Interviste

Intervista su “La Sicilia”

19 Aprile 2008

di Andrea Gagliarducci

ROMA. Un concetto positivo di laicita’. Che pero’ rischia anche questo di essere eroso dalla spinta di un secolarismo sempre piu’diffuso. In visita negli Stati Uniti, Benedetto XVI ha parlato della laicita’ positiva degli Usa, che non nega alle religioni il loro ruolo pubblico. Lo aveva gia’ affermato in “Senza radici” (Mondadori), il libro che l’allora cardinale Ratzinger aveva scritto a quattro mani con Marcello Pera.

Il quale non puo’ che concordare con il Papa. Ma perche’ gli Stati Uniti sono riusciti a costruire un modello di stato laico seppure con una forte presenza delle religioni nella vita pubblica? “Tutto – spiega il senatore Pera – dipende dalla loro storia. Gli Stati Uniti sono nati come un popolo fortemente religioso. La loro societa’ fu costruita da gruppi che erano fuggiti, in quanto oppressi, dal sistema di Chiese di stato in Europa. La laicita’ degli Stati Uniti e’ positiva, perche’ serviva per tutelare la liberta’ religiosa. In Europa abbiamo invece alcuni Paesi (come Italia e Francia) che si sono costituiti come Stati nazionali contro la Chiesa cattolica”. La differenza tra Usa ed Europa comincia dalla storia, e si sviluppa fino a diventare crisi di valori. “Di fronte a questa crisi dice Pera – la domanda da farsi e’: su cosa si fondono questi Stati? Si scopre allora che quei principi sono tipicamente di tradizione cristiana: la dignita’ della persona, la parita’ tra uomini e donne, la liberta’, l’uguaglianza”. Si potrebbe obiettare che sono gli stessi valori su cui si basano i laicisti. “La posizione dei laicisti confuta Pera e’ debole. Questi sono diventati valori positivi anche per loro. Ma di fronte a una crisi di valori interna, e penso alle questioni bioetiche, o esterna, e penso al fondamentalismo islamico, non possono dire che questi valori sono non negoziabili, e quindi non sanno come difenderli. Sono gli scacchi matti che vengono dal relativismo e dal multiculturalismo”. Curioso, pero’, che le religioni siano diffuse negli Stati Uniti, dove l’identita’ nazionale e’ frammentata in quello che e’ stato chiamato melting pot, un crogiuolo di culture. “Ma se l’identita’ e’ forte – replica Pera – si difende da se’. L’America ospita tutti, ma si identifica in un punto unitario: la fede nell’identita’ americana. E’ questa che ingloba tutte le identita’”. Il Papa ha pero’ parlato ai vescovi anche del rischio del secolarismo nella societa’ americana. “Credo – ragiona Pera – che il Papa abbia richiamato il rischio dell’importazione dall’Europa del secolarismo negativo, che anche io intravedo”. In America e’ facile fondare nuove chiese: un rischio per la laicita’? No, secondo Pera, perche’ “negli Stati Uniti vige una rigida separazione tra Stato e chiese; lo Stato non adotta alcuna religione e si separa da tutte. Ma questa separazione netta non corrisponde alla separazione tra la religione e la societa’. La religione, negli Stati Uniti, non sta solo nella sfera privata, nella sua individualita’, ma si inserisce nel dibattito pubblico a pieno titolo”. Un modello positivo, che non trova riscontri in Europa. “Perche’ – spiega l’ex presidente del Senato – l’Europa oggi rifiuta la sua storia. Quando si e’ parlato di un preambolo alla Costituzione Europea, ad esempio, si e’ pensato di inserire qualunque cosa: l’umanesimo, l’illuminismo. Ma non la religione cristiana”. Eppure la Costituzione americana inizia spiegando come sia “self evident” (evidente di per se’) che ogni individuo sia stato creato uguale. Un concetto religioso, accettato da tutti. E l’Europa? “L’Europa si vergogna – denuncia Pera – non vuole sottolineare le proprie specificita’”. Ma imporre la propria identita’ non puo’ portare a un conflitto? “E’ il contrario: il conflitto lo crea l’identita’ debole. C’e’ dialogo solo in presenza di identita’ forte. E’ il caso dell’immigrazione: integrano meglio i paesi europei in cui c’e’ un’identita’ forte. Mentre quelli che formano le societa’ cosiddette “arcobaleno”, o le societa’ a “coriandoli”, e quindi frammentate, non riescono a fare una vera politica di integrazione”.

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