approfondite tutte le conseguenze. Poi ci sono i problemi nel merito.

Quali conseguenze ci sarebbero state?

La conseguenza e l’obiettivo di quelle norme sono chiari: una volta approvato il divieto di discriminare l’identità di genere, la semplice opposizione politica e culturale alle unioni omosessuali – matrimoni, pacs, cus o simili – sarebbe diventata un reato.

In certe decisioni c’è arroganza politica oppure chi ci governa sente che,sul tema dell’identità e dei valori, ha comunque l’avallo tacito degli italiani?

Gli italiani in questo momento hanno molti problemi e la sinistra ha tentato un blitz, fortunatamente non riuscito. La sinistra da anni tenta di realizzare in Italia e in Europa una rivoluzione laicista e sta portando avanti questo tentativo lavorando su due fronti: attaccando alle fondamenta la nostra identità culturale e tentando di relegare nel privato la religione cristiana che è parte fondamentale di questa identità. Sul matrimonio, sulla ricerca scientifica, sull’aborto, sulla famiglia la sinistra italiana ritiene che non ci siano principi universali o valori “non negoziabili” come li chiama Benedetto XVI. Cos� tutto può essere messo ai voti, tutto si può approvare e non ci sono più limiti invalicabili.

Si vota nel 2008?

Si dovrebbe votare. Questo è un Governo così debole che può fare solo disastri, è la situazione peggiore per il Paese. Troppi scivoloni, troppe mediazioni portano a leggi pessime. Prodi deve mettere d’accordo tutti, e il risultato non può che essere una scelta al ribasso. Le faccio un esempio di questo malgoverno paragonabile a una legge della Prima Repubblica, quella sull’equo canone. Allora per mettere d’accordo tutti, inquilini e proprietari, Dc e Pci hanno approvato la legge più sbagliata e inutile che io ricordi.

Sulla difesa delle “identità di genere” il nostro Governo agisce in nome di un malinteso senso dell’Europeismo? Quale Europa accettiamo attraverso certe decisioni: quella dei popoli o quella dei burocrati?

La legislazione europea purtroppo è uno dei principali nemici della legislazione nazionale sui temi etici ed in particolare della famiglia naturale. In Europa si fa riferimento al valore dell’uguaglianza: siamo tutti uguali e non si deve discriminare nessuno. Il concetto è giusto ma è applicato impropriamente. Come ho già rilevato in passato l’uguaglianza è una relazione non a due ma a tre termini per cui A è uguale a B rispetto a C. La donna non è uguale all’uomo rispetto alla forza fisica mentre la donna è uguale all’uomo rispetto ai diritti politici. Almeno così è in tutto l’Occidente. Gli omosessuali devono essere uguali agli eterosessuali rispetto a libertà, assistenza, lavoro ecc. Se così non fosse vi sarebbe una discriminazione inammissibile. Altra cosa sono i diritti di coppia. à evidente come una coppia omosessuale sia differente rispetto a una coppia eterosessuale che dà vita a una famiglia naturale e credo che in virtù di questa differenza lo Stato debba riconoscere solo quest’ultima.

Tutelare l’identità di genere significa accettare la costruzione di una società futura basata anche su famiglie omosessuali?

Tutelare i singoli dalle discriminazioni è una cosa condivisibile, altro è rendere inevitabile l’equiparazione tra famiglia naturale e matrimoni gay. La discriminazione di un omosessuale è sempre intollerabile perchè tutti gli individui hanno la stessa dignità e perciò devono avere parità di diritti individuali (libertà, accesso al lavoro, all’istruzione, all’assistenza sanitaria). Altra cosa è che lo Stato riconosca i matrimoni gay di fatto equiparandoli alla famiglia tradizionale. Il Governo con la scusa di impedire le discriminazioni ai danni dei gay ha tentato di rendere illegale la legittima opposizione contro i matrimoni gay. Se due omosessuali intendono convivere lo possono fare ma non per questo lo Stato deve riconoscere quell’unione concedendo quei benefici che devono essere propri di una famiglia naturale.

La possibilità di scelta in questo campo implica i rischi di quello stesso relativismo sociale denunciato da papa Ratzinger subito dopo il suo insediamento?

Benedetto XVI è un grande papa e un intellettuale profondo che ha individuato nel relativismo uno dei grandi mali della contemporaneità. Il relativismo è la dottrina secondo cui non esistono i fatti ma solo le interpretazioni, secondo il famoso aforisma di Nietzsche. à una linea di pensiero che inesorabilmente si sta espandendo nell’opinione pubblica e sta modificando le legislazioni degli Stati. Essa parte dal presupposto che culture, civiltà, credenze, principi e valori siano equivalenti e validi per il solo fatto che ci sono degli uomini che li testimoniano o li rappresentano. Parte da un presupposto apparentemente condivisibile: se gli uomini sono tutti uguali e degni di rispetto ciò deve valere anche per le culture che esprimono. In realtà è una dottrina molto pericolosa.

Perchè?

Tollerando qualsiasi cosa per rispetto della cultura di provenienza si finisce con l’ammettere tutto, anche l’infibulazione, la disparità tra uomini e donne, l’eugenetica, i matrimoni omosessuali, la poligamia e un giorno forse anche l’incesto. Nè vale il principio che basta una maggioranza disposta ad approvare questo o quel provvedimento per rendere una pratica accettabile. Nel ‘900 le maggioranze hanno approvato e sostenuto ogni genere di nefandezza. Ci sono dei limiti cui proprio chi è liberale non deve rinunciare. A tal proposito, proprio da papa Benedetto è giunta un’importante proposta spirituale a credenti e non credenti che io invito ad accogliere: seguire la formula di Pascal e Kant di vivere “come se Dio esistesse” (velut si Deus daretur). Questo ci responsabilizza tutti dal punto di vista etico e morale. Infatti se Dio esiste, devo prevedere e rispettare dei limiti morali alle mie azioni, ai miei comportamenti e alle leggi. Non tutto si può fare, non tutto si può accettare e non tutto si può votare.

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