Interventi

Promemoria al capezzale delle Istituzioni

22 Gennaio 2009

Pubblico qui – per richiamare l’attenzione degli interessati al buon funzionamento delle istituzioni – il resoconto della discussione in Aula del Senato del 21 gennaio 2009 su un emendamento presentato dal senatore Luigi Zanda ad un articolo sul disegno di legge sul federalismo.

La sostanza della questione è semplice. Quando si nomina una qualunque commissione parlamentare, si deve rispettare il principio di proporzionalità fra i gruppi. Non c’è ombra di dubbio. Ma che cosa accade quando un parlamentare in una commissione si sposta da un gruppo ad un altro e la proporzionalità si altera? Il gruppo di originaria appartenenza sostituisce il parlamentare fuoriuscito e quello di confluenza, se sovrarappresentato, lo toglie.

Sembra che non ci sia dubbio neppure in questo caso. Ma “sembra” soltanto. Per capirlo, si consideri il caso in cui non sia il parlamentare a fuoriuscire ma il suo capogruppo o il segretario del suo partito ad espellerlo, magari perchè non risponde agli ordini. Il senatore Zanda ha proposto, e il Senato approvato, che il senatore espulso dal gruppo o dal partito sia espulso anche dalla commissione. E se poi non ci si riesce, il senatore Zanda ha accolto e il Senato accettato, l’idea che, in tal caso estremo, si possa … espellere l’intera commissione, per averne una più docile. 

Così si è affermato il principio che un partito conta più del Parlamento. E perciò si è violata la Costituzione. Forse sulla base di un altro principio: che una violazione all’unanimità, o “bipartisan” come si dice oggi, non è una violazione. 

Legislatura 16¦ordm; – Aula – Resoconto stenografico della seduta n. 129 del 21/01/2009 

Ripresa della discussione dei disegni di legge 
nn. 1117, 316 e 1253 

PRESIDENTE. Passiamo alla votazione dell’emendamento 3.500 (testo 2). 
PERA (PdL). Domando di parlare per dichiarazione di voto. 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. 

PERA (PdL). Signor Presidente, se non ho capito male, l’effetto dell’emendamento del collega Zanda sarebbe il seguente: se la composizione dei Gruppi presenti nella Commissione bicamerale dovesse cambiare, se qualcuno dovesse spostarsi da un Gruppo ad un altro oppure se un segretario di partito decidesse di espellere dal proprio partito un commissario, si dovrebbe tornare alla situazione originaria prevista dalla prima composizione. 
Vorrei porre alla sua attenzione, visto che lei ha fatto una glossa positiva all’emendamento del collega Zanda, cioè che si tratta di evitare casi… 

PRESIDENTE. Ho richiamato, in maniera abbastanza cortese, l’attualità di una analoga vicenda. 

PERA (PdL). Esattamente. Analoga vicenda è stata risolta. 

PRESIDENTE. Non mi sono espresso, nè positivamente nè negativamente. 

PERA (PdL). In proposito, ho solo una perplessità, che credo non verrà risolta, cioè se in questo modo, dando la possibilità ai Presidenti dei Gruppi o ai capi di partito di modificare o alterare le loro rappresentanze rispetto ad un voto del Parlamento, non si venga a precostituire una sovranità dei Gruppi parlamentari o, peggio ancora, dei partiti, sul Parlamento, come se la volontà originaria del Parlamento non contasse. (Applausi dei senatori Perduca, Longo e Baldassarri). Non desideravo applausi, ma soltanto porre un problema, perchè mi pare ce ne sia uno, per cui se le indicazioni del Parlamento, che sono nominative, non piacessero più, in una data successiva, a questo o a quel Presidente di Gruppo parlamentare o a questo o a quel segretario di partito, la volontà del Parlamento, liberamente e formalmente espressa, decadrebbe e prevarrebbe la volontà del giudizio politico. 
Mi chiedo, forse sono l’unico a farlo, se questo non sia un altro dei tanti casi cui assistiamo in questi ultimi anni di una diminuzione del valore e della funzione, non voglio dire del prestigio, del Parlamento, come se questo non fosse un organo costituzionale e, invece, fosse più importante e certamente prevalente l’organo politico che è estraneo al Parlamento medesimo. (Applausi dei senatori Perduca, Baldassarri e Valentino). 
PERDUCA (PD). Domando di parlare. 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. 

PERDUCA (PD). Signor Presidente, lei, interrompendo il presidente Pera, ha parlato di caso di analoga attualità. Credo che a questo punto si dovrebbero sospendere i lavori e analizzare quale sia questa analoga attualità, perchè c’è qualcosa di assolutamente intollerabile in questa vicenda. Se poi al presidente Pera non piacciono i miei applausi, dico subito che la questione non è personale, io infatti applaudivo perchè lui poneva un problema politico di fondamentale importanza, cioè la devoluzione totale ai partiti della gestione del lavoro parlamentare. 
Lei chiosando quanto stava cercando di dire il presidente Pera in quel momento ha parlato di analoga attualità. Qual è questa ¦laquo;analoga attualità¦raquo;? 
ZANDA (PD). Domando di parlare per dichiarazione di voto. 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. 

ZANDA (PD). Signor Presidente, interloquendo con il presidente Pera, che essendo stato presidente dell’Aula del Senato per un’intera legislatura ben conosce la questione, vorrei osservare che, in base al Regolamento del Senato, l’organizzazione delle Commissioni parlamentari si esplicita secondo una regola sovrana della nostra democrazia, vale a dire sono i Gruppi parlamentari che indicano i senatori che partecipano alle Commissioni e tali indicazioni devono essere perfettamente aderenti alla proporzione della forza politica e di ciascuno Gruppo. L’unica eccezione esplicita a questo criterio è rappresentata dalla Giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari, e se ne capisce la ragione. Trattandosi di un collegio giudicante, una volta che si entra a farne parte non se ne può uscire; non soltanto non sono più i Gruppi che possono provvedere alla sostituzione dei senatori che ne fanno parte, ma gli stessi componenti non si possono dimettere. In tutti gli altri casi, ciò avviene frequentemente. 
Ora cosa accade, ed è un fenomeno che io non considero in modo negativo dal punto di vista proprio dell’ordinato svolgimento dei lavori e degli equilibri politici che sono necessari e costituiscono la natura della nostra attività di parlamentari, il cambio ipotizzato dal presidente Pera a seguito dell’espulsione da parte di un segretario di partito rappresenta un caso di assoluta eccezionalità. I casi ai quali vorrei, invece, fare riferimento sono viceversa riferibili ad un cambio di partito da parte di singoli parlamentari, con ciò determinandosi spesso un’alterazione, con effetti decisivi, negli equilibri tra maggioranza e minoranza, come si è verificato nella passata legislatura. Credo che ciò non abbia nulla a che vedere con la prescrizione della Costituzione che dà a ciascuno di noi doverosamente – e personalmente ne sono uno strenuo difensore – l’assoluta libertà di mandato, che si estrinseca proprio nel modo in cui sta accadendo ora, vale a dire io in questo momento parlo all’Aula nella più assoluta libertà di mandato. Ma questo non ha nulla a che vedere con la previsione del nostro Regolamento (Regolamento del Senato che il presidente Pera ha fatto osservare per un’intera legislatura con scrupolo, egliene do atto volentieri, è una qualità della sua Presidenza che io gli riconosco), in base alla quale la rappresentanza in Commissione è in proporzione alla forza di ciascun Gruppo. 
Io credo che questa regola, a garanzia di un equilibrio politico, non possa esaurirsi nella fase della costituzione delle Commissioni e che tale proporzione debba essere garantita per l’intero arco della legislatura. 
Di questo solo si tratta e certamente non della volontà di attribuire gerarchie o di influenzare i singoli parlamentari. Esiste una gerarchia di regole rispetto alla quale ritengo che quella della proporzione debba prevalere. (Applausi dal Gruppo PD). 
D’ALIA (UDC-SVP-Aut). Domando di parlare per dichiarazione di voto. 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. 

D’ALIA (UDC-SVP-Aut). Signor Presidente, comprendo lo spirito dell’emendamento proposto dal senatore Zanda, ma annuncio il nostro voto contrario, non solo per le ragioni che molto correttamente ed opportunamente ha sollevato il presidente Pera in Aula, ma anche per altre due ragioni che mi permetto di sottoporre all’attenzione dei colleghi. 
La prima è che l’Aula sta esaminando una serie di proposte di modifica regolamentare. Poichè la questione del rispetto del rapporto proporzionale, che comprendo, riguarda tutte le Commissioni, sia bicamerali che monocamerali, credo che il tema debba essere esaminato ed approfondito con un rilievo di carattere generale e in una sede propria, cioè quella della modifica dei Regolamenti parlamentari. 
Lei, signor Presidente, molto opportunamente ha convocato la Giunta per il Regolamento; c’è una discussione in corso e ci sono due relatori, uno di maggioranza e uno di opposizione che si occupano del tema, fra cui il collega Zanda. Credo che quella sia la sede per affrontare nel migliore dei modi tale problema. 
La questione controversa riguarda il rispetto del principio di proporzionalità. Nelle Commissioni permanenti è scontato che, se un collega cambia Gruppo, decade e viene sostituito (almeno alla Camera è così, e qui al Senato, se non ricordo male, è pressappoco la stessa cosa; se così non è, a maggior ragione va modificato il Regolamento, collega Zanda). Diverso è il caso delle Commissioni bicamerali: si presume che queste ultime normalmente e fisiologicamente abbiano poteri d’inchiesta, di indagine, di acquisizione, di accertamento, per cui c’è la necessità che la legittima esigenza della proporzionalità sia contemperata con l’altra esigenza costituzionalmente garantita, che è quella del divieto di mandato imperativo. Credo che la sede per dirimere la questione sia quella della Giunta. 
La seconda ragione, che non è certamente nelle intenzioni del collega Zanda, ma può essere attribuita all’intenzione di qualcun altro, è che a noi non piacciono le vendette postume. 
CECCANTI (PD). Domando di parlare. 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. 

CECCANTI (PD). Signor Presidente, vorrei che non dessimo per scontata, al di là della motivazione di merito su questo singolo caso, l’interpretazione costituzionale che ha proposto il presidente Pera, perchè nella nostra Costituzione, come nelle Costituzioni coeve, c’è una tensione tra due princìpi: da una parte vi è l’articolo 67, il divieto di mandato imperativo che ci deriva dagli Stati liberali presuffragio universale, che noi abbiamo giustamente mantenuto; dall’altra, vi è la linea di princìpi che va dall’articolo 1, che afferma nettamente la sovranità popolare, all’articolo 49, per cui i cittadini, attraverso i partiti, determinano la politica nazionale. 
I suddetti due principi sono in tensione tra loro e noi dobbiamo, volta a volta, decidere se ci pare più opportuna un’interpretazione che parte dagli articoli 1 e 49, che richiede quindi una costante fotografia dell’Aula nelle Commissioni, per cui l’articolo 67 è solo recessivo e riguarda il diritto del parlamentare a non decadere dall’Aula; diversamente, se partiamo dall’articolo 67, riteniamo dominante detto articolo e recessivi gli articoli 1 e 49. Vi sono dunque interpretazioni costituzionali che si fronteggiano. Personalmente sono per il primato della linea che parte dagli articoli 1 e 49, e che considera l’articolo 67 recessivo, però non si può dare per univocamente pacifica anche l’interpretazione opposta. 
Non credo che si possa rinviare la questione alla riforma del Regolamento, perchè il Regolamento riguarda solo le Commissioni monocamerali. Qui siamo in presenza dell’istituzione di una Commissione bicamerale ad hoc, quindi in questo caso dobbiamo decidere quale delle due linee meglio si adatta a tale Commissione bicamerale. Si può essere d’accordo – e io lo sono – o contrari, ma non vorrei che chi è contrario desse per scontata anche una incostituzionalità, perchè in questo caso si andrebbe un po’ oltre. (Applausi dal Gruppo PD). 
COMPAGNA (PdL). Domando di parlare. 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. 

COMPAGNA (PdL). Signor Presidente, penso che quest’Aula debba essere grata al riferimento implicito al caso di attualità, fatto da lei con grande eleganza, e alla preoccupazione espressa nella sua scia da parte del senatore Pera. Ho l’impressione, infatti, che lo stesso proponente dell’emendamento in esame, il senatore Zanda, adesso che lo ha ulteriormente argomentato, non abbia risolto un’opacità interpretativa che proprio la sua specificazione introduceva. 
Si dice nell’emendamento che la composizione della Commissione deve in ogni momento rispecchiare la proporzione dei Gruppi parlamentari. A che cosa ci si riferisce? Alla proporzione di inizio legislatura? In tal caso, è chiaro che la norma è troppo hard, perchè una democrazia parlamentare che presuppone il riferimento proporzionale fra i Gruppi al principio della legislatura è troppo rigida e fa troppa pressione sull’articolo 67. 
Se invece il riferimento dell’emendamento Zanda ha la caratteristica di attraversare, per così dire, il tempo, finisce per dare un eccessivo rilievo alla dialettica ed alla composizione all’interno dei Gruppi. 
Pertanto, l’argomento di buon senso proposto dal senatore D’Alia ha il limite formale che si rischia di non abbracciare le Commissioni bicamerali; ciò nonostante, le preoccupazioni che sono state espresse mi portano a ritenere che, se non viene fatta un’ulteriore precisazione, questo testo finirà per creare alle Presidenze delle Camere infinitamente più problemi di quelli che pretende di risolvere in questa sede, il che sarebbe ingeneroso rispetto all’oggetto della legge e rispetto all’ambito dei lavori della nascenda Commissione. 
A mio parere, sarebbe addirittura il caso di limitarsi alle parole ¦laquo;dal Presidente del Senato della Repubblica e dal Presidente della Camera dei deputati¦raquo;, eliminando le parole ¦laquo;su designazione dei Gruppi parlamentari¦raquo;, proprio per rispettare le obiezioni tecnicistiche del senatore Ceccanti alle considerazioni, che ho definito poc’anzi di buon senso, del senatore D’Alia. 
QUAGLIARIELLO (PdL). Domando di parlare. 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. 

QUAGLIARIELLO (PdL). Signor Presidente, il collega di Gruppo Compagna ha anticipato, di fatto, la sostanza del mio intervento. Volevo, infatti, chiedere al senatore Zanda di lasciare la designazione dei componenti ai Presidenti delle Camere, senza far riferimento ai Gruppi. In tal modo la sostanza andrebbe esattamente nel senso di cui diceva il senatore Ceccanti e avremmo anche un maggior rispetto formale dei principi propri del parlamentarismo e della libertà dei singoli parlamentari. 
Basterebbe eliminare dal testo dell’emendamento l’espressione ¦laquo;su designazione dei gruppi parlamentari¦raquo; per migliorarne il senso. 

ZANDA (PD). Come dovrebbe essere? 
AZZOLLINI, relatore. Domando di parlare. 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. 

AZZOLLINI, relatore. Senatore Zanda, credo di aver compreso quanto intendono i colleghi. Il senatore Compagna le propone di eliminare dal testo dell’emendamento soltanto le parole ¦laquo;su designazione dei gruppi parlamentari¦raquo;; per il resto l’emendamento rimarrebbe inalterato. 
PRESIDENTE. Quindi, sostanzialmente, senatore Zanda, resta salvo il principio della sua proposta e viene delegata ai Presidenti la composizione, sempre nel rispetto del principio di proporzionalità fra maggioranza e opposizione. 
ZANDA (PD). Signor Presidente, poichè si stanno confrontando due posizioni, vorrei che la cosa avvenisse con molta chiarezza. Se ho capito bene, la versione che suggerisce il senatore Quagliariello elimina l’inciso ¦laquo;su designazione dei gruppi parlamentari¦raquo;, ma lascia intatta l’ultima frase che recita: ¦laquo;la composizione della Commissione deve rispecchiare la proporzione dei gruppi parlamentari anche dopo la sua costituzione¦raquo;. Se questa parte del testo rimane intatta, accetto la proposta di modifica. 
PRESIDENTE. Senatore Zanda, il senso era questo: devolvere ai Presidenti di Camera e Senato la nomina dei componenti, ma nel rispetto sia iniziale che dinamico del rapporto tra maggioranza e opposizione. 
Invito il relatore e il rappresentante del Governo a pronunciarsi sulla riformulazione dell’emendamento Zanda. 
AZZOLLINI, relatore. Parere favorevole. 
CALDEROLI, ministro per la semplificazione normativa. Esprimo anch’io parere favorevole. 
PERA (PdL). Domando di parlare. 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. 

PERA (PdL). Signor Presidente, qualche tempo fa, una norma come quella che viene approvata adesso sarebbe stata definita partitocratica; oggi invece si definisce bipartisan. La sostanza non è cambiata nemmeno con l’ultima correzione che salva il principio voluto dal senatore Zanda perchè tale principio, che qui viene accolto in maniera bipartisan, prevede che la volontà di un Presidente di Gruppo parlamentare o di un Segretario di partito politico prevalga sulla volontà istituzionale del Parlamento. 
Quindi, la questione non è il rispetto delle proporzioni tra i Gruppi, perchè è evidente che devono essere rispettate, ma capire che cosa accade, ad esempio, nel caso in cui un rappresentante nominato in una Commissione non solo cambi partito, ma esprima delle opinioni non gradite al Capogruppo o al Segretario del suo partito che lo espelle. In tal caso, appunto, bisogna capire se la volontà politica del Segretario, che ha portato all’espulsione, debba prevalere sulla volontà istituzionale del Parlamento. Questo è il principio che viene statuito dall’emendamento Zanda. Il senatore Zanda vuole questo per evitare la replica di quella che lei ha chiamato la giurisprudenza recentissima e che io definirei calda e caldissima. 
Vorrei far osservare, signor Presidente, che se si viola la Costituzione, la circostanza che essa venga violata in modo bipartisan non elimina il fatto che si consumi una violazione. Quello che stiamo facendo qui oggi è una violazione della Costituzione. (Applausi dal Gruppo UDC-SVP-Aut). 

FINOCCHIARO (PD). Domando di parlare. 

PRESIDENTE. Ne ha facoltà. 

FINOCCHIARO (PD). Le confesso, Presidente, che nonostante l’autorevolezza degli interventi del presidente Pera, io non comprendo dove verrebbe violata la volontà istituzionale del Parlamento. Accade continuamente che ci siano voti in dissenso da parte di parlamentari che appartengono a ciascun Gruppo, e ce ne saranno su questo provvedimento. Ciò appartiene alla naturalità dell’esercizio della funzione parlamentare che nessun Gruppo parlamentare ha mai sconfessato, adeguando anzi i propri regolamenti interni – alcuni dei quali particolarissimamente liberali come quello del Gruppo del PD (ma ci saranno identiche prescrizioni anche nei regolamenti degli altri Gruppi) – e non è mai accaduto niente di preoccupante. 
Dirò di più: nel momento in cui la Commissione viene composta, come tutte le altre, attraverso l’indicazione dei Gruppi di appartenenza, con la nomina, in questo caso, da parte dei Presidenti di Camera e di Senato – peraltro in un organismo di garanzia in cui il rispetto della proporzionalità nella composizione assume un valore forse più alto di quanto non accada nelle Commissioni permanenti – non vi è possibilità di dissociazione, ovviamente, che venga contemplata nei regolamenti come causa di espulsione. Ci potrebbero essere comportamenti che si pongono gravemente in dissenso rispetto ai singoli regolamenti e, in tal caso, i Gruppi parlamentari e i partiti di appartenenza decideranno, ipotesi peraltro del tutto eccezionale, mentre ipotesi assolutamente ordinaria, come abbiamo visto anche nella scorsa e nelle precedenti Legislature, è quella che un parlamentare, designato da un partito, cambi partito e Gruppo parlamentare. 
L’unico valore istituzionale da garantire, a questo punto, è che la proporzione nella rappresentanza dei Gruppi venga mantenuta inalterata dall’inizio alla fine del funzionamento dell’organo, tanto è vero che le Giunte del Regolamento di Camera e Senato si sono più volte interrogate su questo punto, decidendo in tal senso. 
Io chiedo scusa se non sono stata in grado di comprendere le argomentazioni del professor Pera, forse per un difetto mio di comprensione, ma francamente non capisco come l’emendamento prospettato dal senatore Zanda possa porsi in violazione piuttosto che in affermazione dei principi che devono governare il funzionamento delle Commissioni parlamentari: la libertà di esercizio della funzione parlamentare e, ovviamente, l’autonomia del Parlamento medesimo dai partiti. (Applausi dal Gruppo PD).

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