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Elezioni. Pera: «La riforma della Costituzione

è indispensabile e indifferibile»

I problemi istituzionali irrisolti, il semipresidenzialismo, le preferenze, i temi etici, Draghi e la guerra in Ucraina. Intervista all’ex presidente del Senato, oggi candidato con Fdi.

di Rodolfo Casadei

Marcello Pera non ha bisogno di presentazioni. Ma merita che si ricordi che è allo stesso tempo un politico, un pensatore, un accademico (filosofo della scienza). Senatore per quattro legislature e Presidente del Senato nella XIV, è stato docente delle università di Catania e di Pisa e della Pontificia Università Lateranense. Insieme all’allora cardinale Joseph Ratzinger ha scritto nel 2014 il libro Senza radici. Nel gennaio scorso è stato indicato dalla coalizione di centrodestra come candidato alla Presidenza della Repubblica. Nelle elezioni politiche del settembre 2022 si presenta come candidato al Senato nelle file di Fratelli d’Italia nel collegio Campania 1, ed è anche lui nella nostra lista di politici meritevoli da sostenere.

Presidente Pera, è indispensabile che la prossima legislatura conosca un’importante riforma della Costituzione? Quali dovranno essere le priorità?

È veramente indispensabile e indifferibile. Per capirlo, basta fare un piccolo elenco dei problemi istituzionali ancora non risolti e che costituiscono un inciampo per qualunque governo. Il bicameralismo perfetto: dobbiamo ancora tenerci due camere che fanno esattamente lo stesso lavoro, cosa unica al mondo? Il regionalismo: così come è disegnato, il riparto di competenze fra lo Stato e le Regioni è carburante che alimenta l’industria dei ricorsi alla Corte costituzionale; si può precisarlo meglio? I poteri del presidente del Consiglio: è mai possibile che non possa neppure sostituire un suo ministro, come fanno tutti i sindaci con i loro assessori? L’ordinamento giudiziario: la non separazione delle carriere e l’obbligatorietà dell’azione penale sono ancora un dogma? Si osservi che queste mancate riforme costano al paese in termini di efficienza, di stabilità e di bilancio. E anche di credibilità. Pensi quanto possa prenderci sul serio un ministro europeo che incontra uno dei nostri e che sa che fra un anno ne incontrerà un altro.

Un presidenzialismo temperato da un vero federalismo potrebbe essere la soluzione ideale per l’Italia di oggi?

Sì, il presidenzialismo, e anche il semipresidenzialismo e il cosiddetto “Sindaco d’Italia”, esprimono poteri centrali forti, che richiedono contrappesi. Allo stesso modo il regionalismo, o il federalismo (non si è ancora scelto che cosa si vuole per davvero), richiedono un potere centrale forte che tuteli l’unità nazionale. Aggiungo che la giustizia sociale è un valore garantito dalla costituzione: col regionalismo o col federalismo si dovranno comunque soddisfare prestazioni minime sul piano nazionale e gli stessi diritti fondamentali. La competizione fra Regioni è una ricchezza, lo squilibrio no, è da evitare.

Come deve cambiare la giustizia per uscire dalla fase della Repubblica dei Procuratori della Repubblica che dura dai tempi di Tangentopoli?

I procuratori, o almeno alcuni di essi, hanno acquisito un potere politico che ad essi non compete, e non vorranno perderlo. Dietro lo scudo della parola “magistrati”, e perciò “autonomi e indipendenti”, costoro hanno pensato che fosse loro dovere partecipare o promuovere lotte politiche, riscrivere la storia, indagare e perseguire scelte politiche legittime e seri uomini dello Stato. Pensi solo al caso del generale Mori. Non mi illudo: anche di fronte al tentativo più moderato di riforma, molti strilleranno all’attentato. Ma sono in difficoltà: hanno sempre parlato di indipendenza, ma gli scandali mostrano che loro non sono affatto indipendenti dalle correnti e dai gruppi di potere carrieristico. Dovrebbero riflettere ed essere ragionevoli, perché il vento del sentimento popolare già non soffia più a loro favore. E questo è un guaio serio, perché una magistratura credibile è un bene di tutti.

Si potrà fare la riforma attraverso una Commissione Bicamerale e larghe intese, oppure bisognerà scannarsi nell’ennesimo referendum costituzionale?

Un referendum ci sarà comunque. Gli strumenti per fare una riforma sono principalmente tre: un disegno di legge costituzionale presentato e discusso in parlamento; una commissione bicamerale come si è già fatta due volte; infine, una Assemblea costituente eletta in modo proporzionale. Presentai una proposta di legge in questo senso nel 1993, poi lasciai il Senato. Vedo ora che qualche opinionista e qualche studioso la riprende. Viva le resipiscenza.

A parte le riforme costituzionali, non bisognerebbe riformare anche la legge elettorale, che adesso è oligarchica e non democratica? Candidati e deputati li decidono le segreterie dei partiti. Non dovremmo tornare alle preferenze o almeno alle primarie per decidere i candidati dei collegi uninominali?

Vero. Una riforma costituzionale che riguardi l’Esecutivo richiede anche una diversa legge elettorale. La soluzione si trova, basta un po’ di volontà buona e seria. E non essere stupidi, pensando che una certa riforma elettorale oggi aiuti una parte politica soltanto domani.

Lei è stato senatore per Forza Italia e per il Popolo della Libertà, oggi si presenta nelle liste di Fratelli d’Italia. A cosa è dovuto il cambio di casacca?

Glielo dico in breve. Io mi considero un liberalconservatore. Liberale vuol dire, per me, approvare tutte le libertà economiche e politiche. Conservatore vuol dire apprezzare la nostra tradizione italiana e europea, in particolare quella religiosa che è cristiana. Ecco perché, da liberale, sottopongo le libertà civili al vaglio della compatibilità con questa tradizione. Certe cosiddette “conquiste di libertà” questo vaglio non lo superano. Giorgia Meloni ha abbracciato con serietà e determinazione questa filosofia, cominciando dal gruppo dei conservatori europei che dirige. Apprezzo la sua posizione.

Alcuni vorrebbero il centrodestra più deciso sui temi bioetici e antropologici. Lei cosa ne pensa?

Come le ho detto, non amo certe libertà. Mi sembrano non solo false, ingiustificate in dottrina, ma anche pericolose. Il laicismo imperante distrugge istituti come la famiglia e il matrimonio o valori come la vita. È veleno che ingurgitiamo tutti i giorni e di cui ci si accorge tardi. Somministrazioni anche di piccole dosi giornaliere del signor Fedez e della signora Ferragni ci portano alla morte dell’anima.

Sarà importante opporsi a una legge permissiva in tema di fine vita, alla legalizzazione della cannabis, al cosiddetto “matrimonio egalitario”, alle adozioni da parte di coppie dello stesso sesso? A parte i “no”, in positivo cosa si deve e cosa si può fare su questi temi?

Direi che cosa non si deve fare. Non si deve legiferare troppo, perché ci sono alcune questioni, penso ad esempio al fine vita, che hanno bisogno della discrezione, della pietà, dell’amore, che nessuna legge può fissare. L’idea che lo Stato legiferi su questi temi, o su tutti i temi etici, è tipicamente totalitaria. Lo Stato non è lì per insegnarmi il bene, se mai è lì per tutelare ciò che è bene secondo la mia tradizione soprattutto religiosa.

Un centrodestra che vincesse le elezioni dovrebbe recuperare Draghi in un ruolo di governo o di para-governo, o dovrebbe fare a meno di lui?

Draghi lo si dovrebbe in primo luogo rispettare, in particolare quando dice che un lavoro è in grado di trovarselo da sé. Comunque, Draghi è una figura eminente da cui si può molto apprendere e che può molto aiutare.

Guerra Russia-Ucraina: dobbiamo continuare a stare a guardare, contribuendo solo nei termini stabiliti dalla Nato, o dobbiamo prendere iniziative, anche autonome?

Bella cosa, naturalmente, e apprezzabile sono le “iniziative autonome”, ma se Putin non si ferma con chi possiamo fare un accordo di pace? La Nato non è il Decalogo dettato a Mosè, ma è una carta dell’Occidente e l’Occidente va difeso. Pensare che l’Unione Europea possa fare da sé senza la Nato e senza l’America è un’illusione di tanta sinistra e, lo dico con molto rammarico, di alcuni ambienti cattolici. Peggio, è una resa, un suicidio.

Un centrodestra di governo dovrebbe lavorare per una maggiore integrazione europea in vista della costituzione di un soggetto geopolitico europeo autonomo, oppure dovrebbe segretamente preparare l’Italia alla disintegrazione della Ue, che potrebbe derivare dalla metastatizzazione del conflitto russo-ucraino?

No, siamo parte dell’Europa e fondatori dell’Unione. Dobbiamo piuttosto fare in modo che l’Unione non sia solo di carta, una maschera che copre di belle parole gli interessi dei più forti. Deve essere un soggetto geopolitico occidentale unitario. O ci riesce, e questo deve essere l’impegno del centrodestra, oppure l’Unione si disintegrerà, preda ora dell’Islam, ora di Putin, poi della Cina. Siamo in pericoloso ritardo. Le élites intellettuali europee, pensi ad Habermas, o quelle politiche, pensi alla Merkel, hanno le une giocato all’antiamericanismo, le altre hanno guardato solo al proprio portafoglio. Per favore, dite almeno che avete sbagliato in buona fede. Faremo finta di credervi.

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