Interviste

Intervista su “La Nazione”

7 Aprile 2007

Pera: «Vado al Family day ma i partiti non s’impiccino»

di Pierandrea Vanni

FIRENZE – «In Italia e in Europa c’è una ripresa del sentimento e del bisogno cristiano anche come religione civile. E’ un concetto che vado ripetendo da tempo: se questa ripresa c’è e si diffonde, non serve, e puo’ essere controproducente, ingabbiarla con simboli di governi e di partiti. La politica lo capira’ da se’».
Marcello Pera mette in guardia quanti, nel mondo politico e magari anche fra le gerarchie, leggono con le lenti sbagliate della quotidianetà e dei piccoli interessi di parte quello che a lui appare come un grande risveglio religioso delle coscienze, come la ripresa del senso di appartenenza alla cultura e alla civiltà europea.

Presidente, in suo articolo lei paventa il rischio che possa nascere un movimento neo clericale. A qualcuno è sembrata una presa di distanza dalle battaglie della Chiesa contro i Dico.
«Io sostengo che i laici non laicisti, quelli credenti oppure aperti al credo, hanno un progetto diverso, appunto il risveglio religioso delle coscienze, il recupero di una tradizione, del cristianesimo come religione civile. Questi laici pensano che senza una religione, una fede, una credenza, non c’è neppure un popolo e un’identità e perciò ne un’Europa ne un’Italia».

Sempre nell’articolo ricordato lei sostiene che il Family day è vissuto da alcuni come una processione politica al seguito della gerarchia.
«E aggiungo che la storia italiana ci ricorda quanto sarebbe pericoloso un rischio del genere. In realtà il Family day unisce credenti e non credenti attorno al valore unificante della famiglia, del rispetto della vita, del rispetto della nostra identità. Il Family day, nasce dai movimenti del laicato cattolico, nasce nella società civile, fra la gente. La Chiesa ha il merito di averlo compreso e di essersi dimostrata sensibile».

Lei sarà presente?
«Si, ci sarò. E’ partito bene ed è anche testimonianza della ripresa dello spirito religioso. Il cristianesimo torna ad essere lievito unificante ora che i principi cristiani sono sempre piu’ violati. E la gente avverte che questa violazione è una ferita alla propria identità».

Possibile che tutto si giochi attorno ai Dico?
«I Dico non sono un problema sociale ma l’emblema e il simbolo della campagna laicista. Guardi il programma dei Ds per il Partito Democratico. Se passano, il laicismo segnerà un grande punto a suo vantaggio».

Siamo l’unico Paese a non averli.
«Proprio perchè siamo l’ultimo dobbiamo diventare il primo nell’invertire una tendenza che utilizza il problema di una minoranza per mettere in discussione non solo il ruolo della Chiesa ma anche della religione cattolica. Mentre al contrario si dimostra una grande arrendevolezza nei confronti dell’Islam».

Resta il problema di una minoranza che si sente discriminata e messa ai margini.
«Non esiste una discriminazione ma, semmai, una proibizione morale. La discriminazione si ha se ad un individuo non sono riconosciuti diritti individuali sulla base delle tendenze sessuali, ma sposarsi con uno dello stesso sesso, o con piu’ donne, non è un diritto individuale bensi’ una richiesta cui ci si deve opporre per ragioni etiche e naturali».

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