Dicono di me

Articolo su “Il Tempo”

24 Novembre 2008

di Rodolfo Lorenzoni 



Il mondo andrà inevitabilmente in rovina, se prevarrà l’egoismo e gli uomini continueranno a pensare soltanto ai propri interessi. Benedetto XVI prende spunto dalle parole del vangelo di Matteo, e nell’Angelus di ieri traccia un quadro a tinte fosche per l’avvenire di un’umanità dedita soltanto a perseguire il vantaggio personale del singolo nell’indifferenza per il prossimo. 





Il messaggio evangelico riproposto dal Pontefice è inequivocabile: nel giudizio finale Dio considererà la nostra generosità nei confronti dei più poveri e degli ultimi. E se questa disponibilità sarà stata insufficiente verremo puniti. Ma il castigo opererà storicamente anche su questa Terra perchè, ammonisce il Papa, «se ciascuno pensa ai suo interessi il mondo stesso non può che andare in rovina». 

L’Angelus di Benedetto è dedicato all’illustrazione del Giudizio Universale, qual momento supremo che nel Vangelo è descritto attraverso immagini toccanti e intense, che non lasciano dubbi riguardo la severità della valutazione divina. «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto.Questa pagina fa parte della nostra civiltà, ha segnato la storia dei popoli di cultura cristiana, la gerarchia di valori, le istituzioni, le molteplici opere benefiche e sociali», spiega il Papa. Tale semplice comandamento di altruismo non può essere ignorato, visto che «il regno di Dio non è una questione di onori e di apparenze e l’Altissimo non sa che farsene di quelle forme ipocrite di chi dice “Signore, Signore” e poi trascura i suoi comandamenti». 

Un appello contro la fede farisaica e a favore dell’azione concreta. Le opere, in un corretto cammino di fede, devono sempre affiancarsi alla preghiera, poichè «realizzare il regno di Dio in mezzo a noi significa mettere in pratica l’amore di Dio per il nostro prossimo». Nel giudizio finale, poi, il Signore accoglierà nel suo regno eterno solo quanti si sforzano giorno per giorno di mettere in pratica la sua Parola. Questa dunque, per Benedetto e per la dottrina della Chiesa, è la verità sul nostro destino ultimo e sul principale criterio con cui saremo valutati: la generosità concreta verso gli ultimi e gli svantaggiati, l’impegno quotidiano in favore degli umili. 

Il Papa, in una lettera all’ex presidente del Senato Marcello Pera, si è infine soffermato sui temi del rapporto tra le diverse religioni. Secondo Benedetto un dialogo interreligioso in senso stretto non è possibile, mentre è realizzabile e auspicabile un dialogo di carattere eminentemente culturale. Su un piano che escluda la teologia e le rispettive fedi «una mutua correzione e un vicendevole arricchimento sono possibili e necessari». Ma poi, scrive il Pontefice, le differenze tra i fondamenti delle varie confessioni sono e restano ineliminabili: su di essi, se non si vuole mettere fra parentesi la propria fede, un vero dialogo non è quindi possibile. In proposito è nota la diffidenza di Benedetto XVI per quelle confuse manifestazioni di ecumenismo cui talvolta si lasciano andare alcune componenti della comunità dei fedeli; una diffidenza che Ratzinger espresse anche da cardinale e che oggi ribadisce con immutato vigore. Lo stesso liberalismo, peraltro, secondo Benedetto è legato alle sue radici squisitamente cristiane, le quali perciò non devono mai essere smarrite o annacquate. «All’essenza del liberalismo – osserva in proposito il Papa – appartiene il suo radicamento nell’immagine cristiana di Dio, e il liberalismo perde la sua base e distrugge se stesso se abbandona questo suo fondamento».

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