Interviste

Intervista a “Letture.org”

“Lo sguardo della Caduta. Agostino e la superbia del secolarismo” di Marcello Pera

 

Prof. Marcello Pera, Lei è autore del libro Lo sguardo della Caduta. Agostino e la superbia del secolarismo, edito da Morcelliana: di quale attualità è il pensiero di Agostino?
Per valutare l’attualità di un pensatore, occorre partire dai nostri problemi e ricostruire le sue risposte. Così ho fatto io, scrivendo, per così dire un libro “a ritroso”. Nella mia prospettiva i principali problemi che oggi ci affliggono sono almeno quattro. Il problema del secolarismo: si può vivere felici prescindendo da Dio? Il problema dei fondamenti dello Stato: si può costruire e condurre uno Stato coeso senza attribuirgli un fondamento di fede religiosa? Il problema della tolleranza: in una società pluralista, tutte le religioni hanno principi di uguale valore o alcuni princìpi religiosi devono essere considerati fondamentali, irrinunciabili, e protetti anche con la forza dello Stato? Infine, il problema della scienza: la ricerca scientifica è autonoma o deve essere combinata con la verità teologica e la Scrittura? Sono note le risposte prevalenti in Occidente a questi problemi: sono tutte di tipo secolarista, nel senso della priorità della ragione sulla fede e di emarginazione della religione. E sono tutte insoddisfacenti, come mostra il disagio che la soluzione secolarista produce. Una civiltà senza radici che cancella il suo passato, una cultura senza verità che nega i propri fondamenti. Ebbene, se la mia ricostruzione del suo pensiero è corretta, io credo che Agostino abbia soluzioni del tutto diverse dei nostri problemi fondamentali. Credo anche che le soluzioni di Agostino siano più adeguate, più utili, più confacenti per il nostro tempo di crisi. Come, assistendo al tramonto dell’impero romano, Agostino offrì una soluzione nuova, quella cristiana, così noi oggi, che assistiamo alla decadenza della civiltà occidentale, possiamo riprendere la posizione di Agostino e utilizzarla per invertire la marcia.

Come scrive nella Sua Premessa al volume, il cristianesimo sembra a molti «una limitazione della nostra libertà e perciò un ostacolo da superare»: che ruolo e che funzione può avere la fede in un mondo secolarizzato?
Può fare una cosa importante. Può mostrare che i fondamenti del secolarismo non sono secolari, e cioè che il secolarismo, non fondando se stesso, presenta una lacuna. I principali valori in cui noi crediamo e che consideriamo l’orgoglio della nostra civiltà – la dignità della persona, l’uguaglianza fra gli uomini, la parità, il rispetto reciproco, il valore dell’uomo in quanto uomo, eccetera – sono verità che richiedono un atto di fede, una opzione religiosa. Non si possono dimostrare, si possono solo credere. E in particolare la fede cristiana esprime questo credo. Considerare il cristianesimo un ostacolo o una limitazione, bandirlo dalla sfera pubblica, relegarlo fra le sole credenze private, costituisce una mutilazione di noi stessi. Sembra che così diventiamo più liberi, più moderni, più inclusivi, in realtà la emarginazione del cristianesimo in corso oggi in Occidente ci impoverisce tutti, credenti e non.

Le soluzioni di Agostino sono ancora utili per noi?
Come ho già detto, lo sono. Anche per altre ragioni. Agostino insegna che la politica, con le sue procedure e istituzioni, non ha funzione salvifica, che le istituzioni, quale che sia il loro assetto, non offrono mai la felicità, che lo Stato ha natura repressiva, per tenere a freno la bramosia di potere degli uomini dopo la Caduta, che i valori veri sono quelli ultimi che si godono solo nella Città di Dio, non quelli secolari che perseguiamo nella città terrena. Da ciò il suo richiamo, che oggi siamo ancora in grado di apprezzare: “vae qui habent spem in saeculo!”. In questo secolo noi siamo come viaggiatori su una carrozza: possiamo ammirare il paesaggio che attraversiamo, ma non dobbiamo farcene distogliere. Per usare ancora le sue parole, i beni del secolo, le nostre conquiste in ogni settore, possiamo solo usarli ma non goderli. Chi li godesse, e così credesse di poter realizzare o anche solo approssimare il Paradiso in terra, scambierebbe l’amore di Dio con l’amore di sé. E sarebbe perduto, perché non otterrebbe il risultato voluto, e perché il risultato ottenuto infine si ritorcerebbe contro se stesso. Esattamente, ciò che accade oggi.

Marcello Pera, accademico e filosofo, già Presidente del Senato, ha pubblicato negli ultimi tempi Senza radici. Europa, relativismo, cristianesimo, islam (con J. Ratzinger-Benedetto XVI, Mondadori 2005); Perché dobbiamo dirci cristiani (Con Prefazione di Benedetto XVI, Mondadori 2008); Diritti umani e cristianesimo (Marsilio 2015); Critica della ragion secolare. La modernità e il cristianesimo di Kant (Le Lettere 2019).

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