Interviste

Intervista su “Il Tirreno”

«SOGNO UNA LUCCA FIERA AMMINISTRATA DA UNA DONNA». Marcello Pera (LiberaLucca) invita i vertici locali di Forza Italia a fare autoanalisi. Non appoggerà Santini: «La sua candidatura è prematura e coraggiosa».

di Barbara Antoni

LUCCA. Di ritorno a casa dopo quindici anni di vita quasi esclusivamente romana, assorbito da impegni di governo, politici, culturali, si è rimesso subito al lavoro. Si è posto l’arduo compito di «risollevare Lucca, farla tornare fiera di sé, ne sono innamorato. È una città moderata che non ama esporsi, ma ha sempre avuto fierezza, è sempre stata autonoma, anche con le amministrazioni di sinistra. Ora la trovo ripiegata. E non è solo per la crisi che sta attraversando l’Italia, ma anche per una crisi solo sua».

Marcello Pera, 74 anni, senatore emerito della Repubblica, seconda carica dello Stato dal 2001 al 2006 a fianco di Silvio Berlusconi oltre che docente universitario, ha mantenuto fede all’impegno che gli era stato chiesto, come racconta, tornando a Lucca. Prima fondando il comitato LiberSì in vista del referendum costituzionale, poi – adesso – dando vita a LiberaLucca, un movimento, finora, da cui potrebbe scaturire un candidato sindaco. «Non io, semplicemente perché non ho più l’età», dice. Piuttosto, vedrebbe bene una figura femminile alla guida della città: «Mi piacerebbe una donna, finalmente. Pensi che bello!».

Informale in maglione, parla in esclusiva a Il Tirreno dallo studio nel suo elegante attico lucchese. Per tutto il suo entourage era ed è “il presidente”.

Professor Pera, perché vede una Lucca “ripiegata”?

«Rientrando l’ho trovata più degradata. È aumentato rispetto a quindici anni fa lo scivolamento del centro politico da Lucca a Firenze, una sottomissione politica e decisionale importante da Lucca alla Regione Toscana. Il mio progetto del lotto zero per la circonvallazione fu bocciato dalla Regione oltre che da tanti a Lucca. La candidatura di Tambellini è stata decisa dalla segreteria regionale del Pd: un commissariamento. A fronte di tutto ciò che ha preso, la Regione non ha dato niente a Lucca: cessione di sovranità senza alcun ritorno. Una Regione matrigna, basti vedere la sanità, in cui Lucca aveva un’antica tradizione, o le difficoltà con cui dobbiamo fare i conti ogni giorno per spostarci. In treno per raggiungere Firenze ci vuole più tempo che da Firenze per arrivare a Roma. Bisogna farsi sentire».

Così si è rimesso in gioco. Ha trovato però l’humus politico, la volontà pari alla sua di impegnarsi?

«Troppo presto per dirlo. Mi rivolgo ai professionisti, agli imprenditori, ai pochi commercianti rimasti. Mi sono dato metà febbraio come deadline: poi inizierò a fare un bilancio delle adesioni al mio appello e faremo tre iniziative pubbliche su tre grandi problemi della città: la prima su centro storico, turismo e cultura; la seconda sul rapporto che hanno i nostri giovani con la città, se la vedono solo per il Summer Festival o se la vivono; la terza sulla sanità. Se i convegni avranno successo allora andremo avanti e penseremo a un candidato, anzi a una squadra, se la città lo richiede».

Cosa pensa della candidatura per il centrodestra e i suoi movimenti civici di Remo Santini? L’appoggerà?

«Mi ha chiesto un incontro e ci siamo visti. La sua candidatura in questi termini la considero prematura e coraggiosa: è uscito allo scoperto senza una dichiarazione ufficiale di sostegno dai partiti. Oltretutto nel centrodestra il quadro non è definito a livello nazionale. C’è un problema fra Forza Italia e Fratelli d’Italia. E se nella Lega prevalesse l’asse Salvini-Zaia rispetto a Maroni? Ho presentato queste osservazioni a Santini ma lui mi ha detto che si sarebbe candidato comunque perché si prepara da una vita. Questo “comunque” rende difficile qualsiasi discussione, è “divisivo”. Scendendo sul piano locale: ho visto che Marco Chiari, assessore nella giunta Favilla, è passato a Fdi: altro segnale che tutto adesso è prematuro, che siamo solo all’inizio di un percorso. Beato quell’autocandidato».

Come vede il centrosinistra?

«La situazione è fluida. Penso che la scissione non ci sarà, che non si andrà a elezioni anticipate. La spaccatura invece ci sarà e potrebbe avere ripercussioni anche sul piano amministrativo locale. L’accordo di Firenze per Tambellini non mi pare solido e non è stato digerito dal Pd lucchese di marca renziana. Matteo Garzella è già un caso di divisione, che magari fra due mesi scompare ma oggi c’è. Centrodestra e centrosinistra sono in fase di ebollizione. Quindi è coraggioso Santini a scommettere su un’unità che non ci sarà».

Lei si è speso per il sì al referendum del 4 dicembre. Non è che si è avvicinato a Matteo Renzi?

«Il Pd renziano era nato come coalizione del centrosinistra tradizionale dagli anni Sessanta in poi: era più facile avere convergenze con me, come col referendum. Un grande errore per l’Italia averlo bocciato: ha avuto forti ripercussioni in Europa, sui mercati. Oggi in Italia non si può andare a votare perché non c’è una legge: è assurdo. E quando ci sarà una legge non si potrà andare a votare perché c’è ancora il Senato che deve dare la fiducia al governo. Invece la riforma lo eliminava: un vantaggio enorme. Se si va a votare col sistema omogeneo ci saranno oltre quattro milioni di elettori che votano per la Camera e non per il Senato: significa maggioranze diverse. Si tornerà a comprare i senatori, come facevano Berlusconi e Prodi. Sul referendum c’era convergenza tra me e Renzi, ma mentre io portavo voti per il sì lui andava in televisione a perdere voti. Avevo parlato con alcuni suoi ministri, li avevo avvertiti che sarebbe finita così se avessero continuato. A Lucca se il no ha vinto con margine ridotto è grazie a me che mi sono speso alla grande per spiegare alla gente i contenuti della riforma: è un risultato mio, non del senatore Andrea Marcucci. Ora il paese è in brutte acque. E se il Pd si spacca la situazione diventa balcanica e consegniamo il Paese al Movimento 5 Stelle».

Ha contatti con esponenti di governo, a Roma?

«Dopo la batosta che ancora mi duole della sconfitta elettorale ho perduto i contatti. Avevo detto in campagna elettorale che si era formata una prateria tra lepenisti e Pd, quell’elettorato che era di Fi ma che Fi ha perduto scadendo di credibilità. Dovrebbe nascere una liberaldemocrazia che potesse allearsi con il centrosinistra: sono milioni di elettori, tanti quanti Fi ne ha perduti. Il partito della prateria: se avessi vent’anni di meno lo fonderei io».

Si sente ancora con Berlusconi?

«È già un po’ che non ci parlo di politica. Mi telefonò quando presentai il libro (Diritti umani e cristianesimo, del 2015, ndr). Non capisco più le sue scelte politiche. Immagino che la stessa cosa lui la pensi di me. Penso che adesso a Lucca Fi non sia rappresentativa».

I partiti del centrodestra tradizionale, a Lucca, sembrano avere preso una linea: stare in retroguardia, mandare avanti il “civismo”.

«Il civismo è la maschera che assume la crisi dei partiti, ed è perdente. Ci sono due tipi di liste civiche: quelle nate per avere un assessore e quelle per avere la società civile nella pubblica amministrazione. La seconda è più difficile ma più ambiziosa: i lucchesi che vogliono amministrare se stessi».

E il secondo tipo è quello del suo progetto.

«Sì».

E se la Lega, per effetto della situazione liquida di cui parlava, condividesse lo spirito di LiberaLucca?

«Non credo proprio. La Lega ha escluso di avere rapporti con me. Piuttosto mi aspetto una posizione ragionevole da Fi. Oltretutto, la maggior parte dei suoi dirigenti sono confluiti in LiberaLucca. Quindi il coordinatore provinciale Maurizio Marchetti rifletta. Filippo Candelise, Moreno Bruni con Agenda 2.0: i più giovani di Fi hanno scelto di credere in LiberaLucca. E ho fiducia in un gruppo di giovani che si sono ritrovati in LiberaLucca e che non hanno mai fatto politica. Ho affidato a loro l’organizzazione del convegno sul rapporto tra i giovani e Lucca, voglio vedere come si muovono».

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