Interviste

Intervista a “La Nuova Sardegna”

«Non vengo a proporre miracoli ma ascolterò le istanze

dell’isola»

Con Fratelli d’Italia riparte nelle lista uninominale del nord Sardegna del Senato per tentare il ritorno in Parlamento: “Sono per un regionalismo spinto che però ha bisogno di uno Stato forte”

di Giovanni Bua

Sassari «Catapultato nell’Isola? Sono il primo a dolermene, colpa della legge elettorale. Ma saprò farmi conoscere dai sardi e spiegare cosa voglio andare a fare in Parlamento. Giorgia Meloni? Come Berlusconi del 1994 e Renzi del 2014, avrà grande successo. Il presidenzialismo? E’ una nostra battaglia storica, e forse questa è la volta buona. Ho accettato per questo la candidatura. Salvini? Ho considerato il suo avvicinamento alla Russia in questo momento un errore politico. Ma per fortuna il solido atlantismo della Meloni è una garanzia per tutto l’Occidente. Gli scontri con Cossiga? Le lingue affilate di un toscano e un sassarese che si incontrano non possono che fare scintille, ma è stato un grande amico, e mi manca molto». Alla fine ha rotto gli indugi Marcello Pera, accettando la proposta della leader di Fratelli d’Italia di candidarsi per un posto al Senato.

Lo stesso che il filosofo e accademico lucchese, classe 1943, guidò come presidente dal 2001 al 2006, conquistando l’elezione nella sua Lucca, unico seggio toscano strappato al centrosinistra. Questa volta per lui la Meloni ha scelto il collegio uninominale del Nord Sardegna incrocerà i ferri con il deputato uscente del Pd Gavino Manca, il pentastellato Marcello Cherchi e Valerio Zoccheddu per il Terzo Polo. Il filosofo toscano, uno dei tre nomi della rosa di candidati proposti dal centrodestra per la successione a Mattarella, tenterà il ritorno in Parlamento dopo 9 anni di assenza.

Giorgia Meloni alla fine l’ha convinta

«Ci siamo parlati tante volte. E abbiamo convenuto che il mio ruolo sia quello di favorire la riforma della seconda parte della Costituzione, ormai matura. E la creazione di un partito conservatore moderno».

Iniziamo dalla Costituzione

«E’ innegabile che le riforme costituzionali sono la mia grande passione. E i tempi sono finalmente maturi per arrivare al presidenzialismo. Certo, bisogna essere prudenti, perchè le riforme si fanno coinvolgendo tutto il Parlamento, magari con una bicamerale o meglio ancora con una Costituente. Quindi bisogna parlare con tutti. Già con la bicamerale di D’Alema arrivammo a un passo dall’accordo. Questa volta ci possiamo riuscire».

Anche con Letta?

«Con tutti. Ci sono aperture importanti. Renzi ha proposto il modello del sindaco d’Italia che esiste solo in Israele, una buona base di partenza. Ma anche Filippo Andreatta è sembrato interessato e in molti stanno sposando l’idea di una Costituente. Insomma può essere la volta buona. Anche per questo ho chiesto di restare un “soldato semplice” in Parlamento. Per dedicarmi con passione a tessere la necessaria tela e a fare da pontiere tra le diverse forze. Che spero dismettano subito gli abiti della campagna elettorale e si rimettano a fare politica».

Il partito Conservatore?

«Quello che ho, abbiamo, in mente è un partito che non sia antieuropeista, non sia nostalgico o meno che mai reazionario. Non cerchi vendette o rese dei conti. Che, partendo dalla nostra comune tradizione cristiana, si confronti con spirito dialogante difendendo valori e libertà. E proponga una ricetta politica realistica per governare il Paese».

Tra gli alleati di Fdi non mancano le pulsioni antieuropeiste

«Il rapporto con l’Europa deve essere critico e propositivo. Ma sulla scelta di campo non ci deve essere dubbio. Men che mai ora che siamo in guerra. Quindi Europa, Occidente, Nato. Su questo Giorgia Meloni non ha dubbi. E neppure Salvini li ha. Di lui ho criticato senza riserve alcune posizioni, che però non metteranno in dubbio da che parte si debba stare».

Torniamo alla sua candidatura nell’Isola.

«Sono il primo che se ne rammarica. Anche perché sono un sostenitore di una rappresentanza territoriale. Purtroppo la legge elettorale che abbiamo è questa. Sono una persona schietta e seria, e non starò qui a inventare di avere soluzioni per i problemi dell’Isola o a leggere copioni scritti da qualcun altro. Ma sono anche uno che sa ascoltare, che impara in fretta. E che prenderà in carico con serietà e rispetto le vertenze dei territori che lo sceglieranno. Per il resto i problemi che dobbiamo risolvere sono figli di una guerra per la quale va trovata una soluzione il prima possibile. Caro energia, inflazione, famiglie e imprese sul lastrico. Per questo servono risposte immediate, da chi verrà, ma anche da chi c’è adesso». 

Cosa ne pensa dell’insularità in Costituzione?

«Io sono per un regionalismo spinto. Che però per funzionare ha bisogno di un potere centrale forte. La riforma costituzionale che abbiamo in mente non è semplicemente il presidenzialismo, ma il riequilibrio di tutti i poteri e delle competenze. Che per la Sardegna deve essere importante. Lo stesso “regionalismo” che immagino per gli Stati europei. Penso che ci siano materie identitarie che debbano essere riserva di legge per i singoli Stati e non sottomesse a forzate omologazioni. Parlo di vita, morte, matrimoni, sui cui le singole sensibilità nazionali vanno rispettate».

Dopo la sua candidatura è tornato d’attualità un suo “epico” scontro con Cossiga in Parlamento. Che ricordo ha di lui?

«Che disse che chi ha cognomi di frutti in Sardegna è figlio di madre ignota. Ma io gli avevo dato dell’abigeatario di voti. Un toscano e un sassarese se si insultano sanno come farlo, e sanno che dopo finisce tutto. Cossiga era un grande amico, con cui abbiamo avuto infinite discussioni su tutto, scambi di libri, idee, opinioni. Mi ricordo che gli contestavo la sua definizione di cattolico liberale, dicevo che doveva definirsi liberale cattolico. Ne abbiamo parlato per giorni. Una volta mi regalò sette tomi di filosofia per convincermi di una sua tesi. Gli dissi che li conoscevo, mi disse di leggerli meglio. Era un grande politico e un grande uomo, e mi manca ancora molto»

E i rapporti con Pisanu?

«Andrò a fargli visita con piacere appena arriverò a Sassari. Era capogruppo alla mia prima esperienza in Parlamento. Lo ricordo come un uomo autorevole, e penso e spero che ancora oggi dispensi i suoi preziosi consigli».

Alle ultime elezioni il M5S fece cappotto nell’Isola.

«Il movimento 5 stelle intercettò una enorme ventata di protesta, senza però riuscire a creare una nuova classe dirigente. In fondo è stata un’occasione persa. E per molti la scoperta che per risolvere problemi complessi non ci si può improvvisare».

Il “suo” Karl Popper scrisse La società aperta e i suoi nemici principalmente per affrontare quelle che pensava fossero le ideologie più pericolose del suo tempo, comunismo e fascismo. Giorgia Meloni è fascista?

«Sul tema ha risposto lei stessa più volte e trovo che questo pretestuoso tentativo di demonizzarla, magari tirando fuori filmati di quando era ragazzina, sia sbagliato quanto inutile. Sicuramente Giorgia Meloni è cresciuta enormemente. Non ha nessuno dei problemi di incompatibilità che agitano pretestuosamente i suoi avversari. E non vuole nemmeno intercettare quel vento di protesta di cui parlavamo, magari con roboanti promesse, ma creare una solida alternativa che riattivi la normale alternanza democratica che in Italia sembra essersi persa da un po’».

Berlusconi non è più in grado di ricoprire questo ruolo?

«Berlusconi ha il mio stesso difetto, invecchia. Anche se magari io lo ammetto con più facilità».

Perché un sardo dovrebbe votarla?

«Non sto qui a inventare amori o frequentazioni sarde che non ho. Conosco l’università di Sassari per motivi accademici, e alcuni miei allievi vi hanno insegnato. Ho conosciuto in parlamento l’attuale sindaco Nanni Campus. Di Cossiga e Pisanu ho già detto. Però conosco anche gli ingredienti di una ricetta che potrebbe rimettere in marcia questo Paese, e con esso anche la Sardegna. Un sistema di governo forte e stabile, che permetta un regionalismo finalmente equo e rispettoso dei territori, un’alternativa conservatrice, in senso antico quanto moderno, aperta e liberale ma rispettosa delle radici e delle identità. In questo disegno io ho un piccolo ruolo da giocare, e gli amici sardi, di cui ho sempre ammirato serietà e fierezza, mi possono aiutare a portarlo a termine”.

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