24 Aprile 2012
Signora Presidente, intervengo molto brevemente per ribadire un principio a mio avviso molto semplice: quello secondo cui le questioni politiche non sono questioni istituzionali. Se questo principio fosse stato rispettato, questo dibattito non avrebbe dovuto neppure iniziare.
D’altra parte, colleghi, come voi ricorderete – lo ricordera’ certamente il senatore Rutelli – quando alla Camera dei deputati in una circostanza analoga fu chiesto ad un Presidente, espulso anch’egli dal suo partito, di dimettersi dalla Presidenza di quel ramo del Parlamento, quel Presidente giustamente disse che quel dibattito non poteva svolgersi, suono’ la campanella e si passò alla trattazione dell’ordine del giorno. Questo e’ infatti ciò che vuole il principio della distinzione tra questioni politiche e questioni istituzionali.
Signora Presidente, conosco e capisco la questione politica che la riguarda: c’e’ una lotta politica all’interno del suo ex partito, a seguito della quale lei ha perduto ed e’ stata espulsa dal suo partito e dal suo Gruppo. Rimango stupito da come si conduce la lotta politica all’interno della Lega, ma, avendo una certa esperienza di vita parlamentare, il mio stupore si ferma, perchè conosco le asprezze della lotta politica. Rimango pero’ stupito, anche dal fatto che i suoi colleghi oggi facciano praticamente finta di non conoscerla e prendano le distanze da lei. Tale questione riguarda però il dibattito interno ad un partito politico, sul quale il Parlamento non puo’ intervenire e nessuno di noi ha mai pensato di farlo. La lotta politica e’ aspra all’interno della Lega, cosi’ come dentro il Gruppo dell’Italia dei Valori e in qualunque altro partito.
La questione istituzionale e’ molto seria, signora Presidente. Lei – ed è stato ribadito anche qui – non e’ sfiduciabile, per usare l’espressione che ha correttamente impiegato fuori dall’Aula il Presidente del Senato, e la ragione per cui è cosí riguarda il Regolamento del Senato e la Costituzione italiana. C’e’ coerenza logica tra il Regolamento e la Costituzione perche’ quest’ultima – percio’ anche il Regolamento – prevede che i Presidenti di Camera e Senato e delle Commissioni parlamentari siano Presidenti e non speakers, siano cioè figure di garanzia e non figure politiche.
La Costituzione italiana ed il Regolamento fanno questa distinzione e a questa distinzione, amici e colleghi, dobbiamo attenerci: se usiamo, infatti, l’aspetto politico per fare una guerra politica e poi trasferire questa sulle istituzioni, il risultato e’ la degenerazione della lotta politica, oltre che il degrado delle istituzioni, cosa che invito tutti a non farle. Prego veramente tutti, quali che siano le valutazioni sul caso specifico, di tener presente questa distinzione.
Mi ricordo un precedente in Senato – e lo ricordo bene perche’ quella volta fui sconfitto e spero di non esserlo anche in questa occasione – in cui una questione politica fu scaricata su una questione istituzionale. Pur di far dimettere per ragioni politiche il Presidente di una Commissione di vigilanza, perche’ anch’egli aveva cambiato Gruppo, fu usato l’accorgimento – credo con l’accordo di tutti i Capigruppo, mi spiace dirlo – di far dimettere l’intera Commissione. Cioe’, fu usata l’istituzione per risolvere un problema politico.
Senatore Zanda, nonostante lei sia stato un grande teorico di quella soluzione, che pero’ questa volta non credo sia praticabile, perche’ non vedo 300 e più senatori, compresi i senatori a vita, che si dimettono per fare dimettere una Vice Presidente, penso che nemmeno lei si alzera’ a dire: �«Dimettiamoci tutti, cosi’ si dimette anche il Vice Presidente�». Indipendentemente da cio’, penso che dobbiamo tenere fermo questo punto: le istituzioni sono a garanzia; la lotta politica e’ altra cosa.
Noi qui dobbiamo essere guidati dalle istituzioni e lasciare la lotta politica alla normale dialettica parlamentare; mai usare le prime per risolvere la seconda, mai usare la politica per degradare le istituzioni. Penso sia questo cio’ che dicono la nostra Costituzione e il nostro Regolamento.