Interventi

Una Costituzione contro l’Italia

In quale paese del mondo un Presidente della Repubblica riceve in un sol giorno più di venti “delegazioni” per indicare il capo di un governo di cui non avrà poi alcuna responsabilità? E il giorno dopo i resti dei partiti cosiddetti “maggiori”, divisi anch’essi in venti e in lotta con i rispettivi alleati? Quale altro paese si trova senza una legge elettorale alla vigilia di una votazione? Dove accade che una corte costituzionale decida di deliberare qual è la legge elettorale più adatta? E decida su una legge elettorale che è stata approvata ma mai applicata?

Da nessuna parte. Aberrazioni come queste accadono solo da noi. Aggiungete che questo paese pensa ora di dotarsi di una legge elettorale proporzionale, e magari con le preferenze, che è per definizione incapace di esprimere una maggioranza di governo in presenza di un sistema politico parcellizzato, e vedrete che la nostra Costituzione è il primo ostacolo alla governabilità, alla stabilità dell’amministrazione, alla trasparenza politica, all’efficienza democratica. Avevamo detto che, se avesse vinto il No al referendum, tutte queste mostruosità si sarebbero verificate. Ha vinto il No, e ora siamo in mezzo alla palude. Con poche speranze di uscirne, perché le urne potrebbero non essere decisive.

Di riforma della Costituzione ora non si parlerà più. Di rimuovere quel blocco storico politico-culturale che la produsse e che è ancora la palla al piede che impedisce all’Italia di essere un paese come tutti gli altri in Occidente non si vorrà più discutere. La vittoria del No viene interpretata come se gli Italiani conoscessero la loro costituzione, la apprezzassero, e la considerassero come uno scudo contro le avventure. È vero il contrario. La Costituzione italiana è contro l’Italia. Fu per questo che presentammo un disegno di legge su una nuova Assemblea costituente. Ora bisognerà pure che qualcuno resti vivo a dirlo, e a tenere accesa una fiamma anche piccola per far luce sulla radice dei nostri problemi maggiori. Almeno una testimonianza liberale, tra tante “delegazioni”, ci vuole.

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