Interviste

Intervista su “Il Messaggero”

25 Ottobre 2008

di Claudio Sardo 

ROMA “à il primo scontro sociale che il governo si trova ad affrontare. Ma è unito. E ha ottimi argomenti dalla sua: la necessità dei tagli nasce dai bilanci fallimentari delle università e dell’intero sistema scolastico. Anzichè battibeccare con gli studenti o evocare la polizia, che nulla ha a che vedere con la scuola, deve rappresentare agli italiani come la via della riforma sia oggi obbligata. Dalla necessità può nascere una virtù”.

Marcello Pera, ex presidente del Senato, è a Washington per impegni accademici. Ma osserva con attenzione il nuovo movimento e lo scossone che ha prodotto nella politica. “Una buona notizia – sottolinea Pera – è il ministro Gelmini. Ha dimostrato determinazione e coraggio. Ha detto due verità al Paese senza strizzare, come al solito, l’occhio ai sindacati. Ha detto che il doppio maestro alle elementari non corrisponde ad alcun criterio pedagigico, ma solo a ragioni occupazionali. E ha dimostrato, conti alla mano, che le università non possono più andare avanti cosí. Lo Stato non può più pagare a piè di lista”. 

Eppure le nostre scuole elementari con il doppio maestro sono una punta di diamante del sistema scolastico. 

“Il modulo dei tre maestri per due classi risponde solo a ragioni occupazionali. Il bilancio dello Stato non può farsi carico all’infinito di questi oneri. Invece le scuole elementari possono benissimo tenere standard elevati con il maestro unico. E dove c’è la necessità di accudire i bambini nel pomeriggio si possono organizzare utili attività integrative, accostandoli finalmente all’inglese e a internet, come finora non è accaduto”. 

All’università c’è oggi una grande unità nella protesta tra studenti, ricercatori, professori e rettori. 

“Gli studenti si sono resi conto che l’università non è quella che serve alla loro vita. Del resto, sempre di più le famiglie benestanti mandano i loro figli all’estero, dove le possibilità di studio e di lavoro sono maggiori. Per l’università è il momento della verità. I conti sono da fallimento. In certi atenei i soli costi del personale insegnante sono il 106% delle entrate complessive. La ricerca è morta. Bisogna cambiare. E i rettori devono parlare. Devono assumersi le proprie responsabilità, dire la verità a studenti e ricercatori. Bisogna cambiare radicalmente. I tagli devono aprire la strada alla valorizzazione del merito. Continuare ancora con le vecchie clientele sarebbe la fine”. 

Perchè allora il governo è andato avanti con i decreti, riducendo fin qui gli spazi del confronto? 

“Convegno sul fatto che si poteva discutere di più in Parlamento, del resto non mi pare che l’agenda sia cosí fitta. Ma nella sostanza i tagli erano una necessità. Anche il Capo dello Stato ha detto giustamente che bisogna fare i conti con una situazione obiettivamente difficile. E con la necessità della riforma. Le forze responsabili di destra e di sinistra si facciano avanti abbandonando ogni demagogia”.

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