Dicono di me

Articolo su “Libero”

25 Novembre 2008

di Marcello Veneziani 



Vivaddio. Mentre i giudici spagnoli danno l’assalto al cielo e condannano Cristo in croce per la seconda volta, questa volta espellendolo dall’aula perchè non segue le lezioni di ateismo militante, escono in Italia due bei saggi affini e opposti, in gloria di Dio, la Croce e la religione. Parlo del Cristo liberale di Marcello Pera, che cerca di conciliare la Benedetta Croce con Benedetto Croce, in un libro dal titolo ipercrociano, Perchè dobbiamo dirci cristiani.

Il liberalismo, l’Europa e l’etica (oggi in uscita da Mondadori, pp. 196, euro 18), che sostiene la fede d’Occidente e reputa cristianesimo e liberalismo “congeneri”. E parlo del Cabaret Voltaire (Bompiani, pp. 226, euro 18) di Pietrangelo Buttafuoco, che sostiene invece la fede d’Oriente, e reputa cristianesimo e islam congeneri o consuoceri del sacro, ambedue sgorgati dalla Tradizione. Sono due esortazioni al sacro: quella di Pera è di un ateo devoto, o comunque di un uomo laico di scienza convertitosi in età matura alla civiltà cristiana, identificandola con l’Occidente; folgorato sulla via di New York, vorrei dire; dove la Fallaci sostituisce quasi la Madonna. L’altro, Buttafuoco, venuto dalla Sicilia orientale, e sottolineo orientale, che invece ammira l’islam, Khomeini incluso, si ricongiunge alle radici arabo-normanne della sua Sicilia, e ritiene che l’islam possa bruscamente risvegliare il sacro nell’Occidente stanco e disperato… In entrambi l’islam funziona da reagente e detonatore: ma per Pera in senso antagonistico, per Buttafuoco in senso emulativo. Per contrappasso e analogia, a voler essere danteschi. In entrambi riaffiora l’esigenza di una religione civile, intesa come ispirazione religiosa della vita pubblica. Ma in Pera la religione civile somiglia a quella americana, quella che sul dollaro scrive In God we trust, “crediamo in Dio”. In Buttafuoco la religione civile ha un’ascendenza fascio-islamica, una forma raffinata e ironica di integralismo. Lasciate che io esprima la mia simultanea concordanza e discordanza nei confronti di ambedue le tesi, rallegrandomi per due risposte forti all’ateismo giulivo che infuria. Da non liberale quale sono, ammiro l’impresa di Pera che mira a dare una tradizione, un’anima e una civiltà al mercato, all’individuo e all’Occidente ateo e desolato. Reputo importante il tentativo di fondare culturalmente la difesa dell’Occidente, non fermandosi solo alla democrazia e al benessere. Mi rendo conto che in quell’Occidente noi siamo immersi, e la pur bella frase di Drieu La Rochelle, evocata da Buttafuoco, «Che colpa ne ho se il nemico ha ragione?», mi intriga ma non mi persuade. Non posso preferire chi vorrebbe uccidermi. Però concordo con Pietrangelo quando si rifiuta di far la guardia giurata al Consumo e allo spirito illuminista d’Occidente, a Voltaire e ai suoi residui. So che l’Occidente è disabitato del sacro, svuotato di religione, arido e cieco. Ma non si può imporre il sacro con la spada. E poi siamo davvero sicuri che il sacro fiorisca nell’islam? O non si tratta piuttosto di un riadattamento ideologico della tradizione islamica? Volontà di potenza foderata di Maometto… «E dall’oriente orde di fanatici», canta il Battiato amato da Buttafuoco (e da me). Nel derby tra nichilismo e fanatismo non me la sento di tifare per una delle due squadre. 

E’ difficile essere terzaforzisti, lo so, e la realtà ti spinge da una delle due parti. Ma sono più legato alla tradizione delle mie origini, che è greca, romana e cristiana, rispettando le tradizioni altrui ma non riconoscendomi in quelle; a costo di sentirmi incresciosamente centrista…. Trovo sia Pera che Buttafuoco in degna compagnia: il padre della linea Pera è Alexis de Tocqueville, il padre della linea Buttafuoco è Rènè Guènon. Con Pera ci sono fior di intelligenze, come Giuliano Ferrara; con Buttafuoco idem, come Franco Cardini. 

Per non fare troppo il Solomone aggiungo che mi attira di più la scrittura di Buttafuoco, bella ed evocativa per me di autori, riti e atmosfere che confesso di amare. Ma temo che Buttafuoco coltivi la sublime civetteria dello scandalo e si lasci prendere la mano dall’estetica della religione. Esteta devoto, variante letteraria dell’ateismo? Non crede in Dio, ma si gode il panorama dall’Alto. 

Quando ho letto le sue pagine su Khomeini, mi sono ricordato di un mio libro di quasi vent’anni fa, Processo all’Occidente. Figura carismatica, affascinante, non c’è dubbio. Mi lascio prendere anche io dalla bellezza liturgica della tradizione, dall’estetica del sacro; però poi non riesco a distogliere lo sguardo dalla realtà, convinto che la verità sia sfiorata in un punto inafferrabile, tra la realtà e il mito. E non dimentico il sangue, il dolore, le vittime dei fanatici; non gioco sulla vita. Mi ricordo di quel che mi diceva giorni fa una affascinante persiana che vive a Roma, Daria. Mi raccontava le speranze dell’Iran sugli ayatollah e il disprezzo per lo Scià, una specie di Berlusconi d’Oriente. Però ricorda la vivacità dell’Iran di allora, la libertà e la gioia, ricorda la nobiltà delle tradizioni precedenti all’Islam; poi la ferocia dei pasdaran, la devozione forzata, la fuga. E allora mi trattengo dal seguire il gusto estetico, esoterico e aristocratico, se costa la vita. 

Siamo creature tragiche perchè non abbiamo trovato il punto perfetto tra il sacro e la libertà, tra la vita e l’eternità, tra diritti e simboli. Ma a quella contraddizione, cari Pera e Buttafuoco, non so rinunciare, a costo di morire come l’asino di Buridano. Meglio vivere sul confine che scegliere tra fanatici e nichilisti, illudendosi che uno dei due ci porti a Dio. Invece ambedue ci portano nel deserto. Preferisco il mare, anche se mosso.

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