12 Maggio 2007
di Pierandrea Vanni
Dietro la mobilitazione all’insegna del Family Day ci sono anche la nostalgia per un grande partito cattolico e il tentativo di rifarlo?
«Direi proprio che non c’è la richiesta di un nuovo partito cattolico. La richiesta che viene è assai più alta e trasversale: riprendere e rilanciare valori sociali e principi etici tipicamente cristiani e propri anche dei veri laici, per bloccare la deriva relativista che dall’Europa è sbarcata anche in Italia».
Marcello Pera aveva annunciato alcuni giorni fa in un’intervista al nostro giornale che sarebbe andato all’appuntamento di piazza San Giovanni, mettendo al tempo stesso in guardia dai rischi di un nuovo clericalismo. Adesso l’ex presidente del Senato guarda già all’imediato futuro, agli effetti che la «manifestazione contro i Dico», come la definisce, determinerà nel governo, nella maggioranza e nell’opposizione. Con un occhio anche ai riflessi nella società civile.
Lei parla di iniziativa contro i Dico ma gli organizzatori negano questa chiave di lettura.
«Se non ci fosse stato il disegno di legge del governo sui Dico non avremmo avuto la manifestazione. Non Rutelli che ora dice: vorrei tanto andare ma non posso. E non almeno due ministri a San Giovanni, che già hanno detto no ai dico».
Ci saranno dunque conseguenze significative sul governo e sulla maggioranza?
«La prima conseguenza riguarderà proprio il disegno di legge, destinato ad arenarsi perchè il governo dovrà prendere atto che al Senato non ha la maggioranza. Resterà il valore dell’effetto annuncio e il caratttere propagandistico e ideologico di un provvedimento preso soltanto per ingraziarsi la lobby omossessuale».
Lei attribuisce alle vicende Dico e Family Day effetti dirompenti nella maggioranza di centrosinistra.
«Si aggraverà la spaccatura nel governo e la divisione fra gli ex popolari della Margherita e i Ds che hanno fatto dei Dico una bandiera. Il nascente partito democratico vive già una crisi profonda non solo sul coordinamento o sulla organizzazione della fase costituente ma sui princìpi di fondo, sull’identità».
E il centrodestra come si presenta all’appuntamento?
«Stavolta ha finalmente capito che sono in gioco valori fondamentali che lo unificano, dalla Lega ad An, dall’Udc a Forza Italia».
Lei ha messo in guardia dai rischi di un nuovo clericalismo.
«Mi sembra che la Chiesa sia molto attenta ad evitarlo. Del resto non va in piazza. Legg piuttostoo nella manifestazione di piazza San Giovanni una risposta all’appello che il Papa ha lanciato ad ottobre da Verona, non solo alla Chiesa cattolica ma a tutta la società italiana. Si muove il popolo di Benedetto XVI, credenti e laici».
Ma la società è divisa. Non a caso in piazza Navona si ritrova l’orgoglio laico.
«Mi sembra un’iniziativa molto minoritaria, da gay pride. Esiste piuttosto un’opinione pubblica che torna a riaffermare valori e principi cristiani e non si fa intimidire dal laicismo diffuso. Al quale non sfugge nemmeno il presidente del consiglio che si fa epigono dello zapaterismo».