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Lettera al direttore di “ItaliaOggi”

Sono critici almeno tre punti adottati. Lo sostiene Marcello Pera, già presidente del Senato
Crisi, una procedura stravagante

A partire del ruolo di esploratore assegnato a Fico

di Marcello Pera

Signor direttore,

come Lei sa io non sono un costituzionalista e neppure un giurista di altro tipo. Su questi argomenti vado a spanne, fidandomi della mia esperienza e del mio naso, che ogni tanto fiuta qualcosa che non gli pare per il verso giusto. Questo vuol dire che il più delle volte mi sbaglio, ma qualche volta ci vado vicino. Mi segua se può, e mi corregga se lo ritiene. Ho qualche riserva sulla procedura che si sta seguendo per la soluzione della crisi. Tre punti mi appaiono critici.

Il primo riguarda l’esploratore. È una figura a cui si è già ricorsi in passato, ma stavolta vedo una novità che mi lascia perplesso. Il presidente della Repubblica ha incaricato il presidente della Camera Roberto Fico di verificare se esistano le condizioni per ricostituire un governo «a partire» dalla vecchia maggioranza. Se non mi sbaglio, ciò significa un governo 5 Stelle, Pd, Leu, Italia Viva e eventualmente altri gruppi che si fossero nel frattempo formati, comunque composti (anche da argentini che non pagano le tasse in Italia).

Bene. Si dà il caso però che uno degli ostacoli a questa impresa siano i 5 Stelle, la cui ala sinistra non sopporta di allearsi di nuovo con Italia Viva.

Ora, il presidente Fico è proprio un leader dell’ala sinistra dei 5 Stelle. Ne deriva che il presidente Fico è un esploratore ma è anche parte in causa: se lui, come esponente politico, dicesse di no, la maggioranza non si formerebbe. Fico leader politico dovrebbe perciò rappresentare a Fico presidente-esploratore le ragioni del suo dissenso e Fico presidente-esploratore dovrebbe convincere Fico leader politico a ritirare le sue riserve. Insomma, Fico è un esploratore che si auto-esplora. Come gli psicoanalisti.

Il secondo punto che mi fa arricciare il naso riguarda la scelta dell’esploratore. Poiché una prima volta fu la presidente del Senato, una seconda fu il presidente della Camera, mi sarei aspettato che la terza fosse, per alternanza, ancora la presidente del Senato. Invece, no.

Pazienza, si dirà. E però la motivazione che si è data e che è stata diffusa da quirinalisti e opinionisti è che la presidente Maria Elisabetta Alberti Casellati sarebbe «espressione dell’opposizione».

Non so se si sia riflettuto abbastanza su questa motivazione. Mi sembra mostruosa. Se si classificano le cariche istituzionali col criterio delle opinioni politiche di chi le riveste si annulla completamente il loro statuto istituzionale, il che, se non sbaglio, è sbagliato. Si pensi soltanto a quando il presidente del Senato sostituisce il presidente della Repubblica: vorrebbe dire che lo Stato cade in mano all’opposizione? Assurdo. La presidente Alberti Casellati non è Nancy Pelosi. Neppure il presidente Fico lo è. Non vorrei sbagliare, ma che sia così credo che lo voglia proprio la nostra costituzione.

Terzo punto su cui il mio naso si arriccia. L’esploratore incaricato sta discutendo, e dettagliatamente, su temi politici dell’agenda programmatica del futuro governo, sul nome del presidente del consiglio che infine sarà scelto, e anche sulla lista dei ministri.

Se raggiunge un accordo ha chiuso la crisi. Ma ha anche chiuso tutti gli spazi. Quando infine il presidente della Repubblica avrà trovato un presidente incaricato da inviare al parlamento, a costui che cosa resta da fare? Mi sembra di capire, che dovrà solo ratificare l’accordo «scritto» che il presidente Fico avrà trasmesso. E lo stesso presidente della repubblica, che pure ha prerogative sulla scelta dei ministri, dovrà ratificare anche lui? Mi sbaglierò, ma mi sembra che se si procede così la nostra Costituzione ne esca un tantinello graffiata.

Ho infine un’altra perplessità. Riguarda le elezioni anticipate nel caso non si trovasse un accordo. Si dice (lo dicono solitamente coloro che intendono aiutare Giuseppe Conte) che le elezioni non si possono indire perché siamo «nel pieno di una pandemia». Oppure si dice che non lo consentono le scadenze fissate dall’Europa, che pone un limite ai progetti nazionali di Recovery plan alla fine di aprile.

Sulla prima motivazione non mi soffermo neppure, tanto mi sembra infondata. Oltretutto in piena pandemia non si può votare per il parlamento ma si può votare per il comune di Roma, Milano, Napoli, ecc.? E poi una pandemia sospende la democrazia? Abbiamo già sospeso tante cose preziose con semplici decreti amministrativi del presidente del consiglio, non vorrei che si sospendesse anche la vita ordinata dello stato.

La seconda motivazione è anch’essa, io credo, infondata. Ho sotto gli occhi il documento europeo di riferimento, che porta il titolo «Proposal for a Regulation of the European Parliament and of the Council establishing a Recovery and Resilience Facility – Confirmation of the final compromise text with a view to agreement» (21 dicembre 2020). All’art. 15, comma 2, si dice: «The recovery and resilience plan presented by the Member State concerned may be submitted in a single integrated document together with the National Reform Programme and shall be officially submitted as a rule by 30 April».

Attenzione: la clausola «as a rule» – «di regola», «in via di principio», «generalmente» – discende da un emendamento approvato e sta a significare che la scadenza non è perentoria. Perciò si prevedono eccezioni e di fatto dai verbali risulta che siano state previste.

È certo che trovarsi durante una campagna elettorale o nel mentre si svolgono consultazioni per formare un nuovo governo è un’eccezione più che motivata.

Dunque, se la crisi s’ingarbuglia e non si trovano soluzioni, il presidente della repubblica può ricorrere anche al voto anticipato. È una sua libera scelta. Considerati i tempi previsti dalla costituzione, si potrebbe anche votare a marzo e avere il governo ad aprile. L’ho già detto: è sempre il mio naso che parla.

 

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