Interviste

Intervista su “Il Messaggero”

8 Marzo 2007

Pera: «La svolta c’è stata ma è di tutta la Chiesa»
di Barbara Jerkov

«Conosco monsignor Bagnasco e sono un suo ammiratore», premette Marcello Pera. «E’ una persona molto gentile e certamente di dottrina profonda. Credo che abbia tutte le doti per governare bene la Cei».

Con la sua nomina si apre un nuovo corso, presidente, o lei vede una continuità rispetto a Ruini?

«Vedo una piena continuità. Bagnasco è certamente attento a tutti i temi a cui era attento il cardinale Ruini, e anche consapevole e preoccupato dei rischi gravi che noi, l’Italia e l’Europa, stiamo correndo».

Però a differenza di Ruini, di Bagnasco politicamente si è sentito parlar poco in questi anni.

«E’ vero, politicamente ha un profilo più defilato, ma questa è una garanzia della sua apertura nei confronti di tutti. Personalmente lo conosco come un uomo sempre disponibile al confronto, una dote che ora metterà a disposizione della presidenza».

Qualcuno ha subito detto che con questa designazione la Segreteria di Stato avoca a sè quel ruolo di interlocutore con la politica e i politici che Ruini aveva svolto. E’ d’accordo?

«Io non credo. Ascolto con molta attenzione quanto ha detto di recente il cardinale Bertone: i cattolici in politica non sono la longa manus del Vaticano. Ciò significa che il Segretario di Stato, e lo stesso monsignor Bagnasco proprio come Ruini prima di lui, hanno manifestato in questi ultimi tempi un impegno del tutto diverso. Non tanto parlare direttamente alla politica, quanto parlare al popolo dei credenti e anche dei non credenti. C’è una convergenza di tutti in questo impegno di rivolgersi meno ai politici, ascoltarli meno, orientarli meno, chiedere meno a ciascuno di essi, ma essere esigenti con la coscienza di ognuno».

A proposito di coscienza: il cardinal Bertone ha richiamato i cattolici a non rifugiarsi dietro alla libertà di coscienza a scapito dei valori.

«Purtroppo la libertà di coscienza è un’arma molto insidiosa, porta alla transazione su quelli che sono valori non negoziabili. Su questi valori le voci di Bagnasco e Bertone sono sovrapponibili, e proprio questo mi sembra il messaggio più interessante, ben più di come si orienterà in politica il neo presidente della Cei, ma lo ritengo il frutto dell’impostazione di Benedetto XVI».

Il fatto che Bertone sia sembrato, con la sua presenza alla presentazione del libro del senatore Bobba, avallare l’operato dei teo-dem, significa che i teo-con perdono quel ruolo privilegiato di cui hanno goduto fino a questo momento?

«La novità dell’altro giorno non era tanto la presenza in quella sede del cardinale. La vera novità della Chiesa italiana degli ultimi tempi, è aver compreso che c’è un grande e diffuso risveglio religioso, una richiesta di guide spirituali e morali anche dovuta alla crisi della politica».

Ruini lascia. Nei suoi cinque anni alla presidenza del Senato che interlocutore è stato?

«Ci siamo parlati molto. E ciò che mi ha soprattutto colpito di Ruini è il suo essere uomo di grande profondità, di grande cultura. Bagnasco l’ho incontrato molte altre volte. Il ricordo più commovente che porto di lui è una messa di Natale, insieme, a Nassiriya».

Certo che lei è un ben strano tipo di laico, se lo lasci dire presidente.

«Sono laico perchè l’essere credente non dipende da noi, ma da una visita che ognuno di noi un giorno potrebbe ricevere. Credere invece nei valori che il Cristianesimo ha portato nella storia deve essere una fede di tutti».

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