I miei articoli

Articolo su “La Stampa”

29 Gennaio 2008

di Marcello Pera 

Caro direttore,
sulla crisi di governo temo che si perda tempo prezioso e non si segua la strada giusta. E’ probabile che domani il Capo dello Stato conferisca al presidente del Senato un incarico esplorativo e circoscritto, limitato cioe’ alla sola verifica delle condizioni parlamentari per l’approvazione di una nuova legge elettorale. E’ probabile che questi, per spirito di servizio istituzionale, accetti.

Ma e’ altrettanto e piu’ probabile che, fra una settimana, alla fine del nuovo ciclo di consultazioni, la situazione sara’ come prima, e anche peggio di prima, perche’ intanto, mentre noi stiamo fermi, il mondo gira e, come sembra, gira storto. Che occorra una legge elettorale diversa e poi riforme della Costituzione e quindi dei regolamenti parlamentari (fermi all’epoca del consociativismo), tutti lo sanno da tempo. 
Ma il punto e’: occorre una riforma elettorale e istituzionale per rifare il sistema politico oppure occorre un sistema politico che faccia la riforma elettorale e istituzionale? Fino ad oggi si e’ cominciato dalla gallina: con i referendum e le leggi, abbiamo pensato di fare o rifare i partiti. Abbiamo sempre fallito. Perche’ non cominciare allora dall’uovo, cioe’ proprio dai partiti? Mi spiego. In tutta l’Europa continentale dai governi tradizionalmente stabili, cioe’ di legislatura, c’e’ un dato politico e numerico che emerge: la somma fra il primo e secondo partito va da oltre il 60 a oltre l’80% dei voti (62% in Germania, 64,2% in Francia, 67,5% in Inghilterra, 81,6% in Spagna). Cio’ significa che i primi due partiti sono autosufficienti, e comunque egemoni sul proprio elettorato di riferimento. In Italia non e’ cosi’. La somma FI-DS alle elezioni Camera del 2001 era 46% e FI-Ulivo nel 2006 era il 54,9%. Questa e’ la nostra vera anomalia, la causa dell’instabilita’: i primi due partiti sono deboli.
Questa e’ anche la ragione per cui stavolta si deve cominciare dall’uovo. Fra le varie idee che in questi giorni e ore si confrontano, ce n’e’ una che secondo me e’ la migliore, perche’ piu’ promettente. E’ quella avanzata da Walter Veltroni: il Pd vada da solo alle elezioni. La quale idea ne richiama un’altra simmetrica: che anche Fi deve andare da sola. Da soli, naturalmente, vuol dire da soli, senza nessuno altro, compreso chi aderisse, come lista o partito, ad un programma comune. Perche’ che cosa sono i “programmi comuni” lo sappiamo gia’.
Se davvero i primi due partiti andassero da soli, l’effetto sarebbe che gli elettori dei due versanti disperderebbero meno il loro voto, si concentrerebbero sotto il probabile vincente, e alla fine questo vincente governerebbe, con il suo solo partito e senza ricatti di coalizione. E se no? Se, come pure e’ possibile, ci fosse un pari o quasi? Come anche su questo punto l’Europa insegna, ci sarebbe la grande coalizione provvisoria.
La quale grande coalizione provvisoria, secondo l’idea che espongo, da noi sarebbe comunque necessaria dopo. Cioe’, celebrate le elezioni dove ciascuno va da se’, il primo partito, mentre governa, si allea in Parlamento col secondo per fare, insieme, la riforma elettorale e istituzionale. Dopo e’ possibile e facile, ora e’ impossibile ed e’ inutile tentarci. La legge elettorale deve essere fatta allora, per fotografare, agevolare e stabilizzare una situazione di fatto, non ora, per cercare di provocarne una. Insomma, l’uovo prima della gallina.
Questa idea e’ cartesiana, chiara e distinta. C’e’ naturalmente da chiedersi se sia percorribile. Le difficolta’ ci sono. Alla proposta di Veltroni, Berlusconi non ha risposto ne’ si’ ne’ no: troppa e’ la tentazione di vincere subito, anche alla Toto’, purchessia e “a prescindere”. E lo stesso Veltroni ha detto e si e’ contraddetto, perche’ e’ in difficolta’ non solo con gli alleati di sinistra, ma in casa sua, con i capi delle correnti del suo partito, tanto che e’ ritornato sui suoi passi e ha chiesto un governo per un anno. Invece occorre coraggio: quello della responsabilita’, della maturita’ e magari della disperazione. Siamo con l’acqua alla gola. L’Italia va male, molto male. Sta perdendo terreno, immagine, fiducia e persino il senso della nazione, quella comunita’ d’intenti che, nei momenti difficili, si alza tutta assieme in piedi e affronta la sorte avversa. Non siamo condannati da nessun destino, possiamo solo condannarci da noi stessi. Dunque, coraggio, Veltroni e Berlusconi, sta a voi, andate subito al voto e da soli. Non vi fate intimorire, ricattare, tentare o lusingare. O diventate ora uomini di Stato, oppure, se restate semplici uomini politici, andremo ancora a fondo. Dopo, si rialzi chi puo’.

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