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Referendum, il centrodestra per il Sì. Da Pera a Urbani a Bondi, la legione (ex) forzista pro riforma

Il lancio di “Liberali per il Sì”. L’endorsement di Ferrara e Feltri. E di tutti gli ex coordinatori forzisti: Bondi, Verdini, Alfano 

di CARMELO LOPAPA

ROMA – Marcello Pera e Giuliano Urbani, berlusconiani (ormai ravveduti) della prima ora, sono solo gli ultimi. Ma la lista di chi a destra ha sposato con convinzione le ragioni del Sì al referendum costituzionale d’autunno si fa ormai sempre più lunga. E i nomi sempre più sorprendenti. Così, se a sinistra temono il big bang sotto il tetto di un Pd alquanto spaccato, nel centrodestra di impronta forzista è in atto uno smottamento senza precedenti in favore della riforma targata Renzi. Conseguenza, forse anche questa, della crisi e del tramonto stesso del berlusconismo. Non è una adesione alle ragioni del governo, premettono tutti. Ma a novembre, quando si voterà, prenderanno le distanze dall’ordine di scuderia di Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia.


Hanno atteso per un ventennio la “rivoluzione liberale” di Silvio Berlusconi, adesso l’ex presidente del Senato Pera e l’ex ministro della Cultura (e tessera numero due di Fi) Urbani hanno deciso di sostenere il superamento del bicameralismo e la riduzione del numero dei parlamentari. “Coerenti con quella rivoluzione” dicono i due che hanno lanciato il loro comitato per il Sì in una iniziativa pubblica nel centro di Roma (era assente Urbani per un malore sopraggiunto in mattinata). Occorre voltare pagina, come ha sottolineato Pera, tornato a esporsi dopo anni di volontario letargo. E devono farlo soprattutto gli elettori liberali e di Forza Italia, che hanno “una ragione in più per votare Sì: se dovesse vincere il No, il secondo dopo quello del 2006, la Costituzione diverrebbe immodificabile. Al contrario, sin dal 1994 Forza Italia ha sempre tenuto alta la bandiera della modifica della Costituzione e solo se passerà il Sì questo percorso potrà continuare”.


Anche Marco Taradash, radicale, berlusconiano negli anni, ora al fianco dei professori con il “Comitato liberali per il Sì”.

Non solo per la vecchia passione pannelliana per lo strumento referendario: “‘Il motivo per votare Sì è la validita’ di una riforma che rappresenta l’occasione per adeguare ai tempi e al sistema bipolare la nostra costituzione”. Di Sandro Bondi, ex coordinatore di Forza Italia, e della consorte Manuela Repetti si conosce il traumatico addio alla corte di Arcore, il passaggio in vari altri gruppi parlamentari, ora l’adesione convinta al Sì, dopo aver votato del resto la riforma in tutti i passaggi d’aula. “Sottoscrivo integralmente le dichiarazioni del presidente emerito della Repubblica Napolitano, il Sì al referendum è un’occasione irripetibile per realizzare quelle riforme attede da decenni e mai tradotte in fatti” spiega la senatrice a nome di entrambi.

E poi c’è chi sulla spinta della riforma e in coerenza col Patto del Nazareno che fu ha proprio rotto con Forza Italia. E’ il caso di Denis Verdini, il più berlusconiano tra i berlusconiani di un tempo, altro ex coordinatore forzista che sulla scia di quella frattura ha costruito nuovo partito e gruppi parlamentari: Ala. Lo strappo di Angelino Alfano è ancora precedente, ma il leader Ncd – ultimo coordinatore di Fi – con Renzi governa dal 2013 e con lui ha approvato leggi e riforme.  Fabrizio Cicchitto, altro Ncd, è tra i più convinti sponsor del testo Boschi.

Peppino Calderisi, ormai ex parlamentare forzista, ha proprio raccolto le firme, le ha depositate in Cassazione a luglio e animato il comitato “Basta un sì”. 
C’è poi tutta un’area culturale di centrodestra che considera la riforma Renzi-Boschi quanto meno il male minore rispetto allo status quo. Nell’ultimo editoriale sul FoglioGiuliano Ferrara se la prende con D’Alema e il suo “risentimento politico” contro il “boy scout in chief” Renzi. “Hai provato a fare la riforma con Berlusconi – scrive attaccando il leader Maximo – non ci sei riuscito in Bicamerale, sempre per eccesso di sicurezza in te stesso, e adesso vuoi disfare quella che c’è, e che non ha alternative”. Critica il testo ma lo voterà pure il direttore di Libero Vittorio Feltri, che per questa storia ha litigato in malo modo con il pasdaran del No Renato Brunetta, dandogli del “fallito” (e incassando un “sei una macchietta”). La motivazione: “Il premier poteva fare di meglio, ma bisogna accontentarsi. E’ preferibile il suo poco al nulla di Brunetta e dei suoi amiconi. Perché il bicameralismo perfetto è una schifezza indifendibile. Per non parlare del titolo V che conferisce alle regioni poteri tali da renderle associazioni per delinquere. Restituire allo Stato il compito di decidere anche a livello locale è cosa buona e giusta. Ecco perché voto sì”. Dietro c’è tutta la polemica a destra sulle ragioni che avrebbero portato gli editori Angelucci a reclutare proprio lui (pro Sì) rimuovendo l’ex direttore Maurizio Belpietro, ma questa è un’altra storia.

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