Interviste

Intervista su “Il Gazzettino”

«Altro che voto deciso dal governo, il rischio è lo stallo e una minoranza di blocco»

Professor Marcello Pera, lei è stato senatore per Forza Italia e presidente del Senato. Le piace la riforma Renzi?
Contiene delle cose importanti, come l’abolizione del voto di fiducia del senato. L’Italia è il solo Paese in cui la fiducia si vota in entrambe le Camere.
Ma la Costituzione non dovrebbe essere affare del Parlamento, di liberi parlamentari? Il governo ne stia fuori, raccomandava Piero Calamandrei. Invece questa riforma è un ddl del governo e Renzi è ogni giorno in tivù a sostenerla…
Il governo si è intestato questa riforma: forse è inopportuno ma non illegittimo. E poi la riforma è nata col patto del Nazareno, solo strada facendo ha perso la natura di accordo tra maggioranza e opposizione.
Nel referendum sulla Devolution, il quesito era onesto: Approvate il disegno di legge concernente modifiche alla II parte della Costituzione? Il quesito sulla riforma Renzi non è invece suggestivo, pura propaganda?
Sì, il quesito è suggestivo, la diminuzione dei costi della politica è suggestiva. Però quello era il titolo del disegno di legge, che poteva tranquillamente essere cambiato in Parlamento. Anche il quesito della Devolution era il titolo del disegno di legge, solo che il titolo era diverso. Se Calderoli, invece di presentare 80 milioni di emendamenti col computer ne avesse presentato uno pensato con la testa, forse oggi sulla scheda avremmo un quesito meno propagandistico. Ma io penso che nessun elettore si farà ingannare».
Le precedenti riforme incamminavano il Paese sulla via del federalismo. Renzi fa un dietrofront clamoroso, riporta tutto a Roma.
È vero, ma c’erano troppe competenze concorrenti, erano troppo oscuri i poteri delle Regioni, c’era un contenzioso enorme, 1900 sentenze della Consulta…
Non bastava applicare la costituzione D’Alema, sciogliere le competenze concorrenti affidandole gradualmente alle Regioni?
No, si sarebbero create venti repubbliche. Nemmeno la Lega è più federalista, è un partito nazionale lepenista. Il federalismo è passato.
Ed è un bene?
Penso di sì. Ci sono tante materie, energia, grandi infrastrutture, che è impossibile non lasciare a uno Stato piccoletto come il nostro. Non possiamo pensare alla Repubblica Veneta, capisco che il suo cuore di veneto sanguina, ma aver riportato al centro molte competenze secondo me è giusto.
La riforma Renzi allarga le differenze tra Regioni ordinarie e speciali, spogliando le prime e potenziando le seconde. Non era invece tempo di fare una riforma che colmasse il solco tra Regioni ordinarie e speciali?
Concordo. Quelli delle regioni speciali sono vantaggi ingiustificati. Ma la cosa giusta non è di far diventare speciali le regioni ordinarie, ma ordinarie le speciali. Purtroppo le speciali si sono salvate perché al governo mancavano pochi voti.
Con questa riforma l’elezione del presidente della Repubblica non richiede più la maggioranza assoluta, basta il voto di tre quinti dei votanti. Cinque voti, tre a favore…
Io vedo il problema opposto. Non sarà affatto più facile eleggere il presidente. Con questa riforma una minoranza di blocco, votando no, può impedire di raggiungere i tre quinti a favore e quindi impedire l’elezione del presidente.
Quindi non condivide l’accusa di autoritarismo.
È infondata, nessun articolo rafforza i poteri del premier, come sarebbe utile. Anche con la riforma Renzi il governo resta alla mercè di qualche franco tiratore: accade solo in Italia.
Persino Berlusconi dice che il rischio è una deriva autoritaria.
È un’obiezione che va contro la storia di Forza Italia. Berlusconi si sta comportando in maniera poco responsabile nei confronti del Paese. Come i leghisti, del resto. Né m’interessa se vince D’Alema o Renzi. M’interessa la riforma, è trent’anni che ne parliamo. Io da Berlusconi mi sento tradito.

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