Interviste

Intervista su “La Repubblica”

05 Febbraio 2006

«Ma ai paesi islamici chiedo parità per i cristiani»

di Massimo Giannini. 

Presidente Pera, siamo di nuovo allo scontro di civiltà. Sono bastate poche vignette, stavolta, a riaprire la ferita tra Islam e Occidente?

«Partiamo da una premessa. La satira si presta a conflitti del genere, perché per definizione lavora sempre al confine tra il commento pungente e mordace e il reato. Ma nel caso delle vignette pubblicate dal giornale danese mi pare che il caso sia un po’ diverso».

Diverso in che senso?

«La polemica sulle vignette ci propone un dilemma: nella dialettica tra le civiltà valgono le regole della reciprocità e del mutuo riconoscimento, oppure quelle dell’asimmetria e della disuguaglianza? Questo è il cuore del problema. Perché se prevale la reciprocità, allora lo stesso “scandalo” sollevato oggi dall’Islam deve nascere ogni volta che si offendono il cristianesimo o il giudaismo, e invece osservo amaramente che quando si prendono a bersaglio con vignette, articoli o sketch televisivi Gesù, il Papa, Mosè o i rabbini o non ci sono reazioni, o sono molto flebili».

E questa non le sembra esattamente la caratteristica della nostra cultura: la nostra grande tolleranza democratica?

«No, affatto. Proprio questa disparità a me sembra invece il vero “scandalo”. Voglio citarle un passaggio che Benedetto XVI ha scritto nel libro “Senza radici”: “Nella nostra società attuale, grazie a Dio, viene multato chi disonora la fede di Israele, la sua immagine di Dio, la sua grande figura. Viene multato anche chiunque vilipende il Corano e le convinzioni dell’Islam. Se invece si tratta di Cristo e di ciò che è sacro ai cristiani, ecco che allora la libertà di opinione diventa il bene supremo, limitare il quale sarebbe minacciare o addirittura abolire la tolleranza o la libertà in generale…”. Ecco, a me sembra che questo sia il nodo vero della questione: perché nessuno si è mai scandalizzato per le feroci caricature che furono fatte a suo tempo su Paolo VI su Tempo Illustrato, oppure per le ironie sul crocifisso, oppure per lo slogan “Papa Nazinger”?».

Ma stavolta, oltre a diversi porporati, anche il portavoce Vaticano Navarro Valls è intervenuto a difesa dell’Islam: Come spiega questa inedita saldatura tra Vangelo e Corano?

«Attenzione a leggere fino in fondo le parole di Navarro. Non a caso lui dice che “la convivenza umana esige un clima di mutuo rispetto, per favorire la pace tra gli uomini e le nazioni”. Questo vuol dire esattamente ciò che segnalavo prima: serve reciprocità. Perché in caso contrario ogni volta siamo noi a dover rispettare gli altri, ma mai si invitano gli altri a rispettare noi. Lei ha mai visto ambasciatori occidentali andare dai governi dei Paesi arabi a protestare per la mancanza di libertà religiosa? Io non li ho mai visti».

In compenso il Pakistan ha convocato gli ambasciatori occidentali.

«Infatti. Continua ad accadere il contrario di quello che dovrebbe».

Quindi secondo lei ha fatto bene il premier danese a non chiedere scusa per le vignette?

«Se Rasmussen non ha chiesto scusa, perché i giornali del suo paese sono liberi, ha fatto bene. Credo che avrebbe dovuto anche chiedere agli ambasciatori islamici la parità di trattamento».

Comunque, questa volta non si può dire che non ci siano state reazioni dure anche da parte occidentale, per le manifestazioni dei fondamentalisti islamici o le sedi Ue assediate in Palestina.

«Credo che questa volta le reazioni siano state soprattutto di natura corporativa. Sono stati accusati i giornali, e così è stato in qualche modo toccato il nuovo Tempio e vulnerato il “bene supremo” della libertà di stampa. Ma nessuno ha avuto il coraggio di sollevare il tema della reciprocità. Anzi, mi pare che si abbia paura a chiederla. E i giornali occidentali che oggi insorgono, sono gli stessi che parlano con molta parsimonia delle stragi di cristiani tuttora perpetrate in molti Paesi islamici, e che in passato hanno relegato in cronaca nera parecchi episodi di intolleranza ai danni dell’Occidente. Uno su tutti, l’assassinio in Olanda di Pym Fortuyn».

Mi permetta, presidente, ma di Fortuyn abbiamo scritto molto.

«Ma non si è capito fino in fondo il valore simbolico di quell’assassinio di un liberale che, fin dal 1997, scriveva già cose incredibilmente acute sui rischi del relativismo culturale della Vecchia Europa».

In ogni caso anche il Capo dello Stato Ciampi ha ribadito che bisogna rispettare le religioni.

«Dobbiamo certamente condannare chi offende la religione, qualunque essa sia. Il punto è che, con la stessa fermezza, dobbiamo condannare l’estremismo di certe autorità religiose che emettono una fatwa o minacciano di morte chi la pensa diversamente da loro. Mi rifaccio alle parole del Cardinal Sodano, in un’intervista a Repubblica del 15 ottobre 2004: “Come le comunità islamiche in Occidente hanno diritto ai loro luoghi di preghiera e alla libertà di culto, così i cristiani devono avere la stessa libertà in qualsiasi altra parte del mondo, compresi i Paesi islamici”. Questo è il principio intangibile, che la vicenda delle “vignette sataniche” oggi ci ripropone con forza».

Insomma, lei resta dell’idea che l’Occidente non sia attrezzato a reggere l’urto di questo «scontro di civiltà»?

«A me pare che la maggior parte dei politici europei abbia reagito al solito con parole di prudenza e timore, limitandosi a chiedere che siano combinate la libertà di espressione con il rispetto per il senso religioso dell’altro. Ma ancora una volta l’Europa è stata tremebonda, e ha nascosto la propria identità. Noi usiamo tolleranza e rispetto, ed anzi dovremmo usarne sempre di più. Ma a questo punto a me pare doveroso rivolgere una domanda ai nostri cittadini e immigrati islamici: poiché voi siete qui, noi dobbiamo accogliervi e rispettarvi, e voi dovete integrarvi. Noi non discutiamo la vostra religione, ma se voi volete integrarvi davvero, dovete fare in modo che la vostra religione non sia un ostacolo per voi e per noi. E perciò vi domando: quale immagine volete dare dell’Islam? Quella di una religione basata sull’amore e sulla fratellanza, oppure quella di una fede fondata sulla guerra santa e sulla vendetta?».

Giusta domanda. Anche se non si può certo negare che esista un Islam moderato.

«Per questo io rivolgo questo appello agli amici islamici: isolate e condannate i fondamentalisti, che interpretano la religione islamica nel secondo modo. Purtroppo, devo constatare che non lo stanno facendo a sufficienza. E in questo, i governanti europei continuano a non incalzarli come dovrebbero».

Ma lei non crede che a giustificare la prudenza dei governi europei contribuisca anche il timore di alimentare il terrorismo?

«Certo, mi rendo conto che dietro il “politicamente corretto” che domina l’Occidente c’è anche la paura del terrorismo. Ma io mi chiedo: fino a che punto dobbiamo continuare ad arretrare ogni volta? E poi: c’è un punto oltre il quale il nostro arretramento non diventa una resa? In altre parole: che noi non dobbiamo infiammare lo scontro di civiltà è saggezza politica, ma che dobbiamo ammainare sempre la bandiera dei nostri valori, questa non è lungimiranza politica».

Torniamo al punto di partenza: dobbiamo rassegnarci alla nefasta previsione di Samuel Huntington: Islam e Occidente sono «condannate» al conflitto.

«Obiettivamente c’è una situazione internazionale che preoccupa. Mi rifaccio alle parole usate da Papa Ratzinger con il corpo diplomatico: “Non a torto si dice che esiste uno scontro di civiltà”. L’interrogativo è: come evitarlo? La mia risposta, attingendo ancora alle parole di Benedetto XVI, è: con la verità sull’uomo. L’uomo ha dignità in sé, quale che sia la sua appartenenza. E soggetto di diritti proprio perché ha questa dignità dappertutto. Questa verità è l’antidoto migliore, contro lo scontro di civiltà».

Questo è un enunciato, presidente. Come si traduce in pratica?

«Predicando e praticando questa verità, prima di tutto nell’Occidente. Ma poi anche in ogni altro Paese del mondo, perché solo su questa, che è una verità universale, possono nascere la reciprocità, il rispetto, l’uguaglianza, la convivenza, la pace».

Per questo, in questi giorni, da Jean Daniel a Glucksmann c’è chi ricorda la lezione di Voltaire. Ma questo patrimonio culturale può funzionare per noi, molto meno per gli islamici, che considerano certi riferimenti «occidentalismi» inaccettabili.

«Non è solo Voltaire. È tutta la storia del nostro pensiero. È Pascal, è Locke, è Kant, e tanti altri. Questo è il nostro pantheon culturale. Questi sono i nostri valori di libertà e di uguaglianza tra gli uomini. Ma valgono per tutti, non solo per noi. Tra molte difficoltà, comprese guerre e massacri, questa verità noi l’abbiamo accettata e incorporata nelle nostre leggi. Altrove, come in molti Paesi islamici, purtroppo non è così. Ma non siamo noi a dover cedere alla paura, e a dover rinunciare alla nostra identità».

 

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