25 Agosto 2007
Intervista di Barbara Jerkov
Mezza Forza Italia, se non di più, allarmata dall’avanzare dei circoli di Michela Vittoria Brambilla e dall’eventualità che nasca un vero e proprio Partito delle libertà, lancia alte grida di protesta. Lei presidente Pera condivide l’allarme?
«Lo ritengo senza un fondamento», risponde l’ex presidente del Senato, «non capisco tutta questa agitazione solo perchè è nato un fratellino… o una sorellina. C’è spazio per tutti».
Magari i suoi colleghi temono che alla fine il babbo abbia occhi solo per la nuova arrivata, è umano.
«E’ possibile che qualcuno si senta scavalcato o tradito e che per questo si sia manifestata un po’ di gelosia, ma si tratta di reazioni del tutto personali che dovrebbero essere superate da una valutazione politica degli avvenimenti».
E a lei la politica in questo caso cosa suggerisce, presidente?
«Anzichè lamentarsi se altri prendono un’iniziativa, riuniamo il Consiglio nazionale di Forza Italia, che tra l’altro non si vede da un bel po’, e discutiamo lì di tutto quel che c’è da dire. Le cose non mancano. Dalla legge elettorale, su cui sarebbe bene capire se Forza Italia sul serio pensa di lasciare le briglie a Calderoli, alla questione degli alleati quando pongono temi seri come quello dell’alternativa dei moderati alla sinistra. E ancora: come pensiamo di allargare il consenso oltre i confini della vecchia Cdl? E perchè nel 2006, nonostante il grande vantaggio da cui partivamo, siamo riusciti a perdere lo stesso le elezioni?».
Magari il vero tema di cui tanti suoi colleghi vorrebbero poter discutere con Berlusconi è per quale ragione Forza Italia non basta più e c’è necessità di un nuovo Partito delle libertà.
«E’ dimostrato che c’è un’area di elettorato, soprattutto giovanile, che ha voglia di impegnarsi ma spesso non si riconosce nel partito così come si è configurato e organizzato. Sono tutti elettori che hanno sentimenti analoghi a quelli che ispirano Forza Italia ma che oggi stentano ad avvicinarsi a questo partito: è evidente che bisogna cercare di raggiungerli e associarli. Se lo strumento per farlo è un nuovo partito, ben venga. Oltre a tutto un partito siffatto, un partito aperto, e che sta veramente nascendo dal basso, in un processo di evoluzione più lunga, potrebbe diventare il nucleo di un contenitore molto più ampio».
A lei non la preoccupa la prospettiva di ritrovarsi un giorno con la signora Brambilla come leader?
«Intanto, non capisco perchè dipingerla come una strega. E poi non è di questo che si sta parlando, e sarebbe un grave errore se ricominciassimo un’altra volta con la storia della successione e della leadership».
Dov’è che Forza Italia ha mancato se dopo tredici anni serve un nuovo contenitore per catturare consensi?
«Primo, certamente non si sono soddisfatte alcune aspettative, altrimenti non si spiega la sconfitta elettorale dello scorso anno. Secondo, anche Forza Italia, come tutti gli altri partiti, è un apparato e gli apparati tendono a chiudersi invece di aprirsi. E però Forza Italia è di gran lunga il primo partito italiano. Questo significa che gode fiducia e perciò deve pensare meglio a se stessa».
E non pensa invece che la forza e la debolezza di Forza Italia stiano proprio in Berlusconi? E’ grazie a lui che siete arrivati al 30%, ma è anche a causa di un leader tanto totalizzante se oggi tanti suoi colleghi lamentano una carenza di democrazia interna.
«Proprio quelli che ritengono che Berlusconi sia il problema dovrebbero avere più interesse a discutere anzichè spargere insinuazioni o calunnie nei confronti di altri che si stanno muovendo. Forza Italia è certamente un partito molto presidenziale, ma non è proprio ciò che vorrebbe diventare anche il Partito democratico, peraltro senza riuscirsi? Guardi che in Europa, dalla Francia all’Inghilterra, i maggiori partiti sono fatti così: intorno a un leader che dà le indicazioni ed è riconosciuto da tutti come tale. Non vedo un problema di cesarismo, per Forza Italia. I problemi semmai in questi anni sono stati altri: attese deluse, dissidi con alleati che frenavano, misure non prese o prese a metà. E’ proprio questo che ha sconcertato molti dei nostri elettori, non certo un eccesso di decisionismo. Il leader e le decisoni ci vogliono».