Sospendiamo i processi per il bene dello Stato
di Liana Milella
La Repubblica, 4 maggio 2003
LUCCA – Nello studio, accanto alla poltrona dove di solito legge, c’ è una pila di libri. Quello più in vista è un opuscolo fascicolato in blu e azzurro, il programma sulla giustizia di Forza Italia, che Marcello Pera scrisse a febbraio del 2001 quando tutti pensavano che potesse diventare Guardasigilli. «Ormai è una delle ultime copie. Era un progetto di riforma organico e innovatore. Purtroppo, dopo due anni, vedo che si è come scolorito e diluito. Per certo, è in ritardo». Il presidente del Senato non ha mai voluto lasciarsi intervistare sulla giustizia, pur ricordando spesso, e con malcelato rammarico, il «suo» programma. Ha deciso di farlo adesso, dopo le sentenze Previti e Andreotti, dopo la lettera di Berlusconi e il richiamo di Ciampi. In un momento di crisi istituzionale, Pera “sposa” la proposta Maccanico e la riassume così: «Non dico no alla giustizia e no al processo contro i vertici dello Stato. Dico sì alla giustizia e no al processo subito. Per me è prevalente il bene dello Stato: sospendiamo l’ azione penale, senza cancellarla ma soltanto rinviandola».Due processi che hanno dilaniato la politica sono arrivati a sentenza assieme. Previti condannato in primo grado a 11 anni. Andreotti assolto anche in appello. Non la colpisce la reazione così diversa nei confronti dei giudici?«Sì, ma non è una questione di estetica o di etichetta, è una questione politica. Con Andreotti è stato politicamente distrutto un sette volte presidente del Consiglio, è stata infamata la Dc, è stata compromessa l’ immagine dell’ Italia. Questi sono danni irreparabili. Non possiamo cavarcela invocando il bon ton o rallegrandoci dieci anni dopo che un giudice abbia buttato giù il castello di carta. La politica deve fare in modo che devastazioni così non si ripetano più».Ammetterà però che Previti si scalmanava già sabato, prim’ ancora che il tribunale entrasse in camera di consiglio. Non ha esagerato dopo la sentenza invocando l’ intervento del Parlamento e del ministro della Giustizia?«La decisione dei giudici è stata presa, e bisogna prenderne atto. Tuttavia non sono stati risolti dei dubbi fondamentali perché essa possa essere accettata con tranquillità».E cioè?«Perché Milano è competente? Cos’ è successo al bar Mandara? Perché dopo la scoperta di un’ intercettazione manipolata non sono stati presi dei provvedimenti? Come si è potuto rompere un Cd-Rom in una Procura della Repubblica? Perché un brogliaccio trascritto, frutto di voci origliate, fu considerato la registrazione di un colloquio? Perché certi verbali sono scomparsi o non sono mai stati esibiti?».Suvvia Presidente, questi sono stati i cavalli di battaglia della difesa durante il processo. E lei li definisce dubbi?«Lo sono, e allarmano l’ opinione pubblica. In futuro, nel corso del processo d’ appello, in un clima meno teso e in una sede più serena, tali quesiti dovranno trovare una risposta. Non è solo interesse di Previti che protesta la sua innocenza, è un diritto di tutti i cittadini, perché ne va di mezzo la credibilità della giustizia e la fiducia nei confronti della magistratura. Se lo scopo del processo è cercare la verità, la mia impressione è che la ricerca non sia ancora esaurita».E dunque avrebbe fatto bene il Cavaliere a definire «golpiste» le toghe?«Per Berlusconi vale la risposta del presidente Ciampi con tutte le conseguenze che ne discendono».Cosa consegue dal fatto che «bisogna rispettare le sentenze emesse dai giudici nel nome del popolo italiano»?«Se i giudici sono sottoposti solo alla legge possono sbagliare, quindi ci saranno i gradi successivi, e quindi per adesso Previti è un presunto colpevole. Le sentenze si debbono accettare, si possono commentare e criticare, però in termini rispettosi, abbassando i toni, ma senza fare gli ipocriti di fronte a ciò che accade».Non le pare che Berlusconi si sia sfogato abbastanza? La sua lettera è stata giudicata l’ eversivo inizio di una crisi istituzionale.«La lettera al “Foglio” ricostruiva una storia di dieci anni, dalle monetine contro Craxi ai clacson contro Previti. Altri hanno raccontato storie diverse, Violante quella del “doppio Stato”, Gherardo Colombo quella del patto scellerato durante la Bicamerale. In nessun paese europeo c’ è una situazione simile. La mia opinione è che non sia più tempo di ricostruzioni storiografiche, ma di misure legislative concrete. E sono anche deluso che i testimoni di questi anni non abbiano sentito il dovere di parlare e di dire cosa hanno visto. Troncare e sopire, per dirla con Manzoni, non è una cura, bensì il sintomo di una malattia».Ma nella “storia” di Berlusconi c’ erano anche gli insulti ai magistrati «golpisti e politicizzati». Ed era il capo del governo a fare la “sua” ricostruzione.«Avrei preferito toni diversi e il mio è un appello a che si usino parole pungenti sì, ma più sobrie. Soprattutto il presidente del Consiglio più che raccontare una storia ha il dovere di intervenire. Ci vogliono programmi e misure concrete. Non è più tempo di prediche, di accuse, di insinuazioni, è ora di interventi. Tanto più che Berlusconi non è solo il presidente del Consiglio, ma il prossimo presidente di turno della Ue».Non mi dirà che sta pensando anche lei al lodo Meccanico per fermare i processi dei cinque massimi vertici dello Stato?«Quella proposta, che prima di Maccanico aveva già fatto l’ ex vicepresidente del Csm Giovanni Verde, ha un fondamento molto serio. Quando si elegge il vertice di uno Stato lo si fa con una doppia presunzione: che la persona sia estranea a fatti di reato e che abbia piena idoneità a rappresentare lo Stato durante il mandato. Se dopo il voto si scopre che un fatto da lui commesso potrebbe costituire reato, a quel punto il bene-Stato deve prevalere non tanto sul bene-giustizia, quanto sul bene-processo immediato. Perché il discredito di un imputato al vertice dello Stato, e che magari (come nel caso di Andreotti) si rivela infondato dopo il processo, ricade non solo sulla persona, ma anche sulla sua funzione. E quindi sullo Stato».Il ragionamento varrebbe anche per Berlusconi imputato ancor prima di essere eletto premier?«Nel suo caso il processo non solo discredita la figura del presidente del Consiglio, ma anche la sua immagine internazionale, particolarmente delicata in questo momento. A mio avviso c’ è più di una giustificazione per sospendere il processo, con i tempi di prescrizione bloccati s’ intende, rinviandolo a quando la funzione istituzionale sarà cessata».Ma se l’ obiettivo era quello di fermare i processi, perché per due anni Forza Italia ha armeggiato intorno a leggi aggiusta-processi come le rogatorie, il falso il bilancio, la Cirami?«E’ stato un errore non intervenire subito. Andava fatto nel programma dei primi cento giorni. O almeno quando Maccanico lo ha proposto. Ma poiché la questione è fondata e i danni alle istituzioni oggi sarebbero più gravi di ieri, si può intervenire anche adesso dedicandosi poi alla giustizia e alla riforme senza i soliti sospetti incrociati».Secondo alcuni la Maccanico non si è fatta perché molti, a cominciare da Previti, volevano ripristinare l’immunità per tutti i parlamentari.«Ma è chiaro che il problema esiste dal ‘ 93. Nel 1948 i padri costituenti avevano garantito un equilibrio tra i due poteri, il Parlamento con l’ autorizzazione a procedere, la Magistratura con l’ autonomia e l’ obbligatorietà dell’ azione penale. Dieci anni fa un potere ha ridotto le sue garanzie, l’ altro ha rafforzato il suo, tant’ è che oggi i magistrati parlano di se stessi come di un “potere diffuso”. L’ equilibrio della Costituzione si è rotto perché adesso un potere è più forte dell’ altro. C’ è il peso, manca il contrappeso».E bisogna ripristinare l’ immunità che cozza contro il principio della legge uguale per tutti?«Questo dopo. Bisogna tornare alla Costituzione che fissava delle guarentigie, ma con un’ovvia avvertenza: le autoassoluzioni sistematiche dei parlamentari in aula sono tanto indigeribili quanto quelle dei magistrati al Csm. Io dico immunità, non impunità».In vista della sentenza Sme che vede imputato Berlusconi un simile passo indietro non suona come uno stop ai giudici?«E’ un passo tardivo, ma le ragioni che lo motivano sono obiettive. Qui non è in ballo Berlusconi come persona, ma la funzione che rappresenta. Dovrebbe essere interesse di tutti i cittadini che le funzioni possano essere esercitate nel pieno della legittimità».Di tutti i cittadini? Sarà interesse di quelli che votano per la Cdl.«Ma se una proposta come quella della non procedibilità processuale per i vertici viene da Maccanico, vuol dire che non è solo la Cdl a essere sensibile al problema. Il fatto che, a fine mandato, questo governo sia giudicato anche su queste misure è interesse di tutti, a cominciare dall’opposizione».Che tempi prevede? E soprattutto: Maccanico chiedeva garanzie per l’opposizione sulla giustizia. Sono possibili in un clima di scontro come quello attuale?«Il tema delle immunità è da ripensare con calma, in un momento di serenità. Sarebbe auspicabile una sessione parlamentare straordinaria sulla giustizia, e non certo sulla sola immunità».Tra mercoledì e giovedì il dibattito sull’ articolo 68 approda al Senato. Si preannuncia un clima tipo Cirami. Lei sta già mettendo avanti le mani?«Ho i miei convincimenti, ma rispetterò il mio ruolo. Il problema c’è, l’ urgenza pure. Decideranno le forze politiche e il governo. E dovranno farlo con spirito di dialogo con l’opposizione ».Ci sono stati dei contatti con Ciampi?«Il presidente della Repubblica è giustamente preoccupato. E chi, come lui, ha il senso dello Stato dovrebbe riflettere su quelle preoccupazioni».Una volta “sacrificato” il processo a Berlusconi (si vedrà con quali prezzi rispetto all’ opinione pubblica), o «ristabilito un equilibrio tra poteri» come dice lei, la magistratura potrà stare tranquilla?«Non solo la magistratura, ma anche la politica, perché si tornerà finalmente a parlare delle carenze e delle disfunzioni della giustizia che interessano tutti i cittadini. Il governo aveva in mano un programma innovatore, organico, né vendicativo, né punitivo. Deve riprenderlo. Posso testimoniare che il progetto non piaceva a tutti, ma molti magistrati lo apprezzavano perché era articolato e coerente».La colpa non è di chi ha preferito fare le leggine aggiusta-processi?«La maggioranza si è attardata su provvedimenti emergenziali. La legge sulle rogatorie e la Cirami hanno introdotto comunque garanzie che sono un bene per tutti, ma se lo scopo era risolvere i problemi giudiziari, quelli sono stati interventi sbagliati perché era meglio fare subito la Maccanico. L’ impressione è che il governo non abbia saputo difendere il programma per eccesso di timidezza o per poca convinzione, o forse per scarsa coesione della maggioranza. Ci sono state anche responsabilità della magistratura che non ha avuto il coraggio di confrontarsi, non si è voluta fidare e, se era il caso, anche collaborare. Più volte si è chiusa a testuggine, come ai tempi della Bicamerale».Lei adesso cosa proporrebbe di fare?«Come ho detto più volte a Ciampi, bisognerebbe ritrovare il clima che, nella scorsa legislatura, ci ha portato a fare riforme bipartisan. Penso soprattutto al giusto processo, ma anche alle leggi sui pentiti e sulle investigazioni difensive. C’erano anche allora controversie, ma si trovarono gli interlocutori. Adesso bisogna ripensare l’ordinamento giudiziario, perché le anomalie con gli altri paesi europei sono troppo evidenti ed è urgente porre mano al codice di procedura penale».Nei ritardi sulla giustizia il Guardasigilli Castelli ha delle responsabilità?«Su di lui è caduta un’eredità spaventosa, ha scontato l’obiettiva difficoltà del ruolo. Però non serve mettere in croce Castelli che è persona seria e ragionevole. Serve che il governo venga in aula e parli con l’opposizione. E serve che la magistratura faccia uno sforzo per confrontarsi seriamente. Solo così le riforme si possono fare».