24 Gennaio 2008
di Marcello Pera
Il presidente Napolitano ha concluso ieri la sua celebrazione del sessantesimo anniversario della Costituzione con queste parole: “Ci unisce e ci incoraggia in questo sforzo la grande, vitale risorsa della Costituzione repubblicana. Non c’e’ terreno comune migliore di quello di un autentico, profondo, operante patriottismo costituzionale. E’, questa, la nuova, moderna forma di patriottismo nella quale far vivere il patto che ci lega: il nostro patto di unità nazionale nella liberta’ e nella democrazia”.
Ancorche’ diffusa fra gli specialisti, questa idea del “patriottismo costituzionale” e’ poco nota al grande pubblico. La si capisce bene per raffronto col patriottismo nazionale. Questo e’ il patriottismo di un popolo legato da vincoli etnici, di storia, lingua, religione. Nel caso dell’Italia, e’ il patriottismo quale Manzoni efficacemente canto’ nella celebre poesia Marzo 1821: “una d’arme, di lingua, d’altar,/ di memorie, di sangue e di cor”. O quello che Verdi musico’ nel coro del Nabucco. E, naturalmente, e’ il patriottismo dei combattenti della Resistenza (almeno di quelli che volevano la liberazione dell’Italia da Tedeschi e fascisti e non la sua sottomissione ad alcuna altra ideologia o potenza straniera, in particolare l’Unione Sovietica).
Il patriottismo costituzionale e’ invece il patriottismo di un popolo che si ritiene unito non dai vincoli tradizionali e tipici della nazione, ma da quei principi e valori (ad esempio il valore della persona e il metodo democratico, ricordati dallo stesso presidente Napolitano) che sono fissati in un patto costituzionale. Come si vede, il patriottismo costituzionale procede “dall’alto”, dalla costituzione ai cittadini, il patriottismo nazionale viene invece “dal basso”, dai cittadini che gia’ si sentono nazione. Tutto il patriottismo italiano, da Dante Alighieri al Risorgimento alla Resistenza, e’ stato di questo tipo. E lo stesso tipo animo’ il presidente Ciampi, del quale si ricordera’, fra le molte iniziative patriottiche, un discorso che tenne al Quirinale in occasione del 104esimo compleanno di Ardito Desio, dove non a caso cito’ Dante e proprio il Manzoni del Marzo 1821.
La questione, naturalmente, non e’ la differenza di stili. La questione e’ perche’ il patriottismo nazionale debba essere rimpiazzato da quello costituzionale, e se questo possa essere un sostituto adeguato di quello. Il filosofo Jurgen Habermas, che del patriottismo costituzionale e’ non l’inventore ma il piu’ strenuo sostenitore, comincio’ col raccomandarlo per la Germania, con l’argomento che, dopo Auschwitz, esso era l’unico nazionalismo concesso ai tedeschi (come dire che i Tedeschi non possono più essere “tedeschi”). Poi lo estese a tutta l’Europa, in parte per le stesse ragioni (il rischio di un ritorno ai conflitti nazionalistici del passato riguarda tutti i paesi), in parte per ragioni nuove. Gli stati post-moderni, secondo Habermas, non possono avere fondamenti etnici o morali o religiosi, perche’ questi sarebbero non inclusivi, e cio’ non consentirebbe loro di dare cittadinanza a quella “costellazione post-nazionale” che invece l’Unione Europea deve essere, specie se aperta alla immigrazione.
Questa dottrina, che ha fatto breccia nella cultura della sinistra dopo la fine del cosmpolitismo comunista, e’ assai dubbia. Ci sentiamo italiani perche’ ci riconosciamo nella costituzione italiana, oppure condividiamo la costituzone italiana perche’ siamo italiani? La costituzione viene prima o viene dopo? Se viene dopo, allora la nostra identità di italiani ne e’ un presupposto e percio’ il patriottismo costituzionale e’ solo patriottismo nazionale in altra veste verbale. Se viene prima, allora c’e’ da chiedersi se il patriottismo costituzionale basti a darci l’idea di nazione.
Che cosa avra’ inteso dire il presidente Napolitano? Che la nostra crisi di oggi è cos? acuta che e’ diventata una crisi di identita’, quindi etico-civile, e cosi’ grave che persino il tradizionale sentimento di essere italiani si sta perdendo? Lo abbiamo ancora noi il senso della nazione? Ci sentiamo ancora fratelli “di memorie, di sangue e di cor”? La domanda e’ drammatica: perche’, se questo senso lo abbiamo ancora, qualche riforma difficile, controversa, faticosa e costosa ma comunque possibile ci salvera’. Ma se stessimo per perderlo o, Dio non voglia, se lo avessimo gia’ perso allora il nostro futuro sarebbe davvero a rischio. Un interrogativo piu’ inquietante per celebrare una costituzione nata da quella Resistenza che ci voleva ridare la dignita’ di nazione non avrebbe potuto esserci.