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Marcello Pera, Fouad Allam e Jole Santelli presentano una proposta di legge sugli imam

Proposta di legge recante ‘Istituzione di un registro degli imam in Italia’ di iniziativa dei deputati Jole Santelli e Khaled Fouad Allam e del sen. Marcello Pera

La questione degli imam è al centro delle problematiche legate alla costruzione di un islam italiano ed europeo. Si tratta di una questione complessa e delicata per vari motivi.
Nella storia del nostro Paese e dell’Europa, la costruzione di un islam nazionale rappresenta un fenomeno inedito che obbliga l’islam a riformularsi e il nostro Paese a trovare nuovi strumenti giuridici in grado di costruire tale riformulazione: per la prima volta nella storia si assiste alla costruzione di un islam al di fuori della sua territorialità ancestrale. Il celebre dar al-islam scompare, mentre sempre più si affermano importanti comunità musulmane i cui membri divengono cittadini del paese d’accoglienza. Strutturalmente l’islam sunnita, componente maggioritaria nell’islam dell’immigrazione, non ha una gerarchia religiosa; alcuni esperti affermano che ogni musulmano è sacerdote di se stesso.

Ma nella complessa costruzione di un islam italiano (e di un islam europeo) assistiamo a fenomeni e mutamenti che richiedono l’intervento del legislatore. Per aiutare questo passaggio, è importante tenere conto del fatto che storicamente le prescrizioni in materia di diritto musulmano non hanno mai avuto carattere assoluto, e che la shari’a (legge coranica) ha sempre avuto interpretazioni diverse in funzione dei periodi storici e del potere politico che ne definiva l’attuazione. La shari’a non è una norma assoluta poichè essa ha bisogno di una interpretazione e traduzione nella sfera spazio-temporale. Lo storico del diritto può rilevare tali differenze interpretative ad esempio nelle diverse culture su cui l’islam si è innestato e nei diversi periodi storici (omayyade, abbasside, etc.).
La figura dell’imam ha dunque subìto grandi variazioni nella funzione e nei poteri, e ciò rappresenta il prodotto della storia dell’islam e delle interpretazioni che i musulmani hanno dato a tale figura. Storicamente, per garantire la legittimità interpretativa i giuristi dell’islam hanno utilizzato un metodo del diritto musulmano chiamato igtihad (sforzo interpretativo): l’igtihad rappresenta la capacità di formulare nuove regole in funzione dell’evoluzione della società, ispirandosi però sempre agli usul, i princìpi generali della religione e del diritto.
L’imam in Europa, collocandosi in una società culturalmente e strutturalmente diversa da quella d’origine, assume nuove funzioni: ad esempio quelle di mediatore culturale, visitatore di carcerati, interlocutore fra le istituzioni e la società. Tali funzioni sono state messe in luce alcuni anni fa da un giurista dell’Università di Al Azhar, che affermava la necessità di ripensare la formazione e il modello dell’imam.
Ora, il nostro Paese si trova di fronte a un vuoto giuridico e sociologico. Da un lato assistiamo alla crescita del ruolo dell’imam in quanto interlocutore delle istituzioni: sono molti gli enti locali – comuni, regioni, etc – che in vari modi interloquiscono con gli imam. Da un altro lato, il nostro Paese si trova del tutto sprovvisto di una tracciabilità curricolare di questi imam, di cui è talvolta difficile conoscere provenienza e formazione.
L’idea di istituire un registro degli imam rappresenta un primo passo verso una razionalizzazione di questa corporazione sociologica; se ad esempio i Ministeri interessati alla questione – Pubblica Istruzione, Giustizia, Interno – volessero organizzare per essi un corso di formazione sul nostro diritto costituzionale o sulla didattica, non avremmo nessuno strumento organico per la loro rintracciabilità. L’iscrizione a un registro degli imam, registro emanato dal Ministero dell’Interno e registrato presso le singole Prefetture, favorirebbe una maggiore trasparenza nelle relazioni tra comunità musulmane e istituzioni.
L’articolo 1 della presente proposta di legge prevede quindi l’obbligatorietà di iscrizione al registro degli imam ed i requisiti minimi per l’iscrizione, demandando al Ministero dell’Interno la competenza a definire ulteriori modalità e norme applicative. Si ritiene, infatti, che l’iscrizione obbligatoria sia un elemento fondamentale per le collaborazioni tra istituzioni locali e imam, e, più in generale, favorirebbe un nuovo percorso nella relazione complessa tra islam e società italiana.
L’articolo 2 si riferisce agli oneri finanziari relativi alla tenuta del registro e alla copertura finanziaria della presente proposta di legge.

Articolo 1

1. Gli imam devono iscriversi in un apposito registro tenuto presso il Ministero dell’Interno.

2. L’iscrizione al registro di cui al comma 1 è subordinata al possesso dei seguenti requisiti:
a) residenza legale in Italia;
b) maggiore età;
c) possesso di un diploma di scuola media superiore o di un titolo di studio equipollente;
d) non aver riportato condanne penali.

3. Gli iscritti al registro di cui al comma 1 sono autorizzati a svolgere attività di mediazione culturale, formazione ed educazione linguistica, a fornire assistenza ai ricoverati in strutture di cura e agli internati negli istituti di pena, che la domandino e a svolgere attività tese a favorire il rapporto delle Comunità musulmane in Italia con le pubbliche amministrazioni.

4. Gli iscritti al registro di cui al comma 1 esercitano le attività di cui al precedente comma in strutture tenute alla presentazione del bilancio ai sensi dell’articolo 20, capo II, libro I del codice civile.

5. Con regolamento adottato ai sensi dell’art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1998, n. 400 su proposta del Ministro dell’Interno, di concerto con il Ministro della Giustizia, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalità per l’iscrizione nel registro di cui al comma 1 nonchè le ulteriori norme attuative.

Articolo 2

1. Agli oneri per la tenuta del registro valutati in euro 600.000 annui a decorrere dal 2007 si provvede mediante corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto nell’U.P.B. ‘Fondo speciale’ di parte corrente dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze e delle corrispondenti proiezioni triennali, all’uopo utilizzando l’accantonamento del Ministero medesimo.
2. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le occorrenti variazioni di bilancio.

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