Come scoprire a chi dare il voto
Dibattito per capire qual è il partito da preferire
di Marcello Pera
Direttore caro, lo so bene che oggi è il giorno del silenzio. Ma stia certo, non farò nessuna dichiarazione di voto, nessun appello.
Vorrei solo raccontarLe come è andata a finire la discussione fra me e i miei amici più cari di cui Le ho detto pochi giorni fa.
Come sa, eravamo tutti alle prese con la domanda «per chi si vota stavolta?» e nessuno aveva un’idea convincente. Ora abbiamo risolto, ma non perché abbiamo finalmente trovato un partito o una coalizione che ci soddisfi, no, questo no. Abbiamo però individuato un metodo affidabile. Questo: facciamo tutto il contrario di ciò in cui crediamo.
Dice Vittorio: «Tu sai che io sono un berlusconiano sfegatato, uno del meno male che Silvio c’è, dell’azzurra libertà, di Apicella, financo del kit. E siccome anche stavolta voglio che Silvio Berlusconi ci governi, voterò per il partito di Matteo Renzi». O che discorso è mai codesto ‘ostì? «È un discorso serio», replica Vittorio, «e te lo spiego. Berlusconi fa fatica ad essere il primo del centrodestra. La Lega e il Misse assieme avranno più voti di lui. Salvini e Giorgia non lo amano per nulla e lo vogliono politicamente morto per succhiargli l’eredità. Inoltre, hanno idee diverse sulle cose più importanti. E hanno contro l’Europa. Hai letto che, da Berlino a Parigi, da Bruxelles a Strasburgo, a Silvio hanno imposto di non fare un governo con i lepenisti, i sovranisti, i populisti? Tu sai che, quando quelli vogliono, ottengono.
E allora, poiché l’unico modo perché Berlusconi ci governi col consenso dell’Europa è che faccia maggioranza con Renzi, è meglio votare Renzi. Anche perché, se Renzi cascasse di brutto, mancherebbero i numeri per la grande alleanza.
Invece, se teniamo in piedi Renzi, poi Renzi tiene in piedi Berlusconi. Lo ha ammesso Renzi stesso: se non votate me, finite che aiutate Salvini. Proprio così, ha detto: Salvini, non Berlusconi. Dunque, insisto: facciamo il contrario di ciò che crediamo e così otterremo ciò che vogliamo».
O Vittorio, ti ci vuole un bel coraggio! Mi sembri Denis Verdini, che non guarisce mai dalla sindrome di Stoccolma: gli piace così tanto che ora se n’è beccate due. «Lascia perde’ Verdini, che è un idolo. Lui sa le cose, conosce i vitelloni, ha visto giusto, gli garbano tutti e due i leader, anche se quelli non gli sono stati grati come avrebbero dovuto, per paura della magistratura, o siccome gli vogliono bene, magari per salvarlo proprio dalla magistratura.
Quanto a votare a sinistra, lascia stare anche lì. Renzi non è quello che ha buttato fuori D’Alema e Bersani, che ha fatto la faccia dell’arme alla Camusso, che se ne stropiccia dei vecchi compagni? Sarà anche di sinistra, Renzi, ma è la sinistra che piace a noi berlusconiani».
A questo punto, interviene Carlo, un renziano che neanche la Boschi. «Caro Vittorio», dice, «d’accordo sul principio del rovescio. Ma proprio per questo, io, che voglio Renzi, voto Berlusconi. Perché, se votassi Renzi, come tu vuoi fare, poi Renzi penserebbe che è tutto merito suo, vorrebbe fare da sé un’altra volta, e sarebbero guai. Il ragazzo ‘un capisce, pensa di essere tutto lu’. Se invece gli metti accanto Berlusconi, che alla fine è sempre ragionevole, vedrai che proprio le larghe intese che tu vuoi sarà facile farle».
Carlo hai un bel fegato a farmi votare Berlusconi! «No, è razionale, matematico, scientifico-scientifico. Renzi vuole o non vuole fare il governo con Berlusconi? Lo vuole. Berlusconi vuole o non vuole fare il governo con Renzi? Lo vuole. Lo volete voi? Lo vogliamo noi. E allora non penalizzate Berlusconi, non lasciatelo in mano di Salvini, Giorgia e gli altri. Votate lui!».
Arriva infine Mauro, il più innovativo. «D’accordo con voi sulle larghe intese, purtroppo non c’è altro di meglio. Ma allora perché non votare Cinquestelle? Guardate che quelli vogliono andare al governo per qualunque strada e se le larghe intese sono la strada più promettente, loro sono pronti a fornire quel poco o tanto di manodopera che manca. S’è convinto anche Grillo. Dunque, in base al principio che si deve fare il contrario, se davvero volete le larghe intese, votate Cinquestelle».
Mauro, ma che dici!? I Cinquestelle sono una setta, dei giacobini. Vogliono togliere il vincolo di mandato, vogliono andare contro l’Europa, vogliono tornare all’articolo 18, vogliono quante più intercettazioni telefoniche si può, hanno paura dei vaccini. «E allora?», ribatte Mauro. «Forse che Berlusconi non vuole anche lui togliere il vincolo di mandato e sostituirlo con un contratto di giuramento a lui medesimo? Forse che non insegue i Cinquestelle con il reddito di dignità? Forse che non ha già detto che Di Maio va bene alla presidenza della camera? E Renzi non è anche lui contro il vitalizio, contro i privilegi, contro il finanziamento della politica, contro la casta, tanto quanto Rizzo & Stella? Date retta a me, punti di contatto ce ne sono già, basta spingere ancora un poco».
Come vede, caro Direttore, qui siamo tutti d’accordo. Domani andremo a votare, non c’è dubbio. È vero che non sappiamo ancora come votare, che siamo disperati per la sorte dell’Italia, incavolati per questa storia della crescita che è ripartita, ma abbiamo un punto fermo: che per ottenere la cosa che vogliamo (un governo, mica tanto, anche un governicchio, persino un’ammucchiata con 100 sottosegretari come fece Prodi) dobbiamo votare per il partito che non vogliamo. A me sembra tutto chiaro. A Lei no?
Capisco, la bocciatura del referendum costituzionale è stata un disastro, il golpe dei bravi giudici della Corte sulla legge elettorale col ballottaggio un altro, l’idea di approvare una legge diversa per far perdere quelli che vincono un altro ancora. Ma che vuol fare, Direttore, questa è la materia prima che ci è rimasta. Ringrazi Iddio.