Interventi

Incontro con il Presidente del Pakistan, Pervez Musharraf

Roma, Sala del Capitolo, 29 settembre 2004

 

Signor Presidente Musharraf,

desidero ringraziarLa per aver accettato il mio invito a tenere un discorso in questa Sala del Senato.

Il nostro obiettivo è quello di dare la parola a chi può aiutarci ad approfondire i grandi temi internazionali. Questi oggi sono due: la lotta al terrorismo e i rapporti fra Occidente e mondo islamico. Lei è nella migliore posizione per trattare questi temi, perché il Pakistan è un paese islamico e perché il Pakistan è bersaglio del terrorismo e mantiene buoni rapporti con l’Occidente.

I nemici dichiarati del terrorismo islamico sono due: l’Occidente, che agli occhi dei fanatici terroristi è una civiltà degenere e degradata, e quel mondo musulmano che invece intende intrattenere rapporti di convivenza con l’Occidente. L’obiettivo dei terroristi è di impadronirsi di uno o più Stati e da lì proseguire per imporre la sharia mediante la jihad.

Per questi motivi la collaborazione fra Europa, Stati Uniti e Paesi arabi e islamici è lo strumento essenziale per combattere il terrorismo. Purtroppo, questa collaborazione tarda a materializzarsi, in particolare in Iraq. Gli appelli del Governo iracheno finora sono rimasti inascoltati. La Risoluzione 1546 dell’Onu, che chiamava la comunità internazionale a mobilitarsi per ristabilire la sicurezza in Iraq, promuovere la ricostruzione e assicurare libere elezioni, è rimasta inapplicata. E la stessa idea di convocare una conferenza internazionale sull’Iraq riceve resistenze o ostilità.

Il terrorismo si avvantaggia delle nostre divisioni. Noi dobbiamo lavorare per superarle, perché se non riuscissimo a garantire un futuro di libertà all’Iraq, i problemi diventerebbero più gravi e pericolosi: rischieremmo di consegnare l’Iraq ad una dittatura teocratica, di destabilizzare un’area strategica, di peggiorare gli equilibri internazionali, di nuocere alle prospettive di soluzione del conflitto israeliano-palestinese. Le nostre responsabilità sono dunque gravi: non dobbiamo sottovalutarle, non dobbiamo dividerci, non dobbiamo credere di poter venire ai patti con il terrorismo.

La battaglia che abbiamo di fronte è anche una battaglia di idee. Essa vede da un lato schierati i valori del liberalismo e della democrazia e dall’altro l’oscurantismo nichilista di chi predica morte e semina terrore. Noi crediamo che esistano valori universali, come il rispetto dei diritti della persona, la parità uomo-donna, la tolleranza, la libertà religiosa. Noi non intendiamo imporre i nostri princìpi e le nostre istituzioni. Ma abbiamo il dovere di difenderli se essi sono attaccati. E abbiamo anche il dovere, oltre che il bisogno, di allearci con tutti coloro che vogliono vivere nel rispetto di questi princìpi.

Signor Presidente, il Pakistan è impegnato in questa direzione. Apprezzo la determinazione con cui Lei prosegue in questa strada, che è quella delle riforme e della democrazia. L’amicizia tra i nostri due paesi è di lunga data. In nome di questa amicizia, degli interessi comuni e degli obiettivi che condividiamo, La ringrazio per la Sua presenza e Le cedo la parola.

 

 

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