Interviste

Intervista a Marcello Pera su “la Repubblica”

Pera “L’Ue è un pasticcio ma restiamo con l’Occidente L’Italia sia presidenzialista”

L’ex presidente del Senato: “La Russia gioca sporco, le sanzioni sono sacrosante. Come dice Draghi bisogna fare alleanze nell’interesse dell’Italia”

di E. La.

Marcello Pera , perché ha scelto la destra per il ritorno in politica?

«Perché sono un liberalconservatore, che si oppone alla sinistra».

Si candida per un partito, quello di Giorgia Meloni, che mette in discussione la sovranità dell’Unione europea. Che ne pensa?

«È una buona proposta, perché bisogna capire che cos’ è l’Europa oggi. È un superstato federale? No. È confederale? No. È una costruzione intergovernativa? Sì, e molto pasticciata, perché, come mi hanno da tempo insegnato politici come Romano Prodi o intellettuali come Jürgen Habermas, soffre ancora di un “deficit democratico” che è, prima di tutto, istituzionale. In questa circostanza, anche il primato del diritto comunitario su quelli nazionali è da discutere. In Germania si deve passare dalla corte costituzionale di Karlsruhe prima di cedere sovranità. Da noi no, ma come si fa a dire che è meglio? La nostra Costituzione è la somma dei nostri valori nazionali, non può bastare un tratto di penna per farla passare in secondo piano».

Ha condiviso il voto contrario, da parte di FdI e della Lega, alla risoluzione anti-Orban nel Parlamento europeo?

«Mi pare di capire che si tratta di violazioni dello stato di diritto. Mi piace lo stato di diritto, è un’invenzione liberale, l’apparato pubblico della società aperta di Popper. Ma dobbiamo essere onesti e farci qualche domanda. Chi giudica dello stato di diritto? Con quali criteri? Giurisdizionali o politici?
Resisterebbe bene all’esame di stato di diritto l’ordinamento giudiziario italiano o magari, su qualche punto, ci direbbero: “meglio rivederci al prossimo appello. C’è ancora un po’ di lavoro da fare”?».

Il centrosinistra addita il rischio di una deriva anti-europeista che nuocerebbe all’Italia. Ne ha parlato anche Prodi in un’intervista a Repubblica. Che ne pensa?

«Che siamo in campagna elettorale, che spesso è come il carnevale, la stagione, breve per fortuna, in cui ogni scherzo vale».

Queste elezioni segneranno davvero un ritorno al bipolarismo, come lei lo ha conosciuto quando era presidente del Senato, o il dato dei 5S e del Terzo polo offrirà alla fine un quadro più frastagliato?

«Purtroppo, neppure a quei tempi c’era un vero bipolarismo. Stavolta si vedrà. Ma un bipolarismo vero ci sarà quando avremo una Costituzione, una legge elettorale e regolamenti parlamentari disegnati allo scopo».

Il presidenzialismo è una via obbligata per la stabilità? Crede che ci saranno le condizioni, nel prossimo Parlamento, per realizzarlo?

«Me lo auguro dal 1996.
Presidenzialismo, e comunque elezione diretta del capo dell’esecutivo, vuol dire trasparenza: chi vince governa; vuol dire stabilità: chi governa lo fa per il tempo fissato dalla Costituzione; e vuol dire bipolarismo: il partito del presidente contro quello o quelli che gli si oppongono».

Come potrà governare una coalizione che appare divisa su diversi aspetti, uno su tutti l’utilità delle sanzioni alla Russia?

«Le sanzioni alla Russia secondo me sono sacrosante e mi pare che comincino a mordere. Sensibilità diverse dovrà aggiustarle il nuovo governo. Partendo da una premessa accertata: che Putin ci vuole distruggere».

Nei dossier Usa sui finanziamenti russi a politici e partiti occidentali non sono usciti nomi di italiani. C’è comunque da preoccuparsi?

«La Russia, e forse non solo la Russia, gioca sporco, lo ha fatto altre volte.
Mi attengo a ciò che ha detto il presidente Draghi: ogni partito comprenda bene dove sta l’interesse dell’Italia. Non è solo questione di trasparenza, che invoco, è questione di collocazione occidentale, che non è discutibile».

Il suo nome è stato in lizza per il Quirinale. Nel caso di elezione al Senato, sarebbe disposto a mettere a disposizione la sua esperienza per un incarico di governo o istituzionale?

«So che non ci crederà, ma lo dico lo stesso: non ho affatto pensato, come sempre in vita mia, ad un incarico. Di certo, mi impegno e metto a disposizione quel che so e credo di aver imparato».

Leggi l’intervista su www.repubblica.it

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